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«Aveva un solo padrone: il lettore»

di Aurelio Chizzoniti*

Pubblicato il: 13/06/2019 – 9:11
«Aveva un solo padrone: il lettore»

Ho atteso, sentito, meditato e composto “frigido pacatoque animo”, questo mio modestissimo pensiero che nulla aggiunge, e nulla avrebbe potuto aggiungere, a quanto già raffinatamente argomentato da Aldo Varano, Marcello Furriolo, Filippo Feltri, Enzo Macrì, l’onorevole Antonio Viscomi e i giornalisti Sandro e Guido Ruotolo, unitamente ad Enrico Fierro e altri, in ordine alla forte e determinata nobiltà professionale, scandita da quotidiana fermezza ed estrema sincerità, del prematuramente scomparso Paolo Pollichieni.
Un autentico baluardo mediatico che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere sin da quando era corrispondente della “Gazzetta del Sud” dalla città di Locri. E già da allora inevitabilmente esponeva l’esigenza mediatica nell’ansia informativa, assumendo in prima persona ogni rischio connesso. E di rischi ne ha corsi tanti, attendendo, sempre e comunque, pazientemente, con vibrata certezza e senza livore reattivo, il trionfo finale della Giustizia. Paolo si è sempre ribellato ad una condizione civile di aperta sopraffazione nei confronti delle classi calabresi deboli, ergendosi a convinto baluardo di legalità e libertà, fermamente consapevole della responsabilità della sua prestigiosa ed affascinante missione. Affrontando con grande fierezza delicatissime “trame” professionali e non, ritrovandosi improvvisamente ad essere ed a restare solo. Solo con il peso del suo dovere e il dovere della sua fede di autentico giornalista di altissimo spessore.
Grande, immensa personalità mediatica, sempre sulla notizia che riferiva con forza cosmica, opponendosi, “ultra vires”, a ogni aggressione o condizionamento anche editoriale, teso alla prepotenza negatoria di qualsivoglia ipotesi di documentato dissenso, a fronte dell’innegabile indebolimento politico, forse genetico, di una dilagante emarginazione della regione Calabria.
Calabrese inimitabile, andava fiero ed orgoglioso della sua calabresità, considerando l’impegno professionale come una missione al servizio dei cittadini onesti, delle persone deboli o indifese, servendo l’istituzione mediatica con equilibrio, saggezza, grinta e determinazione, mai aduso al calcolo deteriori, alla vita della menzogna, ed alla bassezza dell’appannamento. Manifestando, sempre e comunque, apertis verbis, il proprio pensiero, percorrendo agevolmente i sentieri che portano al firmamento dei geni dell’informazione.
Per questi ed altri motivi sono rimasto tutt’altro che sorpreso a registrare la commossa e molteplice partecipazione ai funerali celebrati presso la Cattedrale di Locri, ai quali sono intervenuti deputati in carica, ex deputati, consiglieri regionali ed ex consiglieri regionali e comunali, magistrati, sindaci, Forze armate, giornalisti, ecc., provenienti perfino da altre province della regione ed addirittura anche da Roma. Stride, però, la particolarmente chiassosa ed eclatante, nonché clamorosa, assenza di qualche riferimento istituzionale reggino, sempre puntualmente presente in banali cerimonie del taglio nastro, unitamente a quella di un uomo politico di dimensione nazionale, già con esperienze governative di alto livello. Conclusivamente, ricordo a me stesso, che Paolo, giornalisticamente parlando, però è stato quotidianamente affetto ed afflitto da un “imperdonabile difetto”. Egli ha, infatti, ininterrottamente avuto un padrone, liberamente scelto, al quale mai ha rinunciato, sottoponendosi allo stesso con profonda e rispettosa deferenza. Il padrone, comunque, è stato sempre ed esclusivamente, per dirla con Montanelli: il “lettore”.

*avvocato ed ex consigliere regionale

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