LAMEZIA TERME Meglio spegnere gli ardori che alimentarli. Meglio cercare una soluzione condivisa che spaccare un partito in cui la tensione si taglia a fette. Il vicesegretario del Pd Andrea Orlando crede che il rinnovamento sia la strada maestra per i dem e non chiude a Mario Oliverio. Subordina la scelta del prossimo candidato governatore a una discussione sui risultati di cinque anni di giunta (come chiesto dallo stesso Oliverio) e sospende il discorso sul congresso. Il primo passo compiutamente politico è la proposta di affiancare al commissario Stefano Graziano un nucleo che si occupi di dialogare con altre forze politiche e con la società civile. L’idea è quella di “aprire” il partito e approfittare delle défaillance del Movimento Cinquestelle. Recuperare terreno laddove si è perso, magari imboccando la via già seguita con la candidatura dell’ex capo della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti: candidati di area Pd che non facciano parte della nomenclatura pd. Insomma, è un “si vedrà” che invita a una discussione che non lasci macerie e serva a unire più che a dividere. Sfida complicata.
https://www.youtube.com/watch?v=NYkOr3ZEyDw
ORLANDO: «SENZA UNITÀ È FINITA» Un paio di argomenti, però, Orlando non li userebbe. Né quelli che vorrebbero nelle Procure avversari del partito (abbiamo approfondito qui), né «l’argomento della sanità e delle accuse al nostro governo (si riferisce allo scontro sul commissariamento targato Massimo Scura, ndr) anche se all’epoca ero minoranza nel Pd: a mio avviso non ha appeal, e non lo userei nemmeno come argomento elettorale». L’ex ministro “smonta” una connessione logica avanzata da più parti nelle analisi che si sono susseguite a difesa dell’operato della giunta: «Quando abbiamo stabilito che la Calabria è stata governata benissimo, abbiamo la certezza di vincere le elezioni? Io ho fatto parte di un governo che sembrava lanciato e non è andata bene. Il punto è: in questa fase storica i cittadini votano solo per come si governa o per altre variabili che vanno affrontate insieme?». Poi sottolinea che non è arrivato in Calabria per dare necessariamente ragione alla sua «componente»: «Io sono stato una componente ma non devo sempre assecondare chi ne fa parte se questo fa andare a sbattere». E utilizza l’esempio delle Europee: «Io sono venuto in Calabria per chiedere un sostegno al capolista alle Europee, ma il capolista era stato proposto da Martina, il principale competitor dell’attuale segretario: questo perché la logica di quella candidatura era, nel contesto di un partito frammentato, quella di un capolista capace di parlare all’esterno dando un’idea di unità. Il buon senso avrebbe consigliato di sostenere il capolista (qui il riferimento è alla scelta di Oliverio di non supportare Franco Roberti, sulla qualche anche il governatore farà un passaggio, ndr) ma se non è stato così amici come prima, non mi sembra il vero punto politico».
Il punto, per Orlando, è «costruire una coalizione competitiva, che sia in grado di vincere. Qual è il profilo di questa coalizione a livello nazionale? Dobbiamo provare a prendere i moderati che non vogliono farsi fagocitare da Salvini e intercettare i delusi del Movimento 5 Stelle. Sono elettorati diversi». Il tema del rinnovamento, invece, va posto «a prescindere da tema delle candidature regionali: se i 5 Stelle hanno preso il 40% è perché è stato punito un notabilato. C’è una sommatoria di malessere sociale e di contestazione a un establishment, anche regionale. Ci dobbiamo interrogare tutti perché siamo percepiti in questo modo: dobbiamo dire con franchezza che alcuni sistemi di costruzione del consenso hanno funzionato ma poi sono entrati in crisi». Non è un modo per «buttare via l’establishment», ma Orlando non vuole «nemmeno restarne prigioniero. Questa è la difficoltà di oggi e lo sforzo che dobbiamo fare. L’unità da raggiungere è funzionale a questo obiettivo. A mio avviso è vincente l’equilibrio tra rinnovamento e proposta politica».
E qui segnala che «alle Europee i risultati più significativi in termini di preferenze sono andati a personalità sostenute dal Pd ma non del Pd, questo significa che l’elemento del rinnovamento e della capacità di parlare alla società è decisivo oggi, vale nel Sud per Franco Roberti». Questa apertura, per il vicesegretario si produce con la discussione. Sul tipo di discussione il dibattito è aperto: «Se sono certo che congresso e primarie sono la via e non siano solo un’ordalia che lascia solo cocci facciamoli domani. È una domanda che richiede una risposta meditata». Specie in una regione commissariata come la Calabria: «Se si arriva al commissariamento è perché evidentemente si è giunti a un livello di scontro che non lascia nulla. Prima ritengo che si debba fare un percorso di avvicinamento con una rete di relazioni, senza messaggi a mezzo stampa. Credo che il commissariamento si superi non con una procedura ma con una politica, iniziando da un gruppo dirigente ristretto rappresentativo delle varie aree. O c’è la politica, la condivisione di un progetto e del senso di comunità o ogni altra strada diventa esplosiva». Prima il dialogo, per costruire la certezza che il congresso non faccia esplodere il partito in Calabria, poi la “conta”.
Ma con un punto fermo: «C’è l’esigenza di una nuova generazione che prenda in mano il partito, anche a livello nazionale, perché finora il partito è stato soffocato dal livello istituzionale, dagli eletti, cosa che ha impedito al partito di svolgere la funzione evidenziata anche da Oliverio, creando un partito incapace di dirigere i processi politici». Il primo passo di questa road map – è la proposta di Orlando – è quello di «affiancare al commissario un nucleo che parli con le altre forze politiche e con le forze sociali».
«Poi do ragione a Oliverio – continua –: individuiamo una sede in cui discutere sull’esperienza di governo regionale e una sede in cui sciogliere i nodi politici, ma diamoci un ordine senza che uno urli più forte dell’altro. Solo se si depongono le armi e si mettono sul tavolo dati oggettivi, forse alla fine si può assumere una decisione». L’ex ministro non si fa «illusioni, ma questo tentativo dobbiamo farlo. Se non c’è unità del Pd non c’è unità del centrosinistra e sarebbe finita. L’unità non si realizza con gli appelli ma con un processo politico. Qui nessuno è venuto a emettere sentenze, ma a rimettere le cose su un binario. Se condividiamo questo, è già un primo passo». L’invito è (anche) a chi chiede la fine del commissariamento. È uno dei temi, ma è importante «non concentrarci solo sul nostro interno, ma rimettere fuori la testa, farci vedere in giro non solo a ridosso delle elezioni, altrimenti prendiamo ancora altre botte». Infine l’appello «ad assumere toni diversi, perché non si può non considerare il lavoro positivo svolto, è un dato politico da cui partire, ma non si possono negare i nodi politici che abbiamo di fronte. Ognuno di noi deve poter cogliere le cose positive degli altri. In gioco non c’è semplicemente il destino di questo o quell’altro, ma la tenuta del quadro democratico. Se perdiamo regioni come Emilia, Umbria e Calabria azzeriamo quel po’ di fiato preso con le Europee, e se il governo vince in queste regioni la strada è spianata: in queste regioni sono una grande sfida nazionale. Fate una discussione qui ma fatela in modo civile e sforzando di confrontarsi con gli altri, altrimenti è finita».
OLIVERIO: «NON RECLAMO UN POSTO, MA VOGLIO UNA DISCUSSIONE VERA» Al Pd non serve «alimentare una rissa». E l’intervento di Andrea Orlando, secondo il governatore Oliverio, ha proprio il pregio di aver «sgomberato il campo da questo pericolo, che abbiamo visto affiorare stasera». Il presidente della giunta regionale vuole che si eviti di «rappresentare una divisione su Oliverio per precostituire il superamento di Oliverio, dobbiamo fare una discussione vera e non tattica, altrimenti andiamo al disastro».
E sottolinea che si può fare «finalmente una discussione», perché «il presidente della regione ha un luogo per esprimere la sua posizione nel suo partito, del quale ho contributo a gettare le fondamenta con la storia da cui provengo». Oliverio dice no alle «caricature» e spiega che «rispondendo a un giornalista in una delle mie iniziative alla regione, ho detto che nell’ultima campagna elettorale (quella per le Europee, ndr), in assenza di un’organizzazione ho cercato di supplire per la mia parte organizzando sul territorio diverse iniziative con i sindaci del Pd». Questo per segnalare che, almeno da parte sua, non c’è una presa di distanza nei confronti del partito. Anche rispetto ai candidati da votare: «Con Andrea ci siamo sentiti. Non mi ha chiesto nessuno, né Zingaretti, né Orlando, di votare il capolista alle Europee: perché avrei dovuto votarlo? Rispettosamente non mi sono fatto avanti e so cosa significa fare delle scelte». Questa rappresentazione viene addebitata a «un gruppetto di persone che tendono ad alimentare rancori e risentimenti. Avrei preferito, e lo dico sinceramente, che ci fosse una sede per discutere e confrontarsi sull’esperienza di governo di una terra difficile, purtroppo questa sede non c’è stata, l’ultima forse c’è stata due anni fa». Nessuno più di Oliverio avrebbe avuto «interesse a fare questa discussione. Sono stato alla ricerca di luoghi di confronto con i sindaci e i circoli, che ho chiamato sempre, a differenza di altri che all’indomani di varie elezioni, hanno annunciato subito partiti personali: io non ho mai pensato di organizzare truppe di carattere personale, perché ho una storia politica che rivendico con orgoglio, la storia di un’appartenenza a soggetti politici. Mi sarei aspettato stasera una discussione di merito sull’azione di governo regionale, e ora chiedo che su questo si faccia una discussione nel Pd». E questo «a prescindere dal fatto che sarà candidato o non candidato Oliverio: un Pd che ha responsabilità e funzione di governo cosa dice all’elettorato?».
Il governatore chiede anche attenzione «a come si affrontano le questioni». Il riferimento è al discorso di Carlo Guccione: «Guccione ha detto: “Non c’è il numero legale” in consiglio regionale, ma lui è uno dei protagonisti della mancanza del numero legale, tranne – per capirci – quando si approva il bilancio che avrebbe determinato soluzioni definitive», cioè il termine della legislatura.
Oliverio torna all’inizio della legislatura e alla scelta di fare «una giunta tecnica per sgomberare il campo e dare un segnale, anche se la conseguenza è stata una maggiore responsabilità sulle mie spalle».
Poi parte da una considerazione generale sulla prevalenza di populismi e sovranismi e segnala «segni di inversione di tendenza» anche se c’è «ancora un lungo lavoro da fare e bisogna partire nei e dai territori, altrimenti i segni di inversione non possono consolidarsi». Nel dire che bisogna ripartire dai territori, il governatore rivendica il suo attivismo «nel tentativo di costruire una coalizione con forze civiche». Lo considera un fatto «positivo. Credo che anche qui un lavoro di supplenza e di aggregazione fa l’interesse di un campo, perché nella mia regione non rinuncio per le beghe e per il fuoco amico a una battaglia e a una prospettiva più generale». È un lavoro, quello di «allargare al civismo democratico», che Oliverio considera «una via senza alternativa, con la destrutturazione dei vecchi gruppi politici. Questo ovviamente dev’essere inserito in un progetto di rilancio della questione meridionale, perché qui ancora vedo un’insufficienza, soprattutto perché c’è una cultura, forse alimentata dal vento leghista, che spinge in altra direzione: ma non spingere per il Sud sarebbe suicida, perché nel Sud la crisi dei 5Stelle può farci rivolgere ad altre forze».
«Non sono qui per reclamare un posto – continua –, non sono interessato; sono interessato a una discussione vera e franca, a una discussione tra forze che non divizzano il tatticismo per la lotta politica interna, perché stasera anche questo ho sentito. Vengo da una scuola che non ha mai anteposto gli interessi personali ai generali, da una scuola che non ha mai contrattato posizioni in funzione di scambi. Non chiedo nulla come non ho chiesto nulla quando ho avuto una vicenda personale che mi ha interessato, anche se in questa vicenda, quella giudiziaria, ci sono stati già organi della giustizia che si sono pronunciati sgomberando il campo». Il passaggio sulle proprie vicende giudiziarie serve a segnalare una strumentalizzazione «su media nazionali». Ma il presidente della giunta regionale dà atto «al gruppo dirigente nazionale di avere avuto grande responsabilità e cautela. Mi rimetto alla giustizia – dice –: ho aspettato tre mesi la Cassazione, che si è pronunciata chiaramente parlando di chiaro pregiudizio accusatorio. Ribadisco, non chiedo nulla, ma rivendico il lavoro fatto con grande trasparenza e non senza tentativi di agguati, che sono stati sempre dietro l’angolo, trovando anche settori del Pd a civettare e fare da sponda, settori del Pd contro».
La chiosa dell’intervento arrivato (quasi) al termine di una lunghissima giornata è per le prospettive: «Ci sono le premesse per un lavoro serio, io manifesto la piena disponibilità. Naturalmente si deve partire da una valutazione politica dell’esperienza di governo. Auspico – dice Oliverio – che il Pd sia messo nella condizione di aprire questa riflessione, per questo vedo il congresso non come una conta ma come un momento di apertura, di opportunità per ritessere le fila con la società e per dare modo alle diverse anime del partito di confrontarsi per trovare una sintesi in un luogo aperto e non al chiuso tra dieci persone. Se lo spirito è questo il congresso sarà un fatto virtuoso e non negativo». (antcant – ppp)
x
x