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L’amarezza di Lombardo: «Reggio Calabria mi ha molto deluso»

Le considerazioni del procuratore aggiunto della Dda al Premio Losardo. «Non si può contrastare la mafia a intermittenza. Negli incontri con la società civile sempre le stesse domande. Significa ch…

Pubblicato il: 16/06/2019 – 12:29
L’amarezza di Lombardo: «Reggio Calabria mi ha molto deluso»

CETRARO «Reggio Calabria mi ha molto deluso». Il procuratore aggiunto della Dda reggina Giuseppe Lombardo non partecipa spesso a eventi pubblici. È uno dei magistrati più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta e alle sue (e non soltanto sue) trame eversive. Le sue parole, pronunciate in occasione del 17° Premio “Giovanni Losardo”, a Cetraro, pesano come macigni. Perché segnano la presa di distanza del procuratore rispetto a un atteggiamento ondivago del tessuto sociale della città. Atteggiamento che un magistrato non può tollerare: «Il contrasto alla ’ndrangheta non si può fare a intermittenza, sulla base di una emotività che a noi non può appartenere. Noi dobbiamo essere un riferimento serio per tutti i cittadini. Ai quali dobbiamo offrire ascolto e soluzioni possibili». L’intervento di Lombardo, che ieri ha ricevuto il riconoscimento assieme a operatori del sociale, docenti, magistrati e giornalisti (ne riferiamo qui) arriva dopo l’invito accorato del sindaco del Comune del Tirreno cosentino, Giuseppe Aita, a non abbassare la guardia davanti a comportamenti che contribuiscono ad alimentare l’humus della criminalità. Il procuratore aggiunto, che si dice un figlio adottivo dell’Alto Tirreno («mio suocero è di Cetraro») continua: «Se Cetraro ha problemi, Reggio Calabria vive una realtà che stenti a definire». Da anni, la Dda porta avanti «un lavoro secondo un metodo per cui il precedente è presupposto del successivo, perché in un contesto in cui la ’ndrangheta opera stabilmente serve un approccio complessivo, di sistema». E spiega che «è sbagliato parlare di mafie; più corretto è fare riferimento a un’espressione come sistema mafioso. Non bisogna ridurre concettualmente quello che è mafia a qualcosa che non viene percepito nella sua complessiva gravità».
Poi torna alla sua amara considerazione iniziale: «Il tessuto sociale (di Reggio, ndr) mi ha deluso. Ogni anni partecipavo a incontri e tutte le volte mi si ponevano le stesse domande. Questo perché l’anno precedente le risposte non erano state ascoltate». Colpa, evidentemente, di una sottovalutazione complessiva, di scarsa attenzione: «Ma non possiamo fare finta che il problema sia meno preoccupante di quello che è». Succede dappertutto, anche in Germania. «Dopo un articolo pubblicato da Bild (sul lavoro della distrettuale reggina e di Lombardo in particolare, ndr), il Parlamento tedesco ha ammesso che in Germania operano stabilmente tra venti e trenta cosche, prima non lo aveva mai fatto, nonostante la strage di Duisburg».
«Qui a Cetraro – continua – sento una tensione emotiva che mi fa ben sperare, non è ovunque così. Noi magistrati ci siamo sentiti dire da un mafioso: “Avevo dato ordine di sparare con un bazooka al Palazzo di giustizia”. E di questo cosa è rimasto? Non abbastanza» nelle coscienze della cosiddetta società civile. La reazione non può che essere una: fare il proprio lavoro. «Preferiamo parlare con i risultati, che sono tantissimi». E porre una domanda ai cittadini: «Ci volete seguire? Va bene, altrimenti andiamo avanti lo stesso».

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