di Alessia Canidito
REGGIO CALABRIA Tra cahier de doléances e passerella istituzionale, fra appelli all’unità di intenti e inviti ad abbandonare ipocrisie del passato, Reggio Calabria scopre – assai in ritardo – di avere un problema (molto serio) con i conti della sanità. Alla triade commissariale che gestisce l’Asp dopo lo scioglimento per mafia è bastata una veloce ricognizione dei conti per affermare che la voragine finanziaria è così profonda da non essere ripianabile. Per l’Azienda sanitaria provinciale – hanno sostenuto con tanto di delibera – l’unica soluzione è la dichiarazione di fallimento.
Ma se il default politico che ha portato al naufragio dell’Asp rischia di non aver effetto alcuno sulla classe dirigente che lo ha provocato, quello finanziario rischia di cancellare centinaia di posti di lavoro e spogliare il territorio anche dei servizi più basilari. Una potenziale bomba sociale che la classe dirigente cittadina ha deciso di gestire alla luce del sole, fuori dai palazzi istituzionali, con un consiglio comunale e metropolitano in piazza.
C’erano consiglieri, assessori. C’erano i sindaci della Locride e della Piana. C’erano i rappresentanti delle organizzazioni di categoria, i sindacati, le associazioni. Assenti (forse giustificati, forse no) governatore e consiglieri regionali, impegnati in una tumultuosa riunione di consiglio. Non pervenuti i parlamentari del territorio, inclusi quelli che della sanità calabrese hanno fatto una “bandiera”, finendo per commissariare quanto già commissariato in passato, ma a prezzo maggiore.
Ma a latitare sono stati soprattutto i cittadini, forse rassegnati all’idea di una sanità che non può cambiare. Mentre in piazza si discuteva, in modo più o meno arrabbiato, Reggio ha continuato a passeggiare – indolente – sul vicino Corso Garibaldi, senza prestare nulla di più di un’occhiata distratta all’assemblea in corso. E che è durata ore.
Dagli innumerevoli interventi, è uno il dato che emerge in modo prepotente: senza investimenti in mezzi, uomini e personale, il diritto costituzionale alla salute nel reggino continuerà ad essere mutilato. E con la voragine dell’Asp da risanare, ancor di più.
Per questo, alla fine si concorda su una mozione comune che incarica Falcomatà dell’assai complicato compito di convincere il governo ad azzerare il debito della Regione Calabria nel campo della sanità.
Certo, si mette nero su bianco, i responsabili devono essere individuati e dovranno pagare, ma affossare la sanità calabrese non è una soluzione. Per questo al governo si vuole chiedere anche di finanziare «gli investimenti in attrezzature e personale per tutte le strutture sanitarie calabresi, garantendo controlli più stringenti per quanto riguarda l’utilizzazione delle risorse a livello periferico per evitare che si produca altro debito». (a.candito@corrierecal.it)
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