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La fuga annunciata di Morabito e le minacce «con garbo» alla testimone

Secondo “Vtv Noticias” un’informativa dei servizi segreti aveva ipotizzato l’evasione. Il racconto di una 80enne che si è trovata in casa i criminali

Pubblicato il: 25/06/2019 – 19:30
La fuga annunciata di Morabito e le minacce «con garbo» alla testimone

di Alessia Candito
MONTEVIDEO
A poco più di 24 ore dalla fuga di Rocco Morabito, il narcobroker della ‘ndrangheta evaso lunedì dal carcere di Montevideo, fra Italia ed Uruguay si aprono fascicoli e scoppiano le polemiche. L’evasione del broker della droga è deflagrata come una bomba all’interno del già effervescente scenario politico uruguayo. Il governo ha fatto la voce grossa con l’Istituto nazionale di Riabilitazione, responsabile dell’infermeria del carcere, chiamato a rispondere della sparizione di Morabito e degli altri 3 evasi, i brasiliani Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, e Matías Sebastián Acosta González, e Bruno Ezequiel Díaz, che in Argentina è stato condannato per omicidio. «Ci saranno novità nelle prossime ore, stiamo raccogliendo informazioni su quanto successo e arriveremo ad identificare i responsabili», fanno sapere fonti del ministro dell’Interno. Ufficialmente invece, i vertici dell’Inr si trincerano dietro il più assoluto silenzio.
L’ALLARME INASCOLTATO DELLA PENITENZIARIA A infiammare il dibattito però c’è anche l’indiscrezione fatta filtrare su Vtv, uno dei canali televisivi più seguiti del Paese, secondo cui l’intelligence penitenziaria aveva già da tempo dato l’allarme su una possibile fuga di Morabito. In un documento firmato dal Dipartimento di investigazioni e analisi penitenziario del 6 giugno 2018 si anticipava un possibile piano di fuga del narcobroker calabrese, che per gli analisti avrebbe potuto tentare l’evasione dal sesto piano della prigione, passando sul tetto di un supermercato, per poi entrare in un appartamento confinante con il recinto del penitenziario. Esattamente quello che è accaduto, quanto meno per Morabito e altri due.
DALLA PORTA O DALLA FINESTRA Insieme ad Acosta Gonzalez e Ezequiel Diaz, il narcobroker ha approfittato di un appartamento vicino per uscire dal carcere e far perdere le proprie tracce. Il brasiliano Leandro Abel Sinopoli Azcoaga invece, arrivato sul tetto insieme agli altri, ha scelto una via alternativa. Senza che nessuno se ne accorgesse, è uscito tranquillamente da una delle porte laterali della Questura di Montevideo, che sorge accanto al carcere.
FASCICOLI IN DUE CONTINENTI Tutti elementi che probabilmente finiranno nei due fascicoli aperti dalle autorità giudiziarie uruguaye dopo l’evasione. Il primo mira ad individuare gli eventuali responsabili (o magari complici) della fuga del narcobroker tanto caro alle ‘ndrine calabresi. Il secondo invece vede iscritti proprio Morabito e i suoi complici, accusati di effrazione e furto. Per scappare, i quattro, in piena notte, sono piombati nell’appartamento della signora Elida Ituarte, 80enne proprietaria dell’appartamento vicino al carcere che i tre hanno usato per fuggire.
MINACCIATA «MA CON GARBO» «Attorno alle 11.30 di sera ho sentito dei rumori dal corridoio e mi sono svegliata – ha raccontato l’anziana alla stampa locale – ero in camera da letto e sono andata a vedere cosa stesse succedendo. Ho trovato quattro uomini ed ero così sconvolta che l’unica cosa che mi è saltata in mente di chiedere è da dove fossero entrati». A risponderle è stato Morabito. «Mi ha assicurato che non mi avrebbero fatto del male e mi ha chiesto le chiavi di casa, per poter uscire dalla porta», ha detto l’anziana, in quel frangente – ha spiegato – forse più perplessa che spaventata. «Mi hanno minacciato, ma sono stati molto educati», ha detto ai media, raccontando come prima di andar via il narcobroker abbia ben pensato di ripulirle il portafoglio. «Aveva un accento strano, italiano o francese. Poverino, mi ha detto che doveva andare via in fretta perché sua figlia è molto malata», ha raccontato la donna al piantone del carcere, da cui si è precipitata appena i tre sono andati via.
INDAGINI ANCHE IN CALABRIA Nel frattempo, anche in Calabria si indaga sulla fuga di Morabito, narcobroker per sangue legato alla potente omonima cosca di Africo e re della cocaina a Milano. I carabinieri di Reggio Calabria sono stati formalmente informati dell’evasione del boss, mentre alla procura distrettuale antimafia è stato aperto un fascicolo. Le indagini sono già partite ma il timore – secondo fonti investigative – è che Morabito abbia già lasciato, o si accinga a farlo, l’Uruguay per raggiungere il vicino Brasile o altri Paesi dell’area. Far perdere le proprie tracce, non gli è mai risultato difficile. Per 23 anni è stato un’ombra inafferrabile e solo un piccolo errore – aver iscritto la figli a scuola con il suo vero nome – ha permesso agli investigatori di individuarlo con certezza. Ma il narcobroker sa come nascondersi. Quando è stato arrestato, addosso gli hanno trovato documenti falsi di perfetta fattura ed altri sono stati sequestrati nella sua lussuosissima villa. Soldi ne ha sempre avuti e anche una rete di contatti ramificata e costruita nel tempo che – sospettano gli investigatori – potrebbe aver già attivato.
DE RAHO: «I RITARDI GLI HANNO CONSENTITO DI FUGGIRE» «Morabito ci doveva essere consegnato già da marzo. L’autorità giudiziaria aveva deciso l’estradizione ma i ritardi gli hanno evidentemente consentito la fuga. È un fatto gravissimo che si consenta a criminali del livello di Morabito di trovare ancora una volta la libertà». Sono le parole del procuratore nazionale Antimafia, Federico Cafiero De Raho, in relazione alla fuga del boss Rocco Morabito dalla prigione in Uruguay. De Raho ha sottolineato che la fuga di Morabito «fa credere che qualunque forma di illegalità può essere sempre attuata avendo tanti soldi. Questo – ha aggiunto – è il peggior messaggio che possa essere diffuso soprattutto in Paesi in cui si tenta di rinnovare anche il modello costituzionale, giurisdizionale e politico». Dal procuratore nazionale Antimafia è stato espresso l’auspicio «che riescano a raggiungere il risultato di catturarlo anche per restituire credibilità a quelle istituzioni». (a.candito@corrierecal.it)

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