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Sanità, nei numeri tutti i segni di una “Caporetto”

Un altro report negativo della Corte dei Conti nazionale. Giù i livelli essenziali di assistenza. Dal 2012 al 2017 la mobilità passiva della Calabria ha superato l’1,5 miliardi di euro, mentre dal …

Pubblicato il: 26/06/2019 – 7:47
Sanità, nei numeri tutti i segni di una “Caporetto”

di Antonio Cantisani
CATANZARO Peggio (forse) è messo solo il Molise, ma è comunque una magrissima consolazione. Per la sanità della Calabria i segni sono sempre ostinatamente meno e i giudizi sempre ineluttabilmente negativi. A certificarli ancora una volta è la Corte dei Conti nel referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei servizi sanitari regionali.
L’ESCALATION DELLA MOBILITÀ PASSIVA In verità, il referto riguarda l’esercizio 2017, ma nel complesso espone dati che saranno confermati anche da successivi report della magistratura contabile. Dati ovviamente allarmanti per la Calabria. A partire dal tema della mobilità sanitaria, rispetto alla quale per la Corte dei Conti si conferma «la forte capacità attrattiva delle Regioni del Nord a cui corrisponde quella estremamente limitata, o quasi inesistente, delle Regioni del Centro-Sud». Per quanto riguarda la Calabria sono i “soldoni” a descrivere la gravità della situazione, con una mobilità passiva che – emerge da una tabella allegata al referto della magistratura contabile, che cita una delibera Cipe sul Fondo sanitario nazionale – nel 2012 costava 250 milioni, saliti a oltre 274 milioni nel 2018, “schizzati” a oltre 293 milioni nel 2017, con un totale dal 2012 al 2017 di 1,577 miliardi “regalati” alle altre regioni d’Italia. E inoltre – si legge – «Il saldo pro capite di mobilità sanitaria evidenzia un ordinamento differente, documentando che – al di là del valore economico – emergono due dati estremi: il podio del Molise e l’ultima posizione della Calabria, dove ciascun cittadino residente ha un saldo pro capite negativo pari a 150 euro». Numeri, quelli certificati dalla Corte, che la Calabria spera di ridimensionare attraverso un’opera di controllo avviata nei mesi scorsi (ve lo abbiamo raccontato qui).
GIÙ I LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA Secondo il referto della Corte dei Conti, inoltre, «le due uniche Regioni a statuto ordinario che nel 2017, come anche nel 2016, presentano un punteggio complessivo dell’adempimento relativo alla griglia dei livelli essenziali di assistenza (Lea) al di sotto della soglia di adempienza, sono la Campania e la Calabria, ma mentre la prima migliora comunque il risultato rispetto agli anni precedenti (da 106 nel 2015 a 153 nel 2017) la seconda lo peggiora (da 147 nel 2015 a 136 nel 2017)». In queste due Regioni – spiegano ancora i giudici contabili – «le criticità hanno riguardato, per il livello assistenziale relativo alla prevenzione, il basso tasso di partecipazione della popolazione a test di screening di primo livello (Campania e Calabria) e di vaccinazioni antinfluenzali tra gli anziani (Campania), per l’assistenza distrettuale, invece, l’insufficienza delle strutture dedicate all’assistenza residenziale ai disabili (Regione Campania), agli anziani (Campania e Calabria) e ai malati terminali (Campania), e infine, per l’assistenza ospedaliera, l’eccesso di parti cesarei sul totale parti».
«SITUAZIONE DELICATA IN CALABRIA» Nei focus specifico che il referto della Corte dei Conti dedica alle regioni in piano di rientro si osserva che «subito dopo quella del Molise, la situazione più delicata è rinvenibile in Calabria, in cui il disavanzo pro capite nel 2017 è pari a -51,67 euro. Il risultato di esercizio della Calabria, infatti, nel 2017 (-101,53 milioni) è peggiorato sia rispetto al 2016 (in cui era -99,45 milioni) sia rispetto al 2013 (-30,63 milioni): in termini percentuali nel quinquennio 2013-2017 il risultato della Regione Calabria è peggiorato del 231,47%». E poi «il consolidato sanitario della Calabria che evidenzia un risultato d’esercizio sempre negativo nel corso del quinquennio, fino ad arrivare ai -2,93 milioni di euro del 2017 (con una variazione negativa del 103% rispetto al 2013, pari a -78,551 milioni di euro)».
LE “ZONE D’OMBRA” NEI PAGAMENTI E il “cahier de doleance” non è finito, arricchendosi di altri elementi negativi con riferimento al tema dei pagamenti in sanità. «Nel periodo 1 gennaio 2018-31 marzo 2018, – scrive la Corte dei Conti – è possibile evincere che nel primo trimestre 2018 sono state liquidate fatture per 425 milioni di euro, di cui il 10% relativo a fatture emesse nel medesimo anno 2018, il 75% relativo a fatture emesse nell’anno solare 2017 e il 16% relativo a fatture emesse nell’anno solare 2016 e precedenti». Questa distribuzione – rileva la magistratura contabile – «conferma la presenza di pagamenti molto lenti. Il 36% dei pagamenti effettuati è stato non rispettoso del Dpcm 22 settembre 2014, per i quali rilevano alte percentuali di quasi tutte le aziende; la percentuale minore è il 4% relativo all’Asp di Reggio Calabria, che potrebbe essere indice del mancato pagamento delle fatture pregresse, le altre aziende sono ricomprese in un range tra il 7% dell’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria e il 96% dell’Azienda ospedaliera Mater Domini di Catanzaro e dell’Azienda ospedaliera di Catanzaro. Per quanto concerne l’indicatore di tempestività dei pagamenti, sia nel primo che nel secondo trimestre 2018 – così come per i precedenti anni (2014-2017) – tutte le aziende evidenziano tempi di pagamento non rispettosi della direttiva europea sui tempi di pagamento. Nel secondo trimestre 2018 – chiude la Corte dei Conti – vi sono ritardi compresi tra i 33 giorni della gestione accentrata e i 950 giorni dell’Ao Mater Domini». (redazione@corrierecal.it)

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