di Sergio Pelaia
CATANZARO Un’operazione di «distrazione di fondi pubblici» caratterizzata da «particolare spregiudicatezza», che ha portato la sezione giurisdizionale calabrese della Corte dei conti a confermare il sequestro conservativo “ante causam” di beni per 1,5 milioni di euro nei confronti dell’ex dg di Calabria Verde Paolo Furgiuele, del responsabile dell’ufficio legale Giuseppe Campanaro e dell’ex commissario liquidatore di Afor Federico Postorino. La vicenda, già emersa nello scorso dicembre nell’ambito della parallela indagine penale (“Little John”), si incastra nel passaggio di competenze a Calabria Verde e riguarda i soldi dei Tfr dei lavoratori dell’ex Afor che sarebbero stati “investiti” e affidati, con un’operazione «irrazionale e anomala» eseguita quando l’ente era già in liquidazione, alla società Cooperfin, un partner finanziario «dalla dubbia solidità».
L’ILLECITO ERARIALE Sebbene alcuni dei sequestri preventivi siano stati cassati in sede penale (qui la notizia del dissequestro dei beni dell’ad di Cooperfin Ortensio Marano), la Corte dei conti evidenzia la «scarsa chiarezza della modalità con cui è stata gestita la vicenda» sottolineando che «l’illecito erariale non deriva tanto dalla violazione della normativa in materia di appalti, quanto dall’aver effettuato un investimento di somme soggette di per sé a particolari cautele, scegliendo come partner finanziario una società dalla dubbia solvibilità, disponibile a versare interessi difficilmente realizzabili e garantita da un fideiussore tutt’altro che affidabile». La Cooperfin, infatti, subito dopo essere entrata in possesso del milione e mezzo del Tfr dei lavoratori Afor «si è rivelata del tutto inadempiente non avendo mai corrisposto alcun interesse attivo».
Per Postorino il pm penale ha revocato il sequestro preventivo ritenendo che fosse stato tratto in inganno da Campanaro e da Furgiuele – tra i due secondo gli inquirenti ci sono «rapporti che possono dirsi consolidati al di là del mero rapporto professionale» – ma secondo la magistratura contabile per l’ex commissario liquidatore è comunque ipotizzabile la responsabilità erariale per colpa grave. «Irrilevante» poi, per la Corte dei conti, è «la sopravvenuta declaratoria di inefficacia» del sequestro preventivo nei confronti di Campanaro perché «basata sul mancato rispetto di norme di natura processuale penale». È stato lo stesso Postorino a rendere al pm dichiarazioni che accusano Campanaro: a suo dire sarebbe stato il responsabile dell’Ufficio legale a proporgli l’investimento e la sua unica colpa sarebbe stata quella di aver firmato la delibera fidandosi di lui.
La responsabilità di Furgiuele, poi, per i magistrati «trova conferma nei rapporti intrattenuti con il legale rappresentante della Cooperfin (Ortensio Marano), nell’esistenza di una pratica di finanziamento personale, già istruita in maniera pressoché completa, nonché nelle dichiarazioni accusatorie di Postorino», il quale ha riferito dice «il pacchetto relativo all’investimento di Afor in Cooperfin (…) faceva capo a Furgiuele».
LE CONTESTAZIONI Postorino, dunque, ha indetto la procedura finalizzata all’individuazione di un partner finanziario «per sottrarre la massa attiva ai creditori e per “costituire una rendita predeterminata e vincolata da destinare al pagamento delle spese correnti per l’assolvimento dei servizi pubblici essenziali di sua pertinenza” pur trovandosi l’ente in liquidazione». Campanaro ha approvato assieme a Postorino la manifestazione di interesse per l’individuazione del partner finanziario e quale presidente della commissione ha proceduto all’aggiudicazione provvisoria in favore della Cooperfin «assistita da una garanzia fideiussoria priva di consistenza». E dopo il subentro di Calabria Verde avrebbe sottoscritto con la società in questione «un anomalo piano di rientro» senza che venisse «rilasciata contestualmente un’adeguata garanzia fideiussoria». Furgiuele ha approvato lo schema di contratto con cui ha autorizzato il trasferimento a Cooperfin di 1,5 milioni di euro, il tutto dopo che la procedura era stata avviata con un avviso di manifestazione di interesse pubblicato senza riferimento al valore del servizio da appaltare, ai criteri qualitativi e alle caratteristiche tecniche, e con una scadenza di soli 15 giorni per la presentazione delle candidature.
Per tutti e tre – secondo il giudice designato Giuseppe Di Pietro, che nei giorni scorsi ha confermato il decreto emesso lo scorso 19 maggio – sussiste il presupposto del “fumus boni iuris” e ricorre il “periculum in mora”. Individuando per Furgiuele e Campanaro anche la connotazione dolosa e il «connesso rischio che possano procedere ad una facile dispersione dei relativi patrimoni personali». (s.pelaia@corrierecal.it)
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