MILANO I finanzieri del Comando provinciale di Lodi, su disposizione della Procura di Milano, stanno eseguendo numerose perquisizioni e un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 11 persone (una in carcere, 5 ai domiciliari e 5 obblighi di dimora) accusate di associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio nell’ambito dell’inchiesta “Fake Onlus” che vede al centro una presunta gestione economica illecita da parte di alcune onlus che si occupano di accoglienza dei migranti, per presunti profitti illeciti per milioni di euro. L’operazione è coordinata dai pm di Milano Ilda Boccassini e Gianluca Prisco e ha visto impegnati oltre 100 finanzieri.
PROFITTI ILLECITI PER 7 MILIONI DI EURO Il presunto profitto illecito incassato da alcune onlus al centro dell’inchiesta ammonterebbe a circa 7 milioni di euro. Quattro le onlus coinvolte che avrebbero utilizzato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici per gestire l’accoglienza di centinaia di migranti. I rappresentanti legali delle onlus avrebbero utilizzato per «scopi personali» oltre 4,5 milioni di euro dei circa 7,5 milioni ottenuti illecitamente. Il consorzio di onlus che opera nella gestione dell’emergenza migranti ha partecipato, tra il 2014 e il 2018, a bandi indetti dalle Prefetture di Lodi, Parma e Pavia.
IL COLLEGAMENTO CON UOMINI DI ‘NDRANGHETA Le onlus, stando a quanto emerge dall’inchiesta, risulterebbero collegate «a noti pluripregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta» e sarebbero state utilizzate per consentire a persone recluse di «accedere ai benefici di legge attraverso l’assunzione presso le predette cooperative». Le onlus sarebbero state «sfruttate per fare ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza».
IL SISTEMA PER VINCERE I BANDI Le misure cautelari sono state eseguite in Lombardia e in Campania e riguardano, spiegano i finanzieri, «la progressiva costituzione di onlus cooperative, collegate tra loro da mirati interscambi di cariche amministrative, appositamente costituite» solo per «partecipare ed aggiudicarsi le gare» indette dalle Prefetture «offrendo, spesso, il prezzo più conveniente a ribasso, producendo a supporto documentazione non veritiera sui servizi offerti ai migranti». L’alternarsi delle cariche rappresentative nelle onlus nasceva «dalla necessità di partecipare ai bandi in modo da evitare che emergessero i precedenti penali di alcuni indagati», che avrebbero rappresentato «una causa ostativa».
IL PM: «SI TRATTA DI ECCEZIONI» Le onlus coinvolte si chiamano “Volontari senza frontiere”, “Milano Solidale”, “Amici di Madre Teresa” e “Area solidale” le onlus, tutte operanti tra Lodi, Pavia e Parma. Prisco ha spiegato che si tratta di «eccezioni», su cui comunque occorre fare valere il «principio di non colpevolezza». «Non bisogna sottovalutare – ha aggiunto – che ci sono altre onlus che invece hanno ben gestito la accoglienza di migranti».
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LA DONNA AL CENTRO DEL SISTEMA Per il gip di Milano Carlo Ottone De Marchi, quello che emerge dall’inchiesta è uno «scenario di malaffare». Nelle oltre 600 pagine di ordinanza cautelare, inoltre, viene a galla la figura di Daniela Giaconi che avrebbe diretto il “sistema” delle quattro onlus, malgrado «numerosissimi» precedenti penali, tra cui tre per “bancarotta”.
LEGAMI ONLUS-PREGIUDICATI DAL 2002 Il legame che esiste tra le onlus al centro dell’indagine e alcuni pregiudicati per ‘ndrangheta sarebbe, inoltre datato nel tempo. «Il soggetto che è stato raggiunto da misura cautelare, ovvero l’indagata principale che è anche la promotrice e organizzatrice dell’associazione per delinquere, nel tempo aveva avuto contatti con pluripregiudicati in occasione dello svolgimento di lavori socialmente utili, intorno al 2002 e al 2003. E di lì i contatti si sono mantenuti». Lo ha
spiegato Vincenzo Andreone, comandante provinciale della Gdf di Lodi questa mattina a margine della conferenza stampa sull’indagine “Fake Onlus”, coordinata dalla Procura di Milano.
«Successivamente – ha aggiunto – abbiamo notato come le onlus indagate siano state utilizzate per permettere ad altri detenuti, segnalati dai pregiudicati, di produrre documentazione atta per farsi rilasciare dal magistrato di sorveglianza misure alternative alla detenzione».
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