di Pietro Bellantoni
DIAMANTE Aveva tutto da perdere, Ernesto Magorno. Fin troppo facile immaginare l’eventuale sarcasmo post-sconfitta: senatore, ex deputato, ex sindaco, ex segretario regionale del Pd e renziano di ferro; eppure, malgrado cariche e pennacchi, comunque sconfitto nella piccola e marginale Diamante. E invece, il parlamentare dem ha vinto dopo essersi messo in gioco in modo quasi azzardato, ha rischiato la beffa ma ora può incassare il premio della sua scommessa.
Per Magorno l’elezione a sindaco della cittadina tirrenica rappresenta un rafforzamento d’immagine mica da poco, anche per il modo in cui è avvenuta. Il senatore ha accettato di scendere in campo dopo la morte del candidato sindaco Ernesto Caselli, avvenuta a una settimana dal voto previsto per il 26 maggio scorso. In poco più di un mese, Magorno è riuscito ad avviare una campagna elettorale efficace e a convincere la maggioranza dei diamantesi, che con il 60% delle preferenze lo hanno riportato alla guida della città.
Per il neo sindaco si tratta indubbiamente di una piccola rivincita, dal momento che i compagni di partito più ostili gli hanno sempre rimproverato di aver sfruttato la vicinanza a Renzi per ottenere seggi blindati (prima alla Camera, poi al Senato) e di essere il principale responsabile delle sconfitte subite negli ultimi anni dal Pd calabrese.
Certo, vincere a Diamante non può compensare i tracolli del partito alle amministrative di Cosenza, di Catanzaro, di Lamezia (dei quali, ovviamente, Magorno non è l’unico responsabile); ma è pur vero che l’affermazione di ieri potrebbe contribuire a riscrivere la storia personale di un leader che in Calabria non è stato mai davvero riconosciuto come tale.
Soprattutto perché il trionfo di Magorno arriva in un momento di profonda difficoltà del Pd regionale, come dimostrano i dati non troppo incoraggianti delle Europee e la virulenta lotta tra correnti che tuttora impedisce l’individuazione di un candidato alla presidenza della Regione, malgrado il governatore Oliverio abbia già ufficializzato la sua volontà di essere ancora della partita.
Magorno oggi può vestire i panni del politico finalmente vincente e, grazie a questo – per certi versi inedito – status, lavorare con più profitto per rafforzare la sua area, le cui decisioni potrebbero essere destinate ad avere un peso sui futuri assetti del Pd, anche in vista delle Regionali.
Il risultato di ieri potrebbe dunque provocare effetti anche al di là del piccolo paese del Tirreno cosentino.
L’ALTERNATIVA Per Oliverio è un grattacapo in più, indubbiamente. Perché Magorno ha già detto chiaro e tondo, e pubblicamente, come la pensa: il partito ha bisogno di un candidato che vada oltre il Pd, di un’alternativa che superi l’attuale presidente della Regione.
Il senatore aveva espresso le sue intenzioni anche nel marzo scorso, in una chat privata di Whatsapp poi finita sui giornali (qui l’articolo). Nel gruppo “Solo per Renzi”, all’indomani dell’esclusione sua e di Luca Lotti dalla Direzione nazionale del Pd, Magorno aveva espressamente deprecato la «restaurazione» di Zingaretti, dichiarato l’intenzione di non sostenere più Oliverio alle prossime Regionali e la volontà di contrastarlo per mezzo di una lista alternativa, “Un’altra strada per la Calabria” (parafrasi dell’ultimo libro di Renzi), peraltro già dotata di simbolo.
Le reazioni virulente degli oliveriani ortodossi non erano mancate, a testimoniare la frattura ormai insanabile tra l’ala renzian/lottiana e quella del governatore. E se in quel momento Oliverio poteva ancora sperare di instaurare solidi rapporti con Zingaretti – che in Calabria aveva fatto il pieno di voti anche grazie alla sua corrente –, oggi i contatti tra la Regione e il Nazareno sono praticamente inesistenti. Per un motivo: Zingaretti e i suoi vorrebbero archiviare l’esperienza del governatore calabrese e virare su una candidatura alternativa. Proprio il progetto messo a punto da Magorno.
LOTTI SI RIAVVICINA Non è detto che l’ipotesi non possa trasformarsi in un fatto concreto. Il piano del sindaco di Diamante, che è ancora il referente principale dell’area renziana in Calabria, potrebbe rafforzarsi grazie agli ultimi sviluppi del Pd nazionale.
La corrente di Lotti e Guerini, “Base riformista”, durante la convention avvenuta pochi giorni fa a Montecatini, ha infatti mandato espliciti messaggi di apertura a Zingaretti, “invitato” a non ridurre il Pd in una ridotta per favorire invece il consolidamento di un partito di centrosinistra, in cui i moderati possano trovare considerazione e il loro giusto spazio (anche in vista del voto anticipato).
È il segno di un nuovo dialogo che, in definitiva, potrebbe anche scongiurare la scissione dei renziani. Ovvio che Zingaretti, dal canto suo, non abbia alcun interesse a rompere, anche perché l’area Renzi/Lotti oggi controlla più di una cinquantina di parlamentari.
È dunque evidente che l’assenza di rapporti tra Oliverio e la segreteria nazionale, unita al ritrovato dialogo tra Zingaretti e i lottiani, giochino a favore del redivivo Magorno. Che finalmente ha vinto e vorrebbe vincere ancora. (p.bellantoni@corrierecal.it)
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