di Alessia Candito
PALMI Di Elena Ghimpu ne esistevano a centinaia. Ma solo sulla carta. Inventando di sana pianta le identità, le vite e i contratti professionali di centinaia di lavoratori per lo più stranieri, 11 italianissimi truffatori, oggi finiti tutti in manette, hanno sottratto all’Inps oltre 750mila euro di indebite indennità di malattia, infortunio, maternità, disoccupazione, incassate da loro o dai loro familiari.
FALSI SINDACATI PER FALSE INDENNITÀ Lo strumento? Falsi sindacati, legalmente rappresentati da persone ignare o inesistenti, cui erano associati altrettanto inesistenti dipendenti, che tuttavia si ammalavano, facevano figli, avevano infortuni o venivano licenziati. E l’Inps – ignara – pagava. Per questo motivo, 11 persone di Gioia Tauro, Palmi, Reggio Calabria e Roma sono state arrestate dalla Guardia di Finanza di Gioia Tauro, guidata da Giampiero Carrieri, con l’ausilio dei colleghi di Reggio e del nucleo Pef di Roma, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie di truffe aggravate ai danni dell’Inps, truffe consumate e tentate, falsità materiali anche mediante induzione in errore di funzionari dell’Agenzia delle Entrate ed altro.
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IL SISTEMA È tutta o quasi gente del mestiere, consulenti del lavoro e sedicenti commercialisti. E molti erano stati già lambiti o coinvolti in indagini similari mai sfociate in misure cautelari, ma “solo” in multe e sequestri. Questa volta però, gli investigatori, coordinati dai pm Ignazio Vallario e Daniele Scarpino della procura di Palmi diretta da Ottavio Sferlazza, hanno portato alla luce un vero e proprio sistema, che dalla Calabria a Roma è riuscito a drenare centinaia di migliaia di euro dalle casse dell’Inps. Al vertice, c’erano quattro consulenti del lavoro: Giuseppe Carbone, Francesco Lovecchio, Claudio Castaldo e Salvatore Calabria. Ad aiutarli una serie di collaboratori fissi: Alessandro Taverna, Bruno Arena, Pasquale Saccà, Vincenzo Parisi, Liliana Zappone, Gaetano Bellamace e Demetrio Scuderi, anche loro finiti in carcere. Ma attorno all’associazione c’era una rete di oltre 150 persone che hanno materialmente ricevuto quelle indennità e adesso sono state iscritte nel registro degli indagati per truffa aggravata e colpiti da sequestro.
L’INDAGINE A far partire l’indagine è stato l’occhio lungo degli ispettori dell’Inps di Cosenza, che hanno rilevato una serie di “indici di anomalia” e hanno fatto partire una specifica attività di controllo, da cui è emerso che quei sindacati esistevano solo sulla carta, al pari dei lavoratori che rappresentavano. Da lì, la palla è passata alla Finanza, che dopo aver analizzato migliaia di documenti ha svelato come quei sindacati non fossero che sigle su carta, con sedi fittizie e apparenti e/o ignari legali rappresentanti, ma comunque necessari per denunciare fittizi rapporti di lavoro per soggetti inesistenti, per i quali venivano chieste in seguito indennità e prestazioni previdenziali.
LA FABBRICA DEL FALSO Il copione della truffa era quasi sempre il medesimo: beffando l’Agenzia delle Entrate, mediante la creazione e l’utilizzo di documenti d’identità falsi venivano richiesti ed ottenuti codici fiscali per soggetti inesistenti, italiani e stranieri, per i quali venivano istruite pratiche di ogni tipo. Ma quelle persone esistevano solo sulla carta, così come non era che un nome la fantomatica Elena Ghimpu, formalmente rappresentante legale di oltre un centinaio di sedi territoriali di sindacati presenti su tutto il territorio nazionale. Pur di sviare le indagini, alcuni degli indagati hanno persino finto di parlarle o di interloquire con lei. Ma i finanzieri non si sono fatti ingannare, come non li ha confusi la galassia di sigle cui l’associazione si appoggiava. FIC, ANLI, FAPI, CONFSAL – FASPI e l’Associazione Sindacale Lavoratori Stranieri, tutte con sede nazionale in un unico stabile con sede a Roma, nella disponibilità di Francesco Lovecchio, non sono mai esistite se non sulla carta. Ma all’Inps hanno creato un danno quasi milionario. (a.candito@corrierecal.it)
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