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«Impegno civile contro l'antipolitica»

di Gianmarco Cimino*

Pubblicato il: 10/07/2019 – 16:38
«Impegno civile contro l'antipolitica»

«Guardare avanti con un pizzico di ottimismo senza lasciarsi scoraggiare da novelli professionisti di sventura». Con queste parole si apre il saluto di monsignor Giuseppe Schillaci, nuovo vescovo della diocesi di Lamezia Terme, alle autorità presenti qualche giorno fa nel salone della curia diocesana. Un giorno importante per Lamezia e il suo comprensorio. La nostra è una generazione senza maestri ma con tanti insegnanti o aspiranti tali. Abbiamo bisogno di punti di riferimento che pazientemente sappiano indirizzarci. L’ordinazione episcopale di monsignor Schillaci fa ben sperare inserendosi proprio in questa direzione. Le parole del nuovo vescovo sono scandite dalla semplicità. Una peculiarità fondamentale nell’epoca della complessità; si perché la semplicità non è altro che una complessità spiegata. Parole semplici, ma allo stesso tempo dirompenti che smuovono le coscienze entrando nel profondo di ognuno di noi.
Monsignor Schillaci ha sottolineato la necessità di mettere mano ad una importante e significativa opera educativa portata avanti in sinergia con gli attori protagonisti del territorio. In un momento storico difficile ma allo stesso tempo affascinante per le sfide che ci pone quotidianamente, partire dall’educazione dei più giovani è la carta vincente per costruire un senso di comunità ormai affossato dall’indifferentismo contemporaneo. Viviamo in un tessuto sociale che ha dissipato i principi fondamentali; in cui le nuove generazioni si trovano spaesate, confuse e isolate. Ecco perché è fondamentale inaugurare un nuova stagione della responsabilità che presuppone una partecipazione attiva dei cittadini quali protagonisti di una nuova visione. In questo quadro si inserisce il lavoro che le istituzioni e la politica devono compiere. Costruire una nuova visione significa mettere in campo le migliori risorse di un territorio che ha tanto da esprimere. Una visone inclusiva che si faccia carico delle fasce più deboli e indifese richiamandosi al vangelo come guida spirituale. Ogni cattolico impegnato in politica con umiltà e coraggio deve essere testimone di quello in cui crede. Faccio mio le parole del Santo Padre: «Un cristiano impegnato nel sociale non può giocare da Pilato, lavandosene le mani».
Oggi c’è un disperato bisogno, ognuno nel proprio piccolo, di cittadini consapevoli che si facciano carico di risolvere le cogenti difficoltà del mondo che viviamo. Debellare la sindrome dell’eroe isolato e cioè dell’uomo della provvidenza, che si faccia promotore della risoluzione delle avversità di oggi, è improcrastinabile. La politica deve avere il coraggio, nell’epoca dell’antipolitica, di richiamare tutti alle proprie responsabilità. Basterebbe partire dal principio che ogni essere umano ha dei talenti, a patto che sia posto nelle condizioni di potersi esprimere. Una comunità è viva nella misura in cui gli si riconosce dignità e pari opportunità. Siamo stati abituati, soprattutto noi giovani, ad una società costruita sulla rivendicazione disperata dei diritti. Ma dei doveri chi ne parla? Un diritto presuppone un dovere. Il dovere è fondamento imprescindibile per guidare i processi complessi dei cambiamenti epocali che ci stanno travolgendo. Tuonano e pesano le parole che sua eccellenza monsignor Schillaci ha rivolto ai rappresentanti istituzionali nella giornata di insediamento alla guida della diocesi: «Facciamoci promotori di una cultura della fraternità. Cerchiamo ciò che unisce e non quello che divide. Recuperiamo la dimensione nobile della politica, come forma alta di carità incoraggiando i giovani a fare politica attiva. Aiutandoli a capire che pur partendo – nel loro impegno sociale – a favore di una parte non devono chiudersi nel sommo interesse esclusivo della parte che rappresentano, ma devono aprirsi al bene comune. Un bene che include tutti e ciascuno in particolare i più deboli».
La convivenza umana è sempre più minata dal pericolo di un crescente e pervasivo individualismo. Il trionfo dell’individualismo è il male atavico del nostro paese che si ripercuote negli strumenti che la politica mette a disposizione della collettività. Siamo pressoché incapaci di pensare in termini collettivi, abbiamo evidente difficoltà a capire perché una persona possa fare azioni concrete per gli altri. Ecco perché accogliamo e facciamo nostro il monito del vescovo Schillaci che invita a prendere le distanze da ogni posizione ideologica che alimenti conflittualità nei confronti dell’altro. Per evitare la frammentazione e disgregazione dei rapporti sociali occorre, quindi, favorire il dialogo. Un dialogo costruttivo che instauri un rapporto di rispetto delle posizioni altrui, sconfiggendo l’autoreferenzialità di una politica poco incline all’ascolto. Ascolto e non semplice sentire.
Ridurre il crescente divario tra politica e giovani è la sfida che attende la politica. Ora non ci resta che metterci in gioco, la complessità del momento ci impone il dovere di provarci.
*Portavoce della scuola di formazione per il bene comune

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