di Pietro Bellantoni
LAMEZIA TERME Morire per Oliverio? È la domanda, insistente, che la gran parte della nomenclatura dem continua a porsi da ieri mattina, cioè dalla lettura dei due articoli che Il Fatto Quotidiano ha dedicato alla presunta doppia e tripla morale del Pd.
L’offensiva contro Zingaretti è stata affidata a un servizio di Wanda Marra – dedicato alle reazioni (inesistenti) dei vari esponenti del partito nazionale rispetto alla richiesta di rinvio a giudizio per corruzione del governatore calabrese – e, soprattutto, a un editoriale corrosivo del direttore Marco Travaglio, che ha messo in evidenza la schizofrenia di un partito capace di sfiduciare l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino – all’epoca indagato per alcune cene a scrocco –, di provocare le dimissioni della presidente dell’Umbria Catiuscia Marini – accusata di aver commesso illeciti (abuso d’ufficio, favoreggiamento e falso) nell’ambito di alcuni concorsi in sanità – ma anche di non dire mezza parola su un governatore, Oliverio, oggi formalmente imputato per corruzione (assieme alla deputata Enza Bruno Bossio e al marito, Nicola Adamo).
LE REAZIONI MANCATE Il fatto che nessun parlamentare o dirigente del partito abbia voluto prendere posizione testimonia l’imbarazzo del Nazareno rispetto alle vicende del presidente calabrese. E in qualche modo suggerisce che Oliverio, a Roma, non ha difensori in grado di supportare la sua ricandidatura.
In ogni caso, al di là della polemica giornalistica e del paragone tra le regole del Pd e quelle, ben più stringenti, del M5S, la sortita del Fatto ha trasformato una diatriba calabrese in un caso nazionale, rispetto al quale Zingaretti non potrà far finta di non vedere.
Che il segretario – e con lui il grosso dell’establishment – non avesse intenzione di dare il via libera a una seconda candidatura di Oliverio era cosa risaputa, anche se mai ufficializzata. I bene informati, fino a due giorni fa, assicuravano che Zingaretti volesse tenersi fuori dalla partita e risolvere il rebus calabrese in modo pilatesco, cioè per mezzo delle primarie (nelle quali, per inciso, Oliverio avrebbe probabilmente vinto). Ma adesso? Il Pd, quello stesso Pd che sta disperatamente provando a recuperare terreno rispetto a Lega e 5 stelle, può permettersi di rimanere invischiato nel pantano calabrese? E Zingaretti vorrà giocarsi faccia e leadership per salvare – cioè ricandidare – un governatore con cui, dall’inizio della sua segreteria, non ha praticamente instaurato alcun rapporto?
LA DOMANDA Torna la domanda iniziale: morire per Oliverio? La risposta che tutti i big si sono dati, dopo la lettura dei due servizi del Fatto, è perentoria: «No». Di più: alcuni maggiorenti, come riporta il quotidiano di Travaglio, sono arrivati perfino a negare, mentendo, che Bruno Bossio sia mai stata «zingarettiana».
Insomma, la volontà di dividere i destini della segreteria da quelli di Oliverio sembra essere più forte che mai. L’epilogo pare dunque scontato: il governatore, che ha comunque intenzione di continuare la sua campagna, ha poche chance di ottenere il simbolo del Pd e potrebbe essere costretto ad accontentarsi di liste civiche.
COSA FA IL PARTITO? Se lo scenario è questo, resta da capire qual è il piano B del partito. «Al momento – assicura un dirigente calabrese con addentellati al Nazareno – non è stata proposta alcuna alternativa». Né, questa è la sensazione più diffusa, ci sarebbero possibilità di avere un chiariamento prima della ferie estive. «Zingaretti – ipotizza un consigliere regionale del Pd – ha dimostrato di essere un galleggiatore tra correnti e per adesso non scioglierà il nodo. Potrebbe farlo solo in seguito, magari mostrando i risultati del sondaggio sulla Calabria commissionato dalla sua segreteria, dal quale emergerebbe lo scarso gradimento di Oliverio da parte dei calabresi».
Tutti sembrano comunque rassegnati ad attendere. C’è anche chi, tuttavia, crede che qualche parola di chiarimento potrebbe arrivare già sabato prossimo, in occasione della assemblea nazionale del partito. Le candidature del Pd alle diverse elezioni regionali del 2020 stanno infatti tenendo sempre più banco nel partito, anche perché, oltre al caso Oliverio, è esploso quello Emiliano, dopo che la renziana Teresa Bellanova ha invitato il segretario a riflettere bene sulla opportunità di endorsare il presidente della Puglia.
In ogni caso, la questione rischia di essere risolta con grande ritardo. E i dem potrebbero così ritrovarsi, a pochi mesi dalle elezioni, senza un candidato e con governatore in carica come avversario in più.
Il Pd, certo, non vuole morire per Oliverio. Forse preferisce suicidarsi. (p.bellantoni@corrierecal.it)
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