di Michele Presta
COSENZA Il “Sistema Rende” finito sotto processo ha un telaio di rapporti, accordi e opportunità politiche. Sono gli anni sedimentati della vita amministrativa della città oltre il Campagnano in cui le acredini al pari delle rivalità spesso non lasciano spazio alle notizie di reato. Al banco dei testimoni, ognuno fornisce la sua versione dei fatti, alcuni non nascondono il peso di chi è costretto a ritornare al passato, come successo nel corso dell’ultima udienza a Fabio Urso, all’epoca dei fatti economo della Rende Servizi. «Sì, alcuni dipendenti facevano attacchinaggio per diversi candidati –spiega – ma tutti operavano quando non erano in servizio». Se per Urso nessuno degli operai aveva un candidato specifico a cui fare il servizio durante la campagna elettorale, per il pubblico ministero Pierpaolo Bruni i fatti seguono invece un’altra direzione. Nel 2009, durante la campagna elettorale per le elezioni provinciali, le attenzioni secondo il magistrato sarebbero state riservate tutte per Pietro Ruffolo che nel processo è indagato insieme a Sandro Principe e Umberto Bernaudo per corruzione aggravata in atti amministrativi e concorso esterno in associazione mafiosa. «Chiesi a Michele Di Puppo (condannato in abbreviato per lo stesso procedimento) di rimodulare il sistema di turnazione e consentire agli operai sia di fare il lavoro all’interno della cooperativa che di fare l’attività extra come attacchino – ha detto Fabio Urso nel corso dell’udienza –. Non volevo che si creassero disservizi. Due degli operai che lavoravano nella squadra coordinata da Michele Di Puppo, attaccavano i manifesti per Pietro Ruffolo, io chiesi soltanto che si sistemasse la turnazione dei lavoratori per evitare di avere lamentele». Rispondendo alle domande dell’avvocato Franz Caruso, legale di Ruffolo, il testimone ha poi aggiunto come non avesse mai visto discutere l’imputato con Michele Di Puppo e che «per quanto a mia conoscenza l’attività di attacchinaggio in campagna elettorale non ha portato né a ricompense in termini di contratto né in termini di avanzamento di carriera». Tra gli operai che hanno attaccato i manifesti per l’ex assessore al comune di Rende c’è Giacomo Vercillo, comparso durante il processo come testimone. «Io ho sempre aiutato Pietro Ruffolo durante la campagna elettorale – ha spiegato – non solo a quella del 2009. All’epoca feci parte di un comitato elettorale in suo favore». Le captazioni telefoniche tra Vercillo e Di Puppo citate dal pm Bruni, in cui emergerebbe un interesse del pregiudicato alla carriera politica di Ruffolo, il testimone le ha giustificate come «telefonate che lui mi faceva perché sapeva che gli facevo da autista». Anche Giacomo Vercillo, durante il controesame, ha ribadito come Di Puppo non facesse attività di propaganda politica nei confronti di Ruffolo, «anzi –conclude – io so che facesse propaganda sia a Rosario Mirabelli che a Rocco Infusino».
LA POLITICA RENDESE I nomignoli in politica spesso danno la caratura del personaggio. E così, nel corso del processo “Sistema Rende” capita che spesso vengano rispolverati. «Adolfo D’Ambrosio mi chiese se votassi per il “ras”. Io dissi di sì», poi il testimone si corregge: «Principe lo chiamavano “ras”, io l’ho sempre votato e non cambiai idea neanche quando D’Ambrosio con cui ci lega una vecchia conoscenza mi chiese di impegnarmi per altri». Ognuno ha la sua convinzione, anche Spartaco Pupo, consigliere comunale dal 2006 al 2013. «All’epoca si diceva che Umberto Bernaudo fosse il sindaco facente “finzione” perché a decidere era sempre Sandro Principe», ha spiegato Pupo. Ma l’interferenza del vecchio leader socialista sulla vita amministrativa per Spartaco Pupo rimane qualcosa come «“mettere il becco” nelle decisioni soprattutto politiche. Per esempio – dice – quando Principe venne sollevato dall’incarico di assessore regionale i componenti di giunta che a Rende facevano riferimento al centrosinistra vennero defenestrati. Io venni a conoscenza, ma non ero presente, che durante la riunione in cui venne deciso di rimuovere dal ruolo di assessore Oronzo Santoro fosse presente anche Sandro Principe che all’epoca non aveva incarichi al comune». Pupo, con un passato da missino e poi anche un ruolo nella segreteria di Principe (con un incarico assegnato con evidenza pubblica) nel corso della sua testimonianza ha spiegato come avesse incontrato dei dipendenti della Rende Servizi mentre facevano attacchinaggio per Pietro Ruffolo e Umberto Bernaudo e di averli incrociati a tarda notte, presumibilmente non durante l’orario di lavoro. «Lei era consigliere, mi faccia un esempio di atto amministrativo in cui si può constatare l’ingerenza di Sandro Principe». La domanda secca dell’avvocato Franco Sammarco rimane senza una risposta precisa: «Ma io non potevo partecipare alle riunioni di maggioranza e di giunta, non potevo sapere se davvero tirasse le orecchie all’allora sindaco Bernaudo». (m.presta@corrierecal.it)
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