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Salvini a Limbadi e i dialoghi del boss: «Qua blindano tutto»

Antonio Mancuso parlava con il nipote della tappa vibonese del ministro dell’Interno e della villa confiscata al clan. Ma anche dei tassi di interesse da applicare a un commerciante vittima di esto…

Pubblicato il: 18/07/2019 – 15:49
Salvini a Limbadi e i dialoghi del boss: «Qua blindano tutto»

di Alessia Truzzolillo
VIBO VALENTIA Il boss Antonio Mancuso e suo nipote Alfonso Cicerone sono alla ricerca del commerciante di Nicotera che tengono sotto scacco con estorsione e prestiti a tassi usurari. È il 30 giugno 2019, poche settimane fa, quando i due vengono intercettati dai carabinieri che da maggio stanno indagando su di loro (qui la notizia dell’inchiesta che ha portato al fermo dei due). Quel giorno i due sono adirati perché non riescono a rintracciare il commerciante. «Niente, è scomparso dalla circolazione», dice Cicerone il quale minaccia di prendersi le chiavi del tabacchino (altra attività del commerciante) se questi non si fa trovare. Si lamentano perché la vittima non riesce a recuperare 5000 euro ogni tre mesi da elargire al gruppo criminale. Provano a farsi i conti, ritengono che l’imprenditore guadagni bene. «Ora lo debbo trovare – dice Cicerone – lo debbo stringere giusto! Gli debbo fare passare la voglia una volta per sempre…».
SALVINI A LIMBADI Ma qualunque soluzione si voglia trovare c’è un evento di cui tenere conto e che metterà in moto la macchina della sicurezza: l’arrivo di Salvini a Limbadi. «Martedì viene Salvini a Limbadi», dice Cicerone.
«E cosa vuole questo scemo», chiede lo zio Antonio Mancuso.
Cicerone: «Viene per prendersi i cosi… la villa».
Mancuso: «La villa?».
Cicerone: «Eh… quella dei parenti vostri».
Mancuso: «E quella è da tempo che è sequestrata».
Cicerone: «Si, viene per consegnarla lui, non so a chi»
Antonio Mancuso cerca di capire di quale villa si tratta. È convinto che la villa sia il fabbricato di Diego Mancuso «però la terra no… la terra è del proprietario non è padrone della terra lui… non so come fanno là… non la possono utilizzare».
Cicerone: «Eh no, sono già sequestrate… sono già dello Stato».
Mancuso: «E allora il padrone non si è opposto?».
Cicerone: «Ed ora la debbono dare all’associazione».
Mancuso: «Sì, ma se uno fa il danno nel terreno di un altro…»
Cicerone: «È che non l’abbiamo messo come prestanome… avete capito…»
Ma il problema loro è un altro: «Comunque – dice Cicerone – aspettatevi che qua blindano tutto… tutte le cose… la strada che va a Limbadi viene blindata».
Quindi «martedì sicuro ce ne saranno macchine … pattuglie qua in giro… più del giusto».
Una notizia che non piace a Mancuso che ha un processo a Catanzaro, “Black Money”, e vorrebbe andare perché «parlano della cosa mia a Catanzaro».
Il problema col commerciante, però, al di là della difficoltà di movimento, va risolto. Il tasso di interesse sta aumentando: «Intanto lunedì – dice Cicerone – c’è il 15 in più… eh… è scattato l’altro mese… quindi 5 più il 15». La vittima, precedentemente, aveva proposto di cedere a Mancuso un’area individuata da due saracinesche. «Cosa potrebbe uscire là?», chiede Cicerone. Un’idea c’è: «Una sala Slot». Il posto, poi, è pure fuori mano. «Le macchinette? – chiede Mancuso – Eh si può fare la cosa».
INTERESSI IMPOSSIBILI Davanti ai tassi di interesse che aumentavano la vittima opponeva il fatto che non sarebbe mai riuscito a compensare il debito. Una reazione che lasciava indifferenti i suoi estorsori.
I primi di luglio, in un faccia a faccia con il commerciante, Cicerone fa la voce grossa: «… vedi che sto mettendo la faccia mia… non mi fare tornare a venire, perché sopra l’anima di mia mamma… vedi che non ti faccio aprire da nessuna parte più… io sono 30 anni che qua ci vivo… e queste figure di merda io non le ho fatte mai con nessuno ok? Ho saputo sempre come raccogliere, con il buono o con il male… Vedi che ti sto graziando, non di una volta…». E ancora: «… mi devi capire… okay… non mi fare fare cose che non ho proprio nella testa di fare… specialmente con te… entro questa settimana risolvi tutto». A risolvere tutto, due settimane dopo, ci hanno pensato i carabinieri e la Dda. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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