CATANZARO Ancora legata «al rigido rispetto di usanze e ritualità tradizionali», la ‘ndrangheta è sempre più radicata fuori Regione e all’estero, perché sfrutta «la sua spiccata vocazione imprenditoriale», grazie «alle ingenti risorse economiche di cui dispone». È l’analisi della Direzione investigativa antimafia nella sua seconda Relazione semestrale del 2018. Il «punto di forza delle famiglie calabresi» sta proprio nel rispetto della tradizione e sbaglia chi definisce «mero formalismo» i loro riti. Le cerimonie di iniziazione e di passaggio di grado nell’affiliazione, emerse ad esempio nell’operazione denominata “Theorema-Roccaforte” sul territorio reggino nel luglio 2018, «non esprimono affatto puro folklore» ma danno forza all’organizzazione criminale, «dotata di un senso di identità e di appartenenza che rende il modello calabrese poco permeabile dall’esterno».
Secondo gli analisti della Dia, gli esponenti legati alla ‘ndrangheta reggina fanno affari «con il lucroso settore dei giochi». Le cosche del mandamento tirrenico, in virtù di una «spiccata propensione imprenditoriale», hanno il porto di Gioia Tauro «come una delle rotte preferite dai trafficanti internazionali di stupefacenti».
E anche le cosche del mandamento jonico «fanno soldi con gli stupefacenti, riuscendo a movimentare grandi quantitativi di droga in virtù di ottimi rapporti con affidabili fornitori stranieri». E sì perché le mafie, oltre a capitalizzare i proventi illeciti in attività imprenditoriali, puntano anche a realizzare gli indebiti risparmi di imposta.
Nel 2018 sono state 103.576 le operazioni finanziarie sospette risultate di «interesse istituzionale» per la Dia: il 46,3% sono state messe a segno a nord, il 33,8% nelle regioni del sud e il 18,7% nei territori del centro Italia.
Le indagini della magistratura e delle forze dell’ordine evidenziano che le attività che portano soldi sono sempre le stesse: traffico e spaccio di droga, estorsioni, usura. Ma, a differenza del passato, i guadagni vengono reimpiegati e immessi nell’economia legale.
Gli analisti della Dia spiegano, nella loro Relazione, che la ‘ndrangheta è sempre più proiettata fuori Regione e all’estero, con le cosche che puntano forte sui giochi on line e sulle energie rinnovabili senza dimenticare i settori più tradizionali, come quelli del comparto agricolo e delle sovvenzioni pubbliche.
Le scommesse illegali stuzzicano gli appetiti anche della camorra, delle consorterie pugliesi e di Cosa Nostra, da sempre interessata agli appalti pubblici che operano nel settore della ristorazione, delle pulizie, del servizio scuola bus, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti.
Da nord a sud del Paese, in Europa, negli Stati Uniti e in America Latina. È l’espansione della ‘ndrangheta tracciata dalla relazione della Dia. «Il modello organizzativo» della criminalità organizzata calabrese, «saldamente fondata sui vincoli familiari», si legge, «continua ad essere replicato, oltre che in Calabria, anche in altre aree nel Paese (come dimostrano le numerose regioni contaminate dalle cosche, in particolare Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e Sardegna e all’estero, in Europa (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Albania, Romania e Malta), nonché nei continenti americano (con particolare riferimento al Canada, Usa, Messico, Colombia e Argentina) e in Australia».
Contesti, quest’ultimi, «dove si sono, nel tempo, stabilmente insediati numerosi affiliati, incardinati in locali che, seppur dotati di una certa autonomia, continuano a dar conto al comando strategico della provincia di Reggio Calabria. Quest’ultima resta territorialmente suddivisa in “mandamento centro”, “mandamento tirrenico” e “mandamento jonico”, che comunque trovano un punto di convergenza unitario in un organo collegiale, definito Provincia o Crimine», spiegano gli investigatori.
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