di Michele Presta
COSENZA Dal primo allunaggio agli studi sulla faccia oscura. In 50 anni, gli investimenti in scienza, ingegneria e tecnologia hanno spinto l’uomo ad esplorare anche gli angoli più remoti della Luna. Se con “Apollo 11” l’impronta di Neil Armstrong è entrata nell’immaginario collettivo diventando icona del progresso occidentale, a distanza di mezzo secolo i risultati della missione cinese “Chang-e4” forniranno un contributo determinante allo studio della conformazione geologica lunare oltre che dei fenomeni radioastronomici. Sono proprio le misurazioni delle onde radio a bassa frequenza che vengono monitorate e seguite da un gruppo di scienziati, ingegneri e fisici dell’università di Radboud in Olanda. Tra questi anche Antonio Vecchio, una laurea in fisica all’Università della Calabria poi, accurati percorsi di ricerca in Italia e all’estero oltre al dottorato di ricerca sempre nell’ateneo calabrese. Il solo italiano a lavorare alla missione cinese, le attività di studio e ricerca dell’astrofisico Antonio Vecchio si basano sui dati forniti dal satellite in orbita attorno alla luna il cui scopo primario è di garantire la comunicazione tra il lander e il rover che si trovano sul lato oscuro della Luna. «Riusciamo a studiare le onde radio a bassa frequenza provenienti dallo spazio grazie ad un ricevitore di onde radio (il Netherlands-China Low-Frequency Explorer – NCLE) montato su questo satellite sviluppato e costruito dagli ingegneri olandesi – spiega Antonio Vecchio al Corriere della Calabria –. Terminata la fase di montaggio e dopo il lancio, adesso sto lavorando alla calibrazione dello strumento che è un passaggio necessario per verificare come dai dati che si rilevano sia possibile ottenere delle misure fisicamente valide». Le onde radio captate dal satellite direttamente nello spazio, permetteranno ai ricercatori di evitare il filtro dell’atmosfera che si frapporrebbe tra le onde e la terra qualora questo tipo di studio dovesse essere fatto con un radiotelescopio o qualsiasi altro strumento che misura la radiazione elettromagnetica nella banda radio. «Da terra si può misurare principalmente il visibile e una parte dello spettro radio ad alta frequenza, per cui tutta una serie di fenomeni che emettono onde radio a bassa frequenza non possono essere osservati – spiega l’astrofisico».
DALLO “SPACEWEATHER” ALLA “DARK AGE” Ma il ricevitore di onde radio montato sul satellite “Quequiao” è stato messo a punto anche per l’analisi delle emissioni radio solari spesso legate a flussi di particelle dal Sole principalmente elettroni e protoni che provocano emissioni radio e raggiungono la terra. «Lo studio delle emissioni radio da parte del Sole è un aspetto particolarmente interessante soprattutto per quanto riguarda il fenomeno dello “SpaceWeather” (come l’attività solare può influenzare i sistemi tecnologici della terra, ndr). Noi sappiamo che, principalmente nei massimi di attività, il Sole emette bolle di plasma e particelle molto energetiche, che raggiungendo la Terra possono danneggiare le reti elettriche o i satelliti che orbitano intorno alla terra – ci spiega Vecchio –. Questi fenomeni possono mandare in tilt i satelliti e quindi generare dei blocchi nelle comunicazioni per esempio, oppure possono essere pericolosi per gli astronauti che stanno realizzando una missione spaziale. Effetti negativi potrebbero aversi anche per gli aerei che percorrono rotte polari. Poiché spesso l’emissione del plasma solare e delle particelle energetiche provoca emissioni radio nello spazio interplanetario, lo studio di queste ultime può essere molto utile per la previsione di questi tipi di eventi. In questo modo possiamo prevenire eventuali effetti a Terra ed adottare delle precauzioni. Nel caso degli aerei, ad esempio, potremmo far deviare la traiettoria al pilota». Ma le onde radio a bassa frequenza consentono anche altri tipi di studi. «Studiamo le emissioni radio da parte dei pianeti, Giove e Saturno hanno emissioni radio molto intense –aggiunge l’astrofisico». Mentre molto affascinante è lo studio della “Dark Age” e della “Cosmic Dawn” (Alba Cosmica). «Sostanzialmente, lo scopo è quello di analizzare le emissioni radio che sono avvenute all’inizio della storia dell’universo – ci spiega Vecchio –. Subito dopo il “big bang” c’è stata una fase della vita dell’universo in cui le strutture che emettono luce, come stelle e galassie, non erano ancora formate (da qui il termine Dark Age). L’Alba cosmica coincide invece con la formazione delle prime stelle. Avere quindi uno strumento in grado di misurare il segnale radio prodotto durante queste epoche è interessante al fine di studiare i primi stadi dell’origine dell’universo e di confermarne i modelli teorici. Si tratta di osservazioni molto complicate perché il segnale della “Dark Age” e “Cosmic Dawn” è molto flebile rispetto alle emissioni solari, planetarie, galattiche e al rumore radio che proviene dalla Terra. Un lavoro molto preciso di individuazione delle sorgenti e di contestuale pulizia del segnale sarà quindi necessario».
LE ONDE RADIO SULL’ORBITA LUNARE La missione spaziale “Chang-e4” è iniziata nel maggio del 2018. I primi giorni del 2019 il lander ed il rover hanno raggiunto il lato oscuro della Luna. Solo sei anni prima, nel 2013, “Chang-e3” fu in grado di arrivare sulla parte visibile della Luna. Prima di allora, mentre l’ultimo precedente risale al 1974 quando furono i sovietici a tentare l’esplorazione con una loro missione. «Il nostro satellite che orbiterà attorno alla Luna – conclude Vecchio – sarà importante anche sotto un altro aspetto, cioè per osservare in un mese lunare come varia il rumore radio. L’orbita che seguirà il nostro satellite passa dalla parte oscura a quella visibile della Luna per cui ci aspettiamo che quando sarà visibile alla terra avremmo un livello di rumore molto più elevato perché si rileveranno tutte le emissioni radio che avvengono sul nostro pianeta. Un “inquinamento radio” che si stima dovrebbe essere più basso sul lato oscuro favorendo l’osservazione di segnali di origine spaziale e della Dark Age-Cosmic Dawn». Attualmente siamo in una fase di test del nostro strumento per verificare che tutto funzioni correttamente e che i dati siano acquisiti in maniera corretta. Il passo successivo sarà quello di “allungare le antenne” del nostro strumento di rilevazione. Questa fase si chiama deployment. Una volta effettuato il deployment inizieranno le vere misure scientifiche. È una operazione molto delicata perché le antenne sono lunghe 5 metri (potrebbero ad esempio oscillare eccessivamente danneggiando parti del satellite o provocarne uno sbilanciamento inatteso) ma sono indispensabili per misurare le onde radio a bassa frequenza». (m.presta@corrierecal.it)
x
x