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Regione, altri soldi per gli ex consiglieri

Palazzo Campanella eroga il contributo annuale di 80mila euro all’associazione che riunisce i politici rimasti fuori dalla massima istituzione regionale. Lo stabilisce una legge del 2001. Ma in que…

Pubblicato il: 25/07/2019 – 16:48
Regione, altri soldi per gli ex consiglieri

di Pietro Bellantoni
REGGIO CALABRIA
Nella Calabria delle emergenze infinite e del precariato perenne, il consiglio regionale continua a finanziare anche quei politici che non sono più nelle istituzioni e che già percepiscono i vitalizi (seppur “rideterminati” da pochi mesi).
È una vecchia storia che si ripete, puntuale come le stagioni. Con una determinazione dello scorso giugno, Palazzo Campanella ha assegnato anche per il 2019 un contributo di 80mila euro all’“Associazione fra ex consiglieri regionali della Calabria”, la sigla che riunisce tutti quei politici che, per ragioni d’età o a causa della mancata rielezione, non occupano più uno scranno nella massima assemblea legislativa regionale.
Nulla di irregolare, in realtà, visto che il contributo è contemplato da una specifica legge, la 3 del 2001, con cui la Regione ha formalmente riconosciuto l’associazione degli ex.
LA LEGGE Ma perché mai il Consiglio dovrebbe assegnare fondi a politici che da molti anni percepiscono già sostanziosi vitalizi e che, come fanno tutti i normali cittadini, potrebbero benissimo autofinanziarsi? Lo spiega proprio la norma del 2001, nella quale sono messe nero su bianco le finalità dell’associazione che, a ben vedere, ha bisogno dei fondi pubblici per dare corso alla propria ragione sociale.
La società degli ex consiglieri – presieduta da Stefano Priolo – mira dunque, tra le altre cose, a «conservare e rendere operante il vincolo di colleganza e di solidarietà al di sopra di ogni diversità di posizioni politiche» (perbacco), a «sostenere ed esaltare l’Ente Regione e la sua funzione in difesa della democrazia mediante attività di studio e divulgazione, conferenze, convegni, manifestazioni varie, pubblicazioni» (accidenti), a «stimolare e facilitare i rapporti degli ex consiglieri regionali con il Consiglio e gli altri organi regionali» (ma tu guarda) e, soprattutto, a «tutelarne gli interessi derivanti dall’esercizio e dalla cessazione della loro carica consiliare».
Proprio quest’ultima «finalità» merita un approfondimento. Perché, al di là della semisconosciuta attività relativa a convegnistica, pubblicazione di libri e conferenze stampa, l’associazione finanziata dai contribuenti negli ultimi anni pare aver prediletto una mission, in particolare: la tutela dei cosiddetti «diritti acquisiti». In soldoni: la difesa dei vari privilegi di “casta”, tra cui il vitalizio, da due mesi a questa parte ribattezzato come «indennità differita».
La prova dell’interesse degli ex consiglieri verso il destino dei vitalizi è data dall’emendamento «interamente sostitutivo» che l’associazione, pochi mesi fa, aveva sollecitato in merito alla legge Giudiceandrea-Greco, che avrebbe dovuto abolire i vitalizi e introdurre il sistema previdenziale. La norma è stata poi accantonata a favore del testo – approvato in Conferenza Stato Regioni – che ha fatto nascere l’indennità differita, altrimenti, con ogni probabilità, la Calabria oggi avrebbe una norma di disciplina delle “pensioni speciali” ideata proprio da chi ha la fortuna di riceverle.
IL PARADOSSO Il paradosso calabrese resta comunque in piedi, visto che i contribuenti continuano a finanziare una sigla che tra gli scopi precipui ha la strenua resistenza rispetto alle spending review che potrebbero generare nuove economie per il territorio regionale.
L’associazione calabrese non è però un unicum, dal momento che organismi simili sono presenti un po’ in tutti i Consigli d’Italia. Ma certo suscita più di una perplessità il fatto che in una regione sottosviluppata e alle prese con mille questioni sociali, lavorative ed economiche, il suo massimo organo istituzionale si preoccupi ancora di sostenere l’attività – utile o poco utile – di ex politici che, in teoria, non dovrebbero avere difficoltà a sostenersi in modo autonomo.
Negli ultimi tempi l’associazione è stata comunque costretta a stringere un po’ la cinghia a causa dei minori trasferimenti disposti dalla presidenza di Nicola Irto. La legge del 2001 riconoscerebbe infatti un contributo annuale di 200 milioni di lire (negli anni arrotondati a 103.291 euro), ma da qualche anno il finanziamento è stato ridotto, appunto, a 80mila euro. Oltre non si può andare: la legge è legge. (p.bellantoni@corrierecal.it)

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