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Morì per un'occlusione intestinale, cinque medici rinviati a giudizio

Saranno processati due dottori di un clinica e tre del Pronto soccorso di Cosenza. Una donna affetta da psicosi cronica/schizofrenica non sarebbe stata curata correttamente

Pubblicato il: 29/07/2019 – 17:04

COSENZA Sono stati rinviati a giudizio due medici della clinica “Villa degli Oleandri”, e tre dottori del Pronto soccorso dell’Ospedale di Cosenza. A deciderlo il Giudice del Tribunale di Cosenza Piero Santese che, nell’udienza dello scorso 11 luglio, ha evidenziato come «non sussistano i presupposti per una sentenza di non luogo a procedere, invitando gli imputati a comparire in giudizio il prossimo 12 novembre 2019».
I fatti risalgono al dicembre 2017 e interessano la signora Vera Lucia Carlomagno che era ricoverata presso la casa di cura Villa degli Oleandri dal 1975, perché affetta da una psicosi cronica/schizofrenica. Era anche affetta da stipsi cronica, tanto da assumere farmaci per favorire l’evacuazione. Nei giorni che vanno dal 19 dicembre 2017 al 21 dicembre 2017 i medici che curavano la paziente all’interno della casa di cura Villa degli Oleandri, non avrebbero – secondo la versione della famiglia della vittima – effettuato visite, sottovalutando la patologia da cui era affetta la donna Carlomagno. Questo avrebbe le condizioni per l’insorgenza della occlusione intestinale che provocò il decesso della paziente. Stessa condotta sarebbe stata tenuta dai medici del Pronto soccorso, che non avrebbero prescritto esami ecografici e non avrebbero prescritto il posizionamento di un sondino nasogastrico, né avrebbero reidratato la paziente, nonostante fossero evidenti – sempre secondo la versione del legale dei familiari – anche ictu oculi le condizioni della paziente che presentava addome molto gonfio. Tali condotte avrebbero provocato il decesso. Il dottore Berardo Silvio Cavalcanti, Ctp della Procura, accertò la morte per occlusione intestinale da atonia e fecalomi, squilibrio idroelettrolitico, stato di shock ed embolia polmonare. A sottolinearlo è il giudice nella sentenza dell’11 luglio in cui sottolinea la «negligenza» dei medici del Pronto soccorso e «l’omessa valutazione clinica dell’addome e richiesta di consulenza chirurgica oltre che di esame radiologico e di posizioinamento del sondino nasogastrico e reidratazione». Per i medici della Casa di Cura, invece, il giudice sottolinea il fatto che sottovalutarono il quadro clinico e la stipsi cronica della paziente.
Oggi il signor Carlomagno Mario, fratello ed unico erede della povera donna, assistito dall’avvocato Oscar Musacchio, cerca ancora giustizia per la tragica sorte toccata alla sfortunata sorella.

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