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Ecco di cosa sono accusati i sindaci per la tragedia del Raganello

Le contestazioni della Procura di Castrovillari ai primi cittadini di Civita, Cerchiara e San Lorenzo Bellizzi. Al vaglio della magistratura le eventuali responsabilità di chi avrebbe potuto evitar…

Pubblicato il: 30/07/2019 – 19:17
Ecco di cosa sono accusati i sindaci per la tragedia del Raganello

di Michele Presta
COSENZA A Civita, il piano comunale di emergenza di Protezione Civile non era stato adottato. A San Lorenzo Bellizzi, invece, l’ultimo aggiornamento risaliva al 2016, mentre a Cerchiara era datato 2017. Da questi elementi è partita l’indagine della Procura di Castrovillari per accertare le eventuali responsabilità dei sindaci dei tre Comuni del Pollino in relazione alla morte delle 10 persone rimaste travolte da acque e fango nelle gole del Raganello, il 20 agosto del 2018. Oltre alle presunte inadempienze sul piano di protezione civile, nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (qui la notizia) sono finite altre omissioni. In primis, quella relativa alla mancata pubblicazione nell’albo pretorio della delibera del consiglio comunale sul “Regolamento per la fruizione delle Gole del Raganello”. E in questo caso non c’è da considerare solo l’atto amministrativo, ma anche la mancata installazione della cartellonistica in prossimità del canyon. Poi, tutta la sequela di atti mancanti, volti a prevenire ed eliminare il grave pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, necessari dopo la diramazione di un’allerta “gialla”. Questa è l’ossatura delle accuse formulate nei confronti di Alessandro Tocci (sindaco di Civita), Antonio Carlomagno (sindaco di Cerchiara di Calabria) e Antonio Cersosimo (sindaco di San Lorenzo Bellizzi). Insieme a loro, la Procura guidata da Eugenio Facciolla ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini ad altre 11 persone: Giovanni Vancieri; Marco Massaro; Franco Bettarini; Francesco Nicoletti; Vincenzina Cerchiara; Giuseppe Cesarini; Luigi Sauve; Paolo Damiano Franzese; Antonio Luca De Salvo; Luca D’Alba; Roberto De Marco. Risponderanno a vario titolo dei reati di omicidio colposo, inondazione, lesioni colpose, omissione in atti d’ufficio ed esercizio abusivo della professione.
IL QUADRO INDIZIARIO Il corto circuito tra le comunicazioni diramate dalla centrale operativa della Protezione civile calabrese e le presunte irregolarità nell’adozione di quanto previsto dalla legge nei casi di allerta meteo, sono al vaglio degli inquirenti fin dall’apertura del fascicolo d’inchiesta sulla morte delle 10 persone che il 20 agosto del 2018 stavano facendo delle escursioni tra le “Gole del Raganello”. Da un anno la magistratura indaga sulle dinamiche che hanno portato al decesso degli escursionisti e sulle responsabilità di chi avrebbe potuto evitare quella che poi è diventata la “tragedia del Raganello”. Il sindaco di Civita, insieme agli altri due primi cittadini, dovrà rispondere dei reati di omicidio colposo, lesioni personali colpose, inondazione e omissioni in atti di ufficio perché, «avendo omesso di adottare il Piano Comunale di Emergenza di Protezione Civile (come per il comune di Civita, ndr) o avendo omesso di aggiornarlo (l’ipotesi riguarda gli altri due comuni, ndr)», avrebbero reso inapplicabile la «dovuta attuazione delle fasi operative per piogge previste e in corso, imposte dalla direttiva “Sistema di allertamento regionale per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico in Calabria”, e consistenti, nello specifico: nell’attivazione del flusso di informazioni; nell’attivazione del monitoraggio sul territorio; nell’attivazione della verifica delle procedure di pianificazione e di informazione alla popolazione; nella verifica dell’organizzazione interna; nella verifica dell’adempimento delle procedure operative previste nella pianificazione di emergenza comunale; nella verifica della reperibilità dei componenti del Centro Operativo Comunale; nella verifica della disponibilità del volontariato comunale, della disponibilità delle risorse logistiche; nella verifica dell’opportunità di attivare il Centro operativo Comunale; nell’attivazione l’Unità Tecnica Mobile Comunale». Ai tre sindaci, nei diversi capi d’imputazione viene contestato di aver «omesso di procedere alla necessaria pubblicizzazione, mediante l’utilizzo dell’albo della deliberazione di approvazione del “Regolamento per la fruizione delle Gole del Raganello – Gole Sicure”, dichiarata immediatamente esecutiva in base all’articolo 134 primo comma del testo unico degli enti locali». E poi di «aver omesso di procedere alla necessaria pubblicizzazione della deliberazione a mezzo di idonea cartellonistica monitoria, da collocarsi in località “Ponte del Diavolo”, punto di accesso alle “Gole del Raganello” sito nel Comune di Civita, recante l’autorizzazione all’accesso alle Gole, a potenziali visitatori, solo in presenza di guide abilitate all’esercizio professionale dell’attività di “accompagnamento di persone in ascensioni su roccia e in escursioni in montagna” e iscritte all’albo professionale delle Guide Alpine». Le contestazioni della magistratura riportate nell’avviso di conclusione delle indagini, però, riguardano anche le omissioni sui «provvedimenti contingibili e urgenti volti a prevenire ed eliminare il grave pericolo per l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, derivante dalla diramazione dell’avviso di criticità idrogeologica idraulica e temporali, con livello di allertamento “giallo”, e dalla mancanza di idonea cartellonistica monitoria, da collocarsi in Località “Ponte del Diavolo”, punto di accesso alle “Gole del Raganello”». (m.presta@corrierecal.it)

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