di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA Un’indagine che svela il volto deteriore della politica locale, un’inchiesta che – se ancora fosse necessario – fa luce sul vero volto antidemocratico ed eversivo della ‘ndrangheta calabrese. «Non stiamo parlando di un fenomeno semplicemente militare, la ‘ndrangheta non è semplicemente estorsioni o minacce – dice il procuratore capo di Reggio, Giovanni Bombardieri – quest’indagine dimostra come alla cosca Libri fossero riferibili delle espressioni politiche e imprenditoriali di primissimo livello». E i loro nomi sono quelli dei protagonisti della storia recente delle istituzioni calabresi. A partire da Sandro Nicolò, ex capogruppo di Forza Italia a Palazzo Campanella, oggi consigliere regionale di Fratelli d’Italia.
NICOLÒ COSA NOSTRA Un politico costruito a tavolino dai clan secondo i pm Stefano Musolino e Walter Ignazzitto che hanno coordinato l’indagine “Libro nero” (qui i dettagli e qui i nomi degli arrestati). «Cosa nostra» per il dentista Giuseppe Demetrio Tortorella, negli anni Novanta assessore comunale di Reggio Calabria, oggi stratega politico del clan Libri e per questo finito in manette. È nel suo studio che gli investigatori hanno intercettato le più interessanti conversazioni che hanno portato a Nicolò. «Abbiamo vinto, con Sandro abbiamo vinto» sentono esultare gli investigatori la sera dello spoglio per le regionali del 2014. «È una cosa nostra Franco, cosa nostra» ascoltano dire a Tortorella qualche mese prima, per scoraggiare le ambizioni elettorali del cugino e chiarire che appoggi e sforzi si sarebbero concentrati su Nicolò.
https://www.youtube.com/watch?v=CGi3DLzjsVs
IL CONSIGLIORI DEI CLAN E gli investigatori non hanno dubbi che «cosa nostra» per Tortorella significasse «patrimonio del clan Libri». Ufficialmente professionista con il pallino della politica, l’ex assessore per i magistrati è in tutto e per tutto un uomo dei clan, uno ‘ndranghetista. Uomini dei clan sono quelli che abitualmente frequenta, inclusi esponenti di vertice come Paolo Romeo, attualmente imputato come capo della direzione strategica della ‘ndrangheta reggina. È per il clan che organizza incontri, riunioni e cene. E lui stesso non ha problemi a mostrarsi perfettamente a suo agio in quel mondo.
PIÙ SPIETATO DI RIINA «Mi ha detto sai come ragioni tu? Come a Riina – dice, intercettato, riportando una conversazione assai brusca avuta con l’ex assessore regionale Demetrio Naccari Carlizzi – Sono scattato, così gli ho detto hai fatto un errore (…) sai qual è la differenza tra me e Riina? Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido io me li porto a Cannavò, ho una “livara” li appendo là.. con una corda e una scimitarra, ogni tanto gli taglio un pezzo e gli metto al cane. Questa è la differenza tra me e coso».
GLI HANNO AMMAZZATO IL PADRE «MA È NOSTRO» Ed è lui il nume tutelare dell’affermazione politica di Nicolò sotto l’ala del clan Libri. Un’alleanza quasi contro natura, se è vero che proprio il clan Libri sarebbe responsabile dell’omicidio del padre del consigliere regionale di Fratelli d’Italia. A rivelarlo è lo stesso Tortorella che, quando uno dei killer del clan minaccia di pentirsi e rivelare tutto quello che sa, mormora: «Se parla finisce tutto, finisce pure Sandro». Preoccupazioni condivise da Stefano Sartiano, esponente di rango del clan Libri, che lo ascolta e aggiunge: «Una volta che esce fuori un fatto di quelli che lui lo ha ammazzato per Mico Libri».
CENE ELETTORALI O SUMMIT? Ma Sandro non lo sa. O forse lo sa e non gli importa se è vero che – mette a verbale il pentito Enrico De Rosa – «per Sonsogno, Sandro è un opportunista perché lui si mischia con le persone che gli hanno ammazzato il padre». In ogni caso, nei lunghi anni di indagine non sembra si sia mai posto il problema. Al contrario, sotto elezioni non ha esitato a organizzare cene elettorali che a detta di De Rosa erano veri e propri summit di ‘ndrangheta. «Alessandro fece una cena, Alessandro Nicolò, dove c’era anche Demetrio Berna, c’eravamo io e c’era Ferlito, e c’erano tutti i ragazzi della cosca. Mangiola non c’era, c’era Peppe “vi ceddi”, Presto, tutti i Presto, una cosa incredibile… sembrava un summit, non sembrava una riunione elettorale… poi la cosa che mi sciocca è che anziché farla nella sala, che era semideserta, noi abbiamo avuto proprio un privè». E negli anni Nicolò avrebbe cercato e incassato gli appoggi del clan a cui continuamente avrebbe reso favori, come l’assunzione di Giuseppe Repaci, suocero del reggente dei Libri, Filippo Chirico, in qualità di componente interno alla struttura speciale del vicepresidente del consiglio regionale. O ancora prima, nei primi anni Duemila, riferisce il pentito Aiello, quella del cugino di primo grado del boss di San Giorgio extra, Nino Caridi.
POLITICO DEL CLAN LIBRI Ma quello di Nicolò con i Libri non è un semplice rapporto di scambio elettorale. Lui è un politico dei clan. E non si sconvolge quando i suoi imprenditori o emissari lo richiamano espressamente al «rispetto dei patti» o gli chiedono conto di quanto promesso. Il suo è un rapporto stabile, duraturo, organico. Lo dicono pentiti come De Rosa, che al pm Stefano Musolino dice senza esitazioni di aver ricevuto indicazioni precise da Mico Sonsogno e Mimmo Presto, elementi di vertice del clan di Cannavò: Sandro (Nicolò) e Demetrio (Berna) sono «i nostri candidati … altro non dovete votare». E questo perché – aggiunge – «Sonsogno me lo ha detto che Alessandro Nicolò è una cosa che gli interessa a loro, ai Libri ed in ogni caso tipo… (…) io Alessandro Nicolò lo conoscevo come espressione della famiglia Libri».
IL RE DELLA PUBBLICITÀ Lo confermano gli innumerevoli favori che proprio De Rosa ha ricevuto da entrambi i politici in qualità di “consulente immobiliare” del potente casato mafioso, raccomandato dal boss Nino Caridi. «Mi hanno dato tutto quello che riguardava la pubblicità della Regione e mi pagava la Regione». E ancora « tutte le situazioni delle pubblicità che riguardavano il Pdl, che era la società (incomprensibile) Italia, per intenderci, via le campagne pubblicitarie, ve l’ho detto anche nei precedenti interrogatori, sia le campagne pubblicitarie di Sandro Nicolò, sia le campagne pubblicitarie di Demetrio Berna, sia le campagne pubblicitarie dei Circoli del Popolo della Libertà le ho falle tutte quante io».
QUESTIONE POLITICA O DI NDRANGHETA? Ma forse, a rendere più di tutto chiara la sua appartenenza, è la domanda che – intercettato – gli rivolge Paolo Romeo, eminenza grigia della ‘ndrangheta reggina. È un momento di tensione, perché Francesco Chirico – cognato di Paolo e Giorgio De Stefano – pretende una nomina a dirigente che i vertici degli arcoti hanno già destinato ad altri. E lui, scontento, ha chiesto protezione a Nicolò. Ma Paolo Romeo non ha gradito. Tanto che al politico rivolge una domanda chiara: «Ti interessa a te per questioni politiche o di ‘ndrangheta».
IL GIP: «ESPRESSIONE DEL CLAN NELLE ISTITUZIONI» Per il gip, il quadro è estremamente chiaro. Nicolò – afferma – «è il sodale espressione dei Libri in seno alle istituzioni, in ciò sta l’essenza della sua stabile e organica compenetrazione». E ancora «è il soggetto, scelto dai vertici della consorteria, chiamato a farne gli interessi in seno agli organi di governo elettivi del territorio di influenza dell’associazione». Per il giudice «è indubbio pertanto come a fronte di rapporti collusivi consolidati da tempo e caratterizzati da una risalente continuità di scambi politico-mafiosi la volontà del Nicolò venga inevitabilmente a mischiarsi con le finalità associative». Un apporto fondamentale, afferma il giudice, «che ha determinato per la cosca Libri l’accrescere del prestigio e delle capacità operative, potendo contare gli affiliati all’occorrenza sui particolari e qualificati servigi di Nicolò». (a.candito@corrierecal.it)
x
x