Più bonifici e operazioni bancarie che conflitti a fuoco. «Con i proventi del traffico di droga e di altri reati oggi la ‘ndrangheta sta acquistando quante più attività imprenditoriali può da Roma in su, in tutti i Paesi d’Europa, in Australia e a New York: alberghi, ristoranti, pizzerie». Il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri rilascia a Famiglia Cristiana una lunga e articolata intervista in cui fa il punto su quella che delle mafie italiane è diventata la più potente, la più impermeabile, la più ramificata, una holding capace di fatturare 50 miliardi di euro all’anno, in grado di reinvestire il 75 per cento dei suoi guadagni nell’economia legale.
«La ‘ndrangheta non spara più, ma compra tutto», assicura Gratteri. Che spiega come mai nel Paese si sia abbassata la guardia: «Il modo d’agire della ‘ndrangheta non prevede sparatorie, auto bruciate o omicidi. Non crea allarme sociale. L’opinione pubblica, al Nord ma non solo, è convinta anche oggi che nel proprio quartiere non ci sia la mafia. Adesso, invece, anche le mafie sudamericane stanno comprando al Nord. I cartelli, soprattutto quelli colombiani, che portano la cocaina in Europa, solo per il 9 per cento dell’importo vogliono essere pagati in Europa, investendo qui i loro proventi».
«La ‘ndrangheta», conclude Gratteri, «ha fatto un grande salto di qualità negli anni Settanta con la fondazione della “Santa”, un’ulteriore grado gerarchico dell’organizzazione che ha consentito la doppia affiliazione alla ‘ndrangheta e alla massoneria deviata. Questo ha comportato contatti sempre più stretti tra i mafiosi e i quadri della classe dirigente e delle istituzioni. Al netto dei buoni risultati investigativi, la situazione è sfuggita di mano un po’ a tutti: alle forze dell’ordine, alla magistratura, agli educatori, anche alla Chiesa. È un segnale culturale inquietante».
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