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Le due Rsa che la burocrazia (e non solo) blocca da 13 anni

Il caso delle strutture di Spezzano Albanese e Mottafollone, aggiudicate nel 2003 e mai “riconosciute” nonostante sentenze del Tar e diffide. Gli ostacoli dell’Asp di Cosenza e i ritardi della Regi…

Pubblicato il: 02/08/2019 – 16:12
Le due Rsa che la burocrazia (e non solo) blocca da 13 anni

COSENZA Quando questa storia è iniziata, esisteva ancora l’Azienda sanitaria di Castrovillari. Ed è stata proprio l’Asl numero 2 a bandire la gara d’appalto per l’aggiudicazione di due Rsa (residenze sanitarie assistenziali) a Mottafollone e Spezzano Albanese. Quasi 16 anni dopo, l’iter avviato dall’Aziende non si è ancora concluso. E, anche se si tratta di un parere di parte, è difficile non tenere in considerazione il commento dei legali della Medicasaie, Ati che si è aggiudicata l’appalto: «È dal 2003 che le due strutture di Mottafollone e Spezzano Albanese non riescono a essere definitivamente attivate a pieno regime, a causa di una sequela di palesi ostacoli e comportamenti illegittimi delle amministrazioni competenti perpetrati negli anni».
LE DIFFIDE Il virgolettato è tratto da una diffida inviata il 5 luglio 2018 al commissario alla Sanità, al dg dell’Asp di Cosenza, alla Regione e alle Procure della Repubblica di Catanzaro e della Corte dei conti. La richiesta di «concludere, nel più breve lasso temporale, il procedimento di accreditamento» è rimasta inevasa. A meno che non si debba pensare che il «più breve lasso temporale» sia un arco di tempo superiore a un anno. Un anno nel mare magnum di una procedura infinita: ne «sono trascorsi ben tre – scrivevano i legali Maletta-Iannone – da quando le due strutture hanno ottenuto l’autorizzazione sanitaria, ma solo grazie all’intervento del Tar e dietro nomina di un commissario prefettizio». E due «da quando, il 17 agosto 2016, le due strutture hanno richiesto l’accreditamento». E dire che, «in base a quanto previsto dalla normativa regionale, avrebbero dovuto avere la priorità, essendo state realizzate con fondi pubblici ex articolo 20 della legge numero 67 del 1998». Fuori dal burocratese, le strutture realizzate secondo questa norma sono caratterizzate da un fabbisogno pubblico. Vanno autorizzate prima possibile, insomma. E invece non è accaduto nulla. Anzi, spiegano gli avvocati nell’atto, «si è raggiunto ogni limite di tolleranza umana e giuridica». E forse si è pure superato, visto che, dopo la prima diffida, ne è arrivata una seconda, il 23 ottobre 2018, nella quale i legali lamentano «il procrastinarsi dell’illegittimità e dell’ingiustificato ritardo nella conclusione del procedimento», parlando di «comportamento inerte e dilatorio» da parte della burocrazia regionale e dell’ufficio del commissario alla sanità (che a quei tempi era Massimo Scura).
GLI OSTACOLI ALL’ASP DI COSENZA Raccontare cosa sia successo in 13 anni di partenze, stop e ripartenze dell’iter è quasi impossibile. C’è qualche certezza, però. La prima: due nuovi accreditamenti in un contesto caratterizzato da grossi interessi economici possono dare molto fastidio. La seconda: in quel contesto si muove la burocrazia sanitaria, chiamata a dare risposte a utenti e imprenditori, ma sempre costretta a interagire con la politica, dalla quale di fatto dipendono nomine e carriere.
Di sicuro c’è che il carro – in questa fase come in passato – si è impuntato all’Asp di Cosenza, e questo nonostante il 19 dicembre 2017 la Commissione aziendale per l’accreditamento e l’autorizzazione si fosse espressa positivamente per entrambe le strutture, che potrebbero offrire a pieno regime 60 posti letto ciascuna. Nelle relazioni della Commissioni, infatti, si considerano «verificati positivamente i requisiti strutturali e tecnologici» e «verificati positivamente i requisiti organizzativi generali e specifici rimandando alla Caa la territorialmente competente per la verifica sull’attività di monitoraggio al fine di evidenziare la capacità della struttura di presidiare le principali attività assistenziali» e che, quindi, le strutture possiedono «i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi finalizzati al rilascio dell’accreditamento istituzionale per 60 posti letto complessivi». Un «parere pienamente favorevole» secondo gli avvocati di Medicasaie che vedono nei ritardi un «tentativo di ostacolare l’accreditamento delle strutture», che hanno ottenuto l’autorizzazione sanitaria all’esercizio di Rsa solo dopo una lunghissima battaglia amministrativa e giudiziaria che si è conclusa nel 2015. E iniziata con il ritardo nella consegna degli immobili (da parte dell’Asp di Cosenza) e poi proseguita con il diniego dei permessi (sempre da parte dell’Asp). Per non parlare del fatto che Medicasaie ha dovuto anticipare (sempre dietro richiesta dell’Azienda sanitaria) «ingenti somme» per adeguare gli immobili e renderli funzionali. Dagli uffici della sanità cosentina è partito anche un tentativo di far revocare le autorizzazioni ottenute per via giudiziaria, con un provvedimento di revoca bloccato successivamente dal dipartimento regionale Tutela della Salute. Non finisce qui: dopo un accesso agli atti, Medicasaie ha scoperto che la “solita” Asp di Cosenza aveva chiesto al commissario al Piano di rientro e al dipartimento regionale un nuovo parere. Scelta che ha convinto i legali dell’azienda a ricorrere nuovamente al Tar.
L’OK DEL TAR E I RITARDI DELLA REGIONE La sentenza, che è dello scorso febbraio, dà ancora una volta ragione alla società che si è aggiudicata le due Rsa (Regione e Asp non si erano neppure costituiti). I giudici ordinano «al commissario ad acta governativo di concludere il procedimento» e nominano «il direttore dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali quale organo commissariale». Il manager Simone Furfaro si insedia e (ri)avvia la macchina burocratica. Che si impunta. Di nuovo. Ma questa volta non nelle stanze dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Da via Alimena, infatti, arriva un doppio «parere favorevole (con due prescrizioni, ndr) all’accreditamento istituzionale». Il nodo da sciogliere si sposta alla Cittadella regionale, secondo quanto emerge da una nota vergata da Furfaro il 18 giugno scorso. Le deliberazioni favorevoli dell’Asp, infatti, «costituiscono l’atto sulla base del quale “il dirigente generale del dipartimento regionale competente (Antonio Belcastro, ndr) decide sull’istanza di riesame con un provvedimento definitivo di rilascio o diniego dell’Autorizzazione” e pertanto necessita un prolungamento dei termini per completare l’istruttoria, tenendo conto del quadro istruttorio recentemente mutato». Non è tutto: il commissario chiamato a completare l’iter spiega di aver richiesto il 28 maggio 2019 «al dipartimento Tutela della Salute e Politiche sanitarie della Regione Calabria ulteriore documentazione non pervenuta, La mancanza della documentazione richiesta, essendo necessaria per effettuare la verifica di “funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale”, ha comportato un’ulteriore attività istruttoria non prevista né prevedibile, che ancora non è ultimata». Per questo motivo il termine slitta di 90 giorni, con il permesso del Tar. Novanta giorni in un oceano di 13 anni. Il fatto è che il carro si impunta sempre, cambia solo l’ufficio da cui le carte sembrano non arrivare mai. Che sia Cosenza o la Regione, la storia delle due Rsa più avversate dalla burocrazia non è ancora finita. Tra esposti penali e probabili citazioni milionarie per danni, potrebbe continuare ancora a lungo. (redazione@corrierecal.it)

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