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«Non servono primarie inutili, ma nuovi metodi»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 16/08/2019 – 13:28
«Non servono primarie inutili, ma nuovi metodi»

In questi giorni con la confusione che registra la politica nazionale, ove si ragiona al 90° minuto nel senso di tutelare, comunque, il Paese e la Nazione dagli effetti dell’applicazione della clausola di salvaguardia, che incrementerebbe l’Iva con un aumento vertiginoso dei prezzi al consumo, si ha modo di verificare in Calabria uno stravolgimento delle strategie elettorali per le prossime Regionali.
Oliverio prende fiato, sperando di recuperare la bocciatura di Zingaretti attraverso il recupero del rapporto con Renzi, avviato a divenire il nuovo padrone della politica italiana, a tal punto da determinare qualche repentino ripensamento di alcuni già leader politici Pd avviati a transitare, altrimenti, con Salvini.
Nella destra si avverte qualche tremore di troppo. Una Forza Italia pronta a sparire. Fratelli d’Italia che qui si rafforza e a Roma si prende il lusso di rifiutare transfughi provenienti da altre direzioni, spesso antitetiche. Una Lega che si promette di fare il pieno – sempre che riesca ad evitare una pessima figura il prossimo 20 agosto a seguito delle dichiarazioni al Senato del presidente Conte – ma che fa le bizze per dire sì definitivamente ad un candidato «unico».
Gli altri, al di là di qualche iniziativa (molto) autonoma, pronta ai blocchi di partenza e in prossimità di un probabile ripensamento, e di qualche altra più organizzata e credibile, perché pensata da chi di politica e di Calabria produttiva ne mastica non poco, sono dietro il sipario (o quasi).
La sinistra unita (spero davvero) attende di recitare il ruolo politico che la storia le ha assegnato e nei confronti del quale, ad onore del vero, la stessa non ha mai abdicato.
I socialisti, diversamente classificati, tentano di riprendersi almeno una parte di quella soggettività politica che hanno egemonicamente esercitato in Calabria per decenni.
I Cinquestelle, nonostante forti di una consolidata presenza alle nostre latitudini, quanto alla Calabria non sentono, non vedono e non parlano, attendendo probabilmente gli esiti dell’assist autocritico di Salvini e dell’aiuto renziano.
Insomma, ancora una volta, è la politica nazionale a condizionare, ovviamente in negativo, il futuro dei calabresi, nei confronti dei quali è sempre stata disattenta, meglio responsabile di tutti i disagi e delle povertà ad ogni livello.
Al clima effervescente dei derby Salvini-Di Maio e dei round Salvini-Conte, disputati con la regia del “Fellini” toscano della politica italiana (che è l’unico «ca ci capiscia») corrisponde uno stato di assoluta sonnolenza in Calabria. È come se lo Xanax fosse stato il piatto più quotato per Ferragosto e dintorni.
Nonostante, l’avvicinarsi dell’ora delle decisioni irrevocabili, sembrano infatti tutti ricoverati nei diversi eremi che la dominano, per lo più partecipati dai “grandi” padri (in senso ovviamente delle peculiarità lipidiche) delle malefatte «antiche, moderne e contemporanee».
Le uniche cose a viaggiare sono le intemperanze, gli odi, le vendette, le illazioni e le abbondanti stupidaggini. Nessuno parla di progetti, meglio del prodotto che intende realizzare per salvare la nostra regione dal baratro, in cui forse è nata ma nel quale non può più rimanere.
Piuttosto che fare le inutili primarie, si ricorra a nuove metodologie.
Il Festival del prodotto politico dovrebbe essere l’evento nel quale scegliere su cosa puntare e su come realizzarla. Su quale sanità giocare il jolly; su come resuscitare una assistenza sociale sino ad oggi sconosciuta; su quali trasporti pubblici investire i propri desideri. E ancora. Su come risanare il bilancio regionale e quali terapie utilizzare per guarire le società partecipate, altrimenti destinate a finire i giorni di morte “naturale”. Non solo. Su come tutelare il nostro maggiore patrimonio: l’ambiente. E soprattutto, come generare lavoro, lavoro e lavoro, finalmente impeditivo dell’emigrazione di quei giovani che fanno la ricchezza degli altri e la nostra irreversibile povertà.
A giudicare il prodotto politico dovrà essere la più grande Giuria Popolare, quella dei calabresi residenti e di quelli che non lo sono, ma che hanno una grande voglia di ritornare ad esserlo ovvero di sbirciare la loro terra, dall’estero pieno zeppo di affetto, nelle graduatorie delle migliori.

*Docente Unical

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