PRAIA A MARE Lo sfogo è diventato virale nel giro di poche ore. Una storia di sanità come purtroppo se ne sentono tante. Accade a Praia a Mare, quando un bambino di 5 mesi si sente male. Sviene e non accenna a riprendersi, racconta sua madre in un post su Facebook. La telefonata al 118 chiarisce subito che il percorso non sarà facile. L’operatore «capisce che la situazione è preoccupante ma tentenna al telefono perché dice che a Praia a mare non c ‘è pediatria e che il primo posto disponibile si trova a oltre mezz’ora di distanza». Il bimbo resta incosciente; l’ambulanza arriva dopo 10 minuti. «Entriamo all’ospedale di Praia per un primo soccorso utile, e lì ci guardano come alieni chiedendoci cosa ci facessimo in un ospedale senza pediatria. Il bimbo con il codice rosso doveva essere portato dove c’è pediatria, quindi a mezz’ora di auto». Le ambulanze, però, racconta la donna, sono fuori regione e quindi bisognerebbe aspettare l’autorizzazione per il trasferimento. «I volontari del 118 – continua lo sfogo – mi guardano con gli occhi della vergogna, di chi si scusa per una burocrazia pessima, perché in una regione come la Calabria gli ospedali si riducono invece di aumentare. Mi dicono di aspettare e mi promettono di fare il prima possibile. Continuano minuti interminabili. Qualche infermiere mi dice che avremmo fatto prima ad andare con la nostra auto. Della serie “scappate se potete”».
Alla fine arriva il trasferimento «in ospedale a Lagonegro dopo 30 minuti di corsa in ambulanza. Siamo in Basilicata. Qui c’è per fortuna pediatria. Peccato che ci sia poco personale e che non abbiano neanche gli strumenti idonei per lavorare con tranquillità. Tutti cortesi, carini, ma sovraccaricati dal lavoro perché tutti i bambini si devono riversare lì o a Cetraro, ma il personale assunto è ai minimi termini. Poco importa che il pediatra stia facendo due giorni di lavoro consecutivo senza mai smontare giorno/notte, siamo in pediatria e non hanno neanche il fasciatoio. Se fosse andata peggio prima di arrivare in ospedale mio figlio sarebbe morto». La donna elogia l’operato dei medici: «Io ho incontrato professionisti a cui hanno segato gambe e braccia per non farli lavorare in maniera professionale. Ho sentito la paura di chi vive in un posto con ospedali assenti. Forse loro non pagano le tasse come facciamo tutti? Forse al sud si deve morire senza dignità? Forse non hai diritto ad essere soccorso?».
Il piccolo sta bene e i messaggi di solidarietà alla famiglia sono ancora tanti. Resta la ferita di un viaggio quasi disperato e di una sanità allo stremo.
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