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«Atto di responsabilità per il bene del Paese»

di Enrico Caterini*

Pubblicato il: 23/08/2019 – 15:00
«Atto di responsabilità per il bene del Paese»

Gli italiani sono in attesa di un Governo ovvero, alternativamente, delle elezioni. Le inadeguatezze della politica ad affrontare la crisi sono emerse tutte nel corso delle consultazioni, che hanno indispettivo persino il presidente Mattarella, noto per il suo aplomb istituzionale. Era «nero», infatti, nel fare le sue dichiarazioni, e non perché eccessivamente abbronzatosi alla Maddalena. La conseguenza è che il Paese è osservato dalle istituzioni e dai mercati internazionali.
In attesa del secondo termine assegnato, che scadrà martedì 27 agosto, occorre un atto di grande responsabilità, sia da parte del centrodestra che del centrosinistra, quasi una prova di patriottismo politico. Entrambi dovranno impegnarsi per superare quei particolarismi che hanno prodotto divisioni e laceranti contrapposizioni. Ciò dovrebbe consentire a Mattarella e, successivamente, al Parlamento di varare un Governo di legislatura, capace di affrontare questioni improcrastinabili come il debito pubblico, l’aumento dell’Iva, i rapporti con l’Unione Europea, il regionalismo differenziato e l’unità del Paese, il contrasto alle povertà, il diritto al lavoro, il cuneo fiscale, il Mezzogiorno, le migrazioni attive e passive.
Per pervenire ad un siffatto risultato occorre compattare gli schieramenti secondo una comunanza di obiettivi e di prospettive, di ciò di cui ha veramente bisogno il Paese. Non solo. Necessita individuare una figura non di stile bensì che si renda garante del futuro da assicurare attraverso una compattezza conseguita dalla matura condivisione degli obiettivi e dei metodi/percorsi indispensabili per raggiungerli. A tal fine necessitano ministri di alto profilo, forti dei loro curricula professionali e delle loro esperienze, così come allo stesso modo dovrà farsi nell’individuare prestissimo il Commissario UE – che la presidente Ursula von der Leyen ha atteso fin troppo pazientemente – dal quale dipenderà non poco il successo del Paese.
Ciò che preoccupa, sul piano dei contenuti programmatici che si leggono in giro e dunque su quello politico, è la non centralità del Mezzogiorno e la liquidazione che si fa del regionalismo differenziato, che si promette di volerlo attuare soft ma senza precisarne le modalità. Questi sono due argomenti fondamentali per ricostruire il Paese, quanto ad unità sostanziale e a crescita economica, due punti nei confronti dei quali il Sud del Paese deve conquistare la leadership. Deve farlo in termini di investimenti e soggettività politico-istituzionale, nella consapevolezza che senza far divenire il Mezzogiorno platea dell’esigibilità dei diritto fondamentali non si arriverà da alcuna parte.
A ben vedere, un clima pesante ove a dominare sono le preoccupazioni dei risparmiatori dissanguati dallo spread, dei giovani senza speranze, degli imprenditori minacciati da difficoltà insormontabili e da una economia che non gira, delle famiglie che corrono il rischio di vedersi incrementare la spesa con l’aumento dell’Iva tanto da renderla quasi impraticabile.
Tutto questo assume una ricaduta particolarmente negativa sulla Calabria, il sud del Mezzogiorno, impegnata di qui a qualche mese nella elezione del Consiglio regionale e del Governatore. La prima ad essere chiamata alla prova delle urne e, in quanto tale, costituente la prova ufficiale, l’esordio alla latitudine regionale, della capacità della nuova politica – che formerà il prossimo Governo – affrontare e risolvere i problemi eterni e quelli sopravvenuti.
Dunque, un problema non di poco conto nel problema generale dal quale dipenderanno le sorti del Paese.
Qui, così come necessario nella formazione della compagine governativa, si dovrà – approfittando però della grande imminente chance, ovverosia la molto prossima competizione elettorale che darà modo ai calabresi di decidere il loro destino – scegliere non solo il meglio bensì chi ha capacità di rifare, da capo, la Calabria.
Grande attenzione, dunque, da parte della neocoalizione che assumerà verosimilmente le sorti del Paese ad estendere il suo impegno di rinnovamento alla nostra regione, proponendo quanto necessario, sia in termini di conduzione politica che di programma innovativo di realizzare.
Uno sforzo da condividere con quel civismo che in Calabria sta montando a vista d’occhio, non già per improvvisa voglia della società civile di cimentarsi nell’agone della politica ma per l’esigenza della gente comune e sino ad oggi sofferente di lasciare la propria con l’impronta digitale nella rifondazione della propria terra. Mettendo così, tra l’altro, riparo a quella ondata di protesta, finanche esagerata, per lo più fine a se stessa, più generativa di danni che di soluzioni.
La Calabria ha intelligenze, risorse e strumenti per farcela. È indispensabile saperli mettere insieme.
*docente Unical«Atto di responsabilità per il bene del Paese»
di Enrico Caterini*
Gli italiani sono in attesa di un Governo ovvero, alternativamente, delle elezioni. Le inadeguatezze della politica ad affrontare la crisi sono emerse tutte nel corso delle consultazioni, che hanno indispettivo persino il presidente Mattarella, noto per il suo aplomb istituzionale. Era «nero», infatti, nel fare le sue dichiarazioni, e non perché eccessivamente abbronzatosi alla Maddalena. La conseguenza è che il Paese è osservato dalle istituzioni e dai mercati internazionali.
In attesa del secondo termine assegnato, che scadrà martedì 27 agosto, occorre un atto di grande responsabilità, sia da parte del centrodestra che del centrosinistra, quasi una prova di patriottismo politico. Entrambi dovranno impegnarsi per superare quei particolarismi che hanno prodotto divisioni e laceranti contrapposizioni. Ciò dovrebbe consentire a Mattarella e, successivamente, al Parlamento di varare un Governo di legislatura, capace di affrontare questioni improcrastinabili come il debito pubblico, l’aumento dell’Iva, i rapporti con l’Unione Europea, il regionalismo differenziato e l’unità del Paese, il contrasto alle povertà, il diritto al lavoro, il cuneo fiscale, il Mezzogiorno, le migrazioni attive e passive.
Per pervenire ad un siffatto risultato occorre compattare gli schieramenti secondo una comunanza di obiettivi e di prospettive, di ciò di cui ha veramente bisogno il Paese. Non solo. Necessita individuare una figura non di stile bensì che si renda garante del futuro da assicurare attraverso una compattezza conseguita dalla matura condivisione degli obiettivi e dei metodi/percorsi indispensabili per raggiungerli. A tal fine necessitano ministri di alto profilo, forti dei loro curricula professionali e delle loro esperienze, così come allo stesso modo dovrà farsi nell’individuare prestissimo il Commissario UE – che la presidente Ursula von der Leyen ha atteso fin troppo pazientemente – dal quale dipenderà non poco il successo del Paese.
Ciò che preoccupa, sul piano dei contenuti programmatici che si leggono in giro e dunque su quello politico, è la non centralità del Mezzogiorno e la liquidazione che si fa del regionalismo differenziato, che si promette di volerlo attuare soft ma senza precisarne le modalità. Questi sono due argomenti fondamentali per ricostruire il Paese, quanto ad unità sostanziale e a crescita economica, due punti nei confronti dei quali il Sud del Paese deve conquistare la leadership. Deve farlo in termini di investimenti e soggettività politico-istituzionale, nella consapevolezza che senza far divenire il Mezzogiorno platea dell’esigibilità dei diritto fondamentali non si arriverà da alcuna parte.
A ben vedere, un clima pesante ove a dominare sono le preoccupazioni dei risparmiatori dissanguati dallo spread, dei giovani senza speranze, degli imprenditori minacciati da difficoltà insormontabili e da una economia che non gira, delle famiglie che corrono il rischio di vedersi incrementare la spesa con l’aumento dell’Iva tanto da renderla quasi impraticabile.
Tutto questo assume una ricaduta particolarmente negativa sulla Calabria, il sud del Mezzogiorno, impegnata di qui a qualche mese nella elezione del Consiglio regionale e del Governatore. La prima ad essere chiamata alla prova delle urne e, in quanto tale, costituente la prova ufficiale, l’esordio alla latitudine regionale, della capacità della nuova politica – che formerà il prossimo Governo – affrontare e risolvere i problemi eterni e quelli sopravvenuti.
Dunque, un problema non di poco conto nel problema generale dal quale dipenderanno le sorti del Paese.
Qui, così come necessario nella formazione della compagine governativa, si dovrà – approfittando però della grande imminente chance, ovverosia la molto prossima competizione elettorale che darà modo ai calabresi di decidere il loro destino – scegliere non solo il meglio bensì chi ha capacità di rifare, da capo, la Calabria.
Grande attenzione, dunque, da parte della neocoalizione che assumerà verosimilmente le sorti del Paese ad estendere il suo impegno di rinnovamento alla nostra regione, proponendo quanto necessario, sia in termini di conduzione politica che di programma innovativo di realizzare.
Uno sforzo da condividere con quel civismo che in Calabria sta montando a vista d’occhio, non già per improvvisa voglia della società civile di cimentarsi nell’agone della politica ma per l’esigenza della gente comune e sino ad oggi sofferente di lasciare la propria con l’impronta digitale nella rifondazione della propria terra. Mettendo così, tra l’altro, riparo a quella ondata di protesta, finanche esagerata, per lo più fine a se stessa, più generativa di danni che di soluzioni.
La Calabria ha intelligenze, risorse e strumenti per farcela. È indispensabile saperli mettere insieme.

*docente Unical

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