di Pietro Bellantoni
LAMEZIA TERME I politici calabresi rimarranno in ferie almeno per un’altra settimana. Del resto, prima della nuova seduta del consiglio regionale, in programma per l’11 settembre, ci sarà davvero poco da fare. Ma sotto gli ombrelloni di settembre, dalle comode tenute di montagna, tutta la classe dirigente regionale avrà occhi e orecchie puntati a Roma, dove si decidono i destini politici del Paese e, a cascata, le dinamiche elettorali nelle varie regioni.
D-DAY Il D-day è domani, quando gli iscritti alla piattaforma Rousseau voteranno (dalle 9 alle 18) il quesito ideato dai vertici grillini: «Sei d’accordo che il Movimento 5 Stelle faccia partire un governo, insieme al Partito democratico, presieduto da Giuseppe Conte?».
Dall’esito della consultazione online – secondo quanto avrebbe affermato lo stesso Luigi Di Maio durante il vertice di stamattina a Palazzo Chigi con i big pentastellati – dipenderanno le sorti dell’esecutivo che Giuseppe Conte sta cercando di mettere insieme per sciogliere la riserva davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sempre per domani è infine prevista la Direzione nazionale del Pd. Appuntamenti cruciali, da cui dipenderanno – con ogni probabilità – anche i futuri assetti dei partiti nelle varie regioni chiamate al voto, tra cui la Calabria.
TOTOMINISTRI In attesa dei responsi finali, impazza – come sempre in questi casi – il totoministri. Nell’eventuale governo giallorosso – o giallorosa – la presenza di calabresi sarebbe però davvero minima. Sembra infatti tramontata l’ipotesi di un Minniti reloaded al ministero dell’Interno. Gli sherpa di M5S e Pd avrebbero stilato una rosa di nomi di cui fanno parte l’attuale capo della polizia Franco Gabrielli, l’ex prefetto di Milano Luciana Lamorgese e l’ex responsabile dell’Anac Raffaele Cantone.
Continuano invece a salire le quotazioni del grillino Nicola Morra, che lascerebbe la presidenza dell’Antimafia per diventare ministro dell’Istruzione.
L’ACCORDO E LE REGIONI Il via libera al “bisConte” – con il premier incaricato che potrebbe presentarsi al Colle già mercoledì, per poi ottenere la prima fiducia alla Camera entro la fine della settimana – determinerebbe effetti di rilievo anche nelle realtà locali. Non è da escludere che, come auspicato dal segretario dem Zingaretti, l’accordo di governo contenga anche “clausole” o riferimenti circa possibili accordi elettorali tra Pd e Movimento anche in occasione delle prossime votazioni regionali.
In Calabria, tuttavia, le posizioni sono molto diversificate. E se esponenti di primo piano dei 5 stelle come la deputata Federica Dieni e l’europarlamentare Laura Ferrara hanno chiuso in modo netto alla possibilità di un’intesa, dall’altra parte l’ala renziana del Pd, capitanata dal senatore Ernesto Magorno, e quella franceschiniana spingono per la replica di un accordo elettorale anche al di sotto del Pollino.
Se una possibilità del genere dovesse infine concretizzarsi, cambierebbe in modo sostanziale gli attuali assetti politici. La ricandidatura del governatore uscente Mario Oliverio, lungo questa via, verrebbe definitivamente archiviata. M5S e Pd dovrebbero dunque cercare una sintesi programmatica ma anche trovare la quadra sul nome del candidato presidente.
La scelta, tuttavia, dovrebbe derivare dall’eventuale patto stretto a Roma. Perché, oltre alla Calabria, nei prossimi mesi torneranno al voto anche l’Emilia Romagna e l’Umbria. Di conseguenza, la decisione finale dipenderebbe dalla ripartizione tra i partiti di una coalizione che potrebbe comprendere anche Leu.
In Emilia il governatore in carica del Pd, Stefano Bonaccini – uno dei primi ad aprire all’ipotesi di un accordo con i pentastellati –, non avrà problemi a ottenere la ricandidatura. Il Movimento potrebbe perciò esercitare il diritto di prelazione sulle altre due regioni al voto. Si vedrà.
ALLA FINESTRA L’incertezza del momento spiega, almeno in parte, lo stallo in cui oggi si trova la politica calabrese e il prolungamento delle ferie d’agosto. A Palazzo Campanella la parola d’ordine è «attendere». I consiglieri regionali stanno alla finestra in attesa di capire come muoversi. Solo dopo la designazione ufficiale dei vari candidati alla presidenza – con tanto di valutazione preventiva circa le loro chance di vittoria – inizieranno il lavoro per la formazione delle liste elettorali e i relativi, quanto ormai abituali, cambi di casacca dei titolari di grossi pacchetti di voti.
IL FRONTE OLIVERIANO Anche il presidente della Regione Oliverio, dopo un agosto contrassegnato dalla guerra civile in casa dem e dai veti della segreteria nazionale nei suoi confronti, sembra aver optato per il low profile, allo scopo di capire il vento che tira.
Il governatore – che ha accusato una fetta del “suo” Pd di gettare «fango» e «infamie» contro di lui – allo stato attuale ha poche frecce nella sua faretra. La prima: le primarie istituzionali, che, nelle intenzioni del capo della Cittadella, a cose fatte dovrebbero consegnargli una sorta di legittimazione popolare per una seconda ricandidatura, a prescindere dal volere di Zingaretti e del Pd. È una sorta di mossa della disperazione, anche perché, al momento, nessun altro pretendente ha annunciato l’intenzione di partecipare alle (onerose) consultazioni regolamentate da una specifica legge regionale. E Oliverio alle primarie non può certo partecipare da solo.
L’altra arma, in verità più acuminata, è la facoltà di indire le elezioni regionali. Le norme stabiliscono che l’onere di fissare la data delle consultazioni spetti al presidente della giunta, che ha 60 giorni di tempo a partire dalla data di scadenza della legislatura (10 dicembre). Molti analisti e osservatori credono nella possibilità che Oliverio voglia usare questa arma per modulare il cronoprogramma elettorale in base alle sue personali esigenze politiche: o per convocare subito le elezioni, al fine di prendere in controtempo gli avversari, o per procrastinarle al massimo, in modo da stemperare i loro consensi. Si vedrà.
E IL CENTRODESTRA? In questo puzzle ancora incompleto va segnalato, poi, l’inevitabile riavvicinamento della Lega di Matteo Salvini agli ex alleati del centrodestra. L’intesa M5S-Pd rischia di relegare il Carroccio all’opposizione, e l’ex capo del Viminale ha già espresso la volontà di ripartire dalle prossime Regionali. Ma la Lega, da sola, non ha i numeri per conquistare la Calabria o la “rossa” Emilia. Bisogna riabbracciare Berlusconi e Meloni, rispolverare i vecchi legami.
Salvini e il commissario regionale Cristian Invernizzi dovranno quindi aprire una buona volta il dossier calabrese e decidere cosa fare: schierare un proprio uomo, dire sì alla candidatura – già ufficializzata – del forzista Mario Occhiuto, oppure assecondare la volontà di Fratelli d’Italia (Wanda Ferro)? Si vedrà. Per il momento le ferie continuano, aspettando Roma. (p.bellantoni@corrierecal.it)
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