di Roberto De Santo
Ritorna in auge la parola Sud. Nella bozza di programma del nascente governo giallorosso, messa online dal Movimento 5 Stelle, le misure destinate al Mezzogiorno compaiono al punto 16.
Seppur decisamente generiche, potrebbero costituire un approccio nuovo che le due principali forze che sostengono la nascita del Conte bis darebbero alle politiche indirizzate per lo sviluppo del Sud. In particolare, nel paper elaborato dal gruppo di lavoro misto costituito da tecnici del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico viene messo nero su bianco «un piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud» e, soprattutto, l’istituzione di «una banca pubblica per gli investimenti che aiuti le imprese in tutta Italia e che si dedichi a colmare il divario territoriale del nostro Paese».
Due misure, tra esse anche collegate – almeno secondo quanto recita lo stesso documento “Linee di indirizzo programmatico per la formazione del nuovo governo” – che, nelle intenzioni del premier in pectore Giuseppe Conte, dovrebbero divenire un punto fondante del programma dell’esecutivo.
E se sul piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud, citato dal documento, potrebbero confluire iniziative utili a dotare le regioni meridionali di infrastrutture materiali ed immateriali precondizione per metterle al passo dell’aree più ricche del Paese, resta più fumosa la decisione di istituire una “banca del Mezzogiorno”. Allo stato quest’ultimo proposito – per la verità già lanciato dai pentastellati nell’ultimo scorcio della tribolata storia del passato governo gialloverde (forse per controbilanciare la richiesta leghista dell’autonomia differenziata spinta) – infatti non si comprende in cosa potrebbe trasformarsi. Seguendo alla lettera quello che è accaduto qualche settimana addietro (fine luglio), quando il ministro Tria e il premier Conte nel corso dell’incontro a Palazzo Chigi con i sindacati parlarono della «banca del sud» o «banca del Mezzogiorno», questa struttura dovrebbe nascere «per erogare il credito alle imprese del Sud». Dunque uno strumento per facilitare l’accesso al credito per il sistema imprenditoriale locale e rompere le rigidità presenti nel meccanismo di finanziamento di iniziative proposte dalle aziende del Mezzogiorno e più volte denunciate da diversi studi economici di settore. Una finalità per la verità già alla base di un altro istituto nato proprio a questo scopo: la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale. Questa struttura, posseduta da Invitalia, l’agenzia controllata dal ministero dell’Economia per garantire l’attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa, è infatti nata su input del governo per facilitare l’accesso al credito delle imprese del sud Italia. Inoltre la Banca gestisce assieme ad altri enti l’operazione “Resto al Sud” che incentiva la nascita di nuove imprese messe in piedi da under 46 anni residenti nelle regioni del Mezzogiorno. La nascita di questo nuovo strumento contemplato nel progetto del nuovo governo, in questo senso suonerebbe come un duplicato, a meno che questa “Banca del sud” in versione giallorossa non assorba o affianchi quella già in essere. L’altra opzione, ma siamo in sempre nel campo delle congetture mancando una definizione più esatta dei contenuti dell’iniziativa, sarebbe quella di facilitare gli investimenti pubblici diretti al Sud. Una sorta dunque di Agenzia degli investimenti. Da qui la fumosità dell’iniziativa.
Mentre, come dicevamo, il piano degli investimenti diretti al Sud – se intesi nella giusta dizione del termine – sarebbero quelli che il Mezzogiorno e la Calabria in particolare rivendicano da tempo. Soldi per completare opere da tempo in cantiere o per far partire quelle progettate o da progettare.
Ma anche su questo fronte resta da chiarire il capitolo risorse. Si tratterà di soldi freschi stanziati ad hoc dal governo per rilanciare il Sud – è qui sorge il dubbio su dove recuperare quattrini viste le voragini nei conti pubblici – oppure di una rimodulazione di risorse – magari provenienti da fondi europei – già destinate alle regioni meridionali, ma mai realmente impegnate? Nel primo caso, sarebbe un’ottima notizia. Visto che da tempo il governo centrale non prevede fondi specifici – provenienti cioè da voci di bilancio proprio – per le regioni meridionali. Nel secondo caso, invece, seppur positiva la notizia suonerebbe come una sorta “ritinteggiatura” a scopo promozionale.
In entrambi i casi, però, c’è la certezza che nel programma del nuovo esecutivo la parola Mezzogiorno ricompare. (r.desanto@corrierecal.it)
x
x