COSENZA Nove persone agli arresti domiciliari (di cui 6 agli con braccialetto elettronico), 4 professionisti interdetti e il sequestro preventivo di oltre 175mila euro. È il bilancio dell’operazione “Ricettopoli” eseguita nella mattinata dai carabinieri del Comando provinciale e del Nas di Cosenza, che hanno eseguito le tredici misure cautelari emesse dal Gip nei confronti di altrettante persone ritenuti responsabili, a vario titolo, di prescrizioni abusive in concorso, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti in concorso, truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in concorso.
L’inchiesta «ha permesso di scardinare – scrivono i carabinieri – un articolato sistema attraverso il quale alcuni tossicodipendenti, con la compiacenza di un medico di base con studio a Cosenza, riuscivano a rifornirsi, presso alcune farmacie, di un medicinale contenente “ossicodone”, successivamente spacciato sul mercato illegale quale valido sostituto dell’eroina» (qui le dichiarazioni del procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo).
L’ORIGINE DELL’INCHIESTA L’indagine della Sezione operativa della Compagnia di Cosenza e dal Nas, coordinata dal procuratore di Cosenza Mario Spagnuolo e dal sostituto Margherita Saccà, scaturisce da una segnalazione inviata dalla Asp bruzia ai carabinieri in merito a un esponenziale incremento delle prescrizioni di un farmaco oppioide a base di ossicodone, utilizzato per le cure palliative e del dolore severo in patologie neoplastiche o degenerative, contemplato nella Tabella D allegato III bis del D.P.R. 309/90, in quanto caratterizzato da una molecola del tutto simile a quella dell’eroina, per cui in grado di innescare forme di dipendenza analoghe a quelle delle droghe pesanti.
Il medico, titolare dei ricettari utilizzati per le prescrizioni di medicinali a favore degli altri indagati, per giustificare il suo comportamento ai responsabili dei competenti Uffici di medicina di base, aveva riferito di essere stato vittima del furto di 10 ricettari, precisando che avrebbe poi formalizzato la denuncia in ordine a quanto accaduto. Tuttavia, da accurate verifiche, non risultava essere stata effettivamente presentata alcuna denuncia da parte del sanitario. Le successive indagini hanno fatto emergere che era invece «un mero e maldestro tentativo di occultare la propria condotta illecita, nel frattempo perpetrata, senza soluzione di continuità, anche nei successivi anni».
Gli accertamenti hanno abbracciato un arco temporale particolarmente ampio, focalizzando l’attenzione sulle prescrizioni emesse dal medico a partire dal 2015. E fin da subito il farmaco dagli effetti stupefacenti è divenuto il motore dell’indagine che ha fatto poi emergere l’esistenza, sul territorio cosentino, di un mercato di smercio di sostanza stupefacente apparentemente legale, ma parallelo a quello clandestino dello spaccio di eroina.
Il medico di base in questione, dietro richiesta di alcuni pazienti, si sarebbe reso disponibile a prescrivere innumerevoli ricette del farmaco a base stupefacente, pur in assenza di patologie sofferte dai destinatari, i quali potevano così ottenere illecitamente confezioni in quantità spropositate ed incompatibili anche con l’uso raccomandato dall’Aifa per singolo paziente, come confermato in una perizia redatta da un consulente tecnico del pm. Nel corso delle attività investigative, i carabinieri hanno potuto rilevare, in un arco temporale tra il 2015 e il 2019, ben 2.360 illecite prescrizioni, per un totale di 4.720 confezioni del farmaco in questione contenenti, ciascuna, 28 compresse con un dosaggio compreso tra 20 e 80 mg.
«TANTO PAGA LO STATO!» Una condotta, quella del medico, caratterizzata secondo gli inquirenti «da una chiara consapevolezza dell’illiceità del proprio agire, come emerso nettamente da alcune conversazioni con i pazienti indagati, riportati nell’ordinanza del Gip, in cui lo stesso asserisce “Tu non hai titolo a prendere (ndr segue la denominazione del farmaco)”, o ancora, in un altro incontro, “Ma ti rendi conto che sono anni, che fate ste cose…?.. Anni…!!.. No giorni…!!”».
Cosciente delle conseguenze nefaste potenzialmente derivanti dall’assunzione incontrollata del farmaco, il medico sarebbe apparso anche incurante dello stato di salute riferito da alcuni assuntori. Infatti, in alcune intercettazioni captate, il professionista, preoccupato per l’abbassamento delle difese immunitarie di uno dei pazienti, spiega allo stesso come a causare il disturbo possa essere stato l’eccessivo consumo del farmaco, cedendo comunque alle continue richieste di prescrizione dello stesso prodotto. Una situazione apparsa agli inquirenti ancora più chiara quando il medico, nel ribattere ad uno dei pazienti, diceva: «Nooo che ti ammazzi solo con tutte queste medicine…». Un altro paziente, durante uno degli incontri registrati presso lo studio, a fronte delle preoccupazioni del medico circa le verifiche sull’esenzione dal ticket, risponde, noncurante: «Tanto paga lo Stato!».
LA TRUFFA AL SSN E IL RUOLO DEI FARMACISTI Le indagini hanno infatti quantificato una truffa in concorso ai danni del Servizio Sanitario Nazionale ad opera del medico di base, di tre farmacisti e degli intestatari delle ricette, consistente nel far ricadere i costi dei medicinali a carico del Ssn per un ammontare di 175.947,96 euro. «In particolare, dall’attività di monitoraggio svolta dai Carabinieri è stato possibile rilevare . Scrivono ancora gli inquirenti – come i farmacisti, nonostante le stringenti prescrizioni di legge in materia, avessero dispensato i predetti farmaci in quantità spropositate ed incompatibili con l’uso di un singolo paziente, poi presentando le ricette per il successivo rimborso. Gli stessi, in alcuni casi, venendo meno ai loro obblighi, hanno favorito la condotta illecita dei richiedenti, talvolta anche mediante la consegna dei farmaci incriminati presso il loro domicilio. Addirittura, come viene anche sottolineato nell’ordinanza del Gip, alcuni farmacisti, animati da interessi di natura economica, in più occasioni, invogliavano l’indagato ad ottenere ulteriori prescrizioni abusive, segnalando allo stesso la disponibilità presso la farmacia del medicamento contenente l’ossicodone». Particolarmente «significative, per non dire allarmanti», appaiono ai carabinieri le conversazioni in cui una farmacista offre ulteriori confezioni di farmaco ad uno degli indagati, rispetto a quello che lo stesso aveva richiesto ed in relazione alle quali aveva riferito di essere in possesso delle necessarie prescrizioni, «così, di fatto, invogliandolo a procurarsi, per il tramite del suo canale di fiducia, ulteriori prescrizioni aventi ad oggetto farmaci stupefacenti». Analoghe condotte sarebbero state riscontrate anche a carico di altri farmacisti destinatari di interdittiva, i quali, in assenza di alcun controllo e in violazione della normativa che disciplina l’erogazione di farmaci così delicati, avrebbero «consegnato a domicilio il predetto farmaco ad uno degli indagati, anche se quest’ultimo non fosse l’intestatario della ricetta». Un comportamento giudicato «alla stregua di un qualsiasi commerciante su cui, a differenza del farmacista, sicuramente non gravavo gli obblighi professionali di controllo e, in ultimo, di rifiuto di consegnare il farmaco illecitamente richiesto».
LA CESSIONE A TERZI E LE RICETTE FALSIFICATE Dal monitoraggio degli indagati è infine emerso che il farmaco, ottenuto a seguito della presentazione delle prescrizioni presso le farmacie di Cosenza, sarebbe stato in parte impiegato per uso personale e in parte ceduto a terze persone dietro pagamento di un corrispettivo come documentato nel corso di mirati servizi culminati nel sequestro complessivo di 419 compresse. «Particolarmente significativo» il quantitativo rinvenuto nel corso di una perquisizione domiciliare avvenuta il 6 marzo 2019, presso l’abitazione di uno degli indagati, in cui i carabinieri rinvenivano 279 compresse a base di ossicodone di 80 mg e diverse ricette aventi ad oggetto le prescrizioni di tale farmaco, numero sicuramente sproporzionato per la cura di un singola persona.
Un altro aspetto che viene imputato agli indagati è quello relativo all’ulteriore falsificazione materiale delle ricette ricevute dal medico. Infatti, è emerso che gli indagati erano soliti farsi prescrivere il farmaco avente un dosaggio da 20 mg ed, alcune volte, da 40 mg. Una volta ottenuta la ricetta, al fine di ottenere un farmaco con un principio attivo più elevato, modificavano manualmente il numero “20” in “80”. Da quanto documentato, ai carabinieri non risulta che il medico fosse pienamente consapevole della successiva condotta di falsificazione materiale tenuta dagli indagati, anche se «dal contenuto delle conversazioni captate è emerso come lo stesso avesse avuto il sospetto di una siffatta evenienza ma che, ciononostante, avesse ugualmente perseverato nella propria condotta».
Contestualmente all’esecuzione delle 13 misure cautelari i carabinieri hanno proceduto anche alla perquisizione domiciliare nei confronti dei 4 titolari delle altre farmacie coinvolte, con contestuale notifica di informazioni di garanzia in ordine al reato di truffa ai danni del Ssn per un ammontare complessivo di 130.699,46 euro, in relazione all’ abusiva erogazione di ulteriori 2.258 confezioni del medesimo farmaco. Le indagini dei carabinieri e della Procura di Cosenza intanto vanno avanti «per accertare l’eventuale coinvolgimento di altri soggetti facenti parte del circuito criminale in argomento nonché per individuare, attraverso ulteriori approfondimenti, eventuali condotte illecite da parte di altre farmacie insistenti in questa provincia».
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