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Regionali: bagarre sul voto, ma Oliverio non svela la data

Dibattito infuocato in Consiglio. Il governatore perde la maggioranza ed è costretto a ritirare il provvedimento che stanziava fondi per elezioni e primarie. Bocciatura anche sul Corap in crisi

Pubblicato il: 11/09/2019 – 18:05
Regionali: bagarre sul voto, ma Oliverio non svela la data

di Pietro Bellantoni
REGGIO CALABRIA
Incertezza quasi assoluta. A poco più di due mesi dalla fine della legislatura, i calabresi non sanno ancora quando potranno tornare alle urne (qui vi abbiamo parlato dell’ipotesi del voto a dicembre). Oliverio, malgrado il pressing serrato di maggioranza e opposizione, in consiglio regionale si affida a una indicazione che più vaga non si può: «Assumo l’impegno a far tornare la regione al voto il prima possibile, nella forchetta tra il 24 novembre e il 26 gennaio». Situazione kafkiana, secondo Guccione: «Ancora non capiamo i motivi di questo mistero».
CONFUSIONE In questa confusione istituzionale, c’è però una certezza: Oliverio non può più contare su una maggioranza. Il suo centrosinistra non esiste più. Il governatore è stato infatti costretto, dopo più di tre ore di dibattito, a ritirare la proposta di legge che avrebbe introdotto una variazione di 7 milioni di euro al bilancio 2019-2021 per la copertura delle eventuali elezioni regionali e delle primarie istituzionali entro la fine dell’anno.
Il provvedimento era forse un tentativo per anticipare i tempi già previsti per le consultazioni (gennaio-febbraio 2020) e prendere in controtempo gli avversari (il centrodestra) e i “nemici” interni del Pd, favorevoli all’accordo con il Movimento 5 Stelle.
Ma in Aula l’ampio fronte antigovernativo avanza anche un’altra ipotesi: che la legge di copertura sia anche un modo per “camuffare” le primarie e i loro costi, tuttora non specificati. Soprattutto i frondisti del Pd, Guccione in testa, si dicono totalmente contrari alle consultazioni istituzionali istituite da una legge regionale.
I dem, mai come oggi, sembrano allo sbando. Ognuno per conto suo – chi con Oliverio, chi contro, chi ancora incerto – anche per via dell’assenza del capogruppo, non ancora nominato malgrado la casella sia vacante dall’arresto di Sebi Romeo, avvenuto a inizio agosto.
La sintesi più efficace la dà Mimmo Tallini (Fi), quasi in coda alla seduta: «Vogliono buttare a mare Oliverio e chiedono tempo per fare l’accordo con i 5 stelle». «Tallini – replica piccato Guccione – si agita perché ha paura delle conseguenze dell’accordo di governo». È una seduta drammatica, anche per via del provvedimento che riguarda il Corap, il consorzio industriale regionale, per il quale la giunta aveva previsto la liquidazione amministrativa coatta. Ma l’inserimento all’ordine del giorno del testo, anche questo presentato da Oliverio, è stato infine bocciato.
LE PRECISAZIONI DI OLIVERIO Prima del ritiro delle legge sulle elezioni, Oliverio si era limitato a chiarire che il provvedimento non è il frutto di una «decisione politica». La variazione è, semplicemente, «un atto dovuto». Anche perché «non ho ancora deciso nulla», e la fissazione del voto «non dipende da questo provvedimento».
LA BAGARRE Il dibattito si accende. Tallini sostiene la tesi di una «resa di conti interna al Pd» e invoca il voto «alla prima data utile, il 24 novembre». Altrimenti, da quella data in poi, «non ci sarà più alcuna collaborazione con la maggioranza». Giovanni Arruzzolo, per conto di Ncd, dice no alla variazione.
È sempre Guccione ad aprire le ostilità vere e proprie: «Basta dietrologie, le elezioni si faranno comunque, ma oggi il presidente impedisce di conoscere la data delle elezioni. Prima si vota e meglio è. Oliverio sta perdendo tempo». L’ex assessore accusa il governatore di aver messo in atto «furbizie» perché «non ha detto che con i 7 milioni previsti si devono finanziare anche le primarie. Ci dica quanto costano». Poi la richiesta del ritiro della legge in modo da modificarla e riportarla in aula dopo aver abrogato le primarie. «Così evitiamo che siano i calabresi a pagarle».
Giuseppe Aieta (Pd) usa l’ironia: «Sembra che Oliverio sia l’unico a non volere elezioni subito. Questo è un atto dovuto ma anche di chiarezza. Una classe dirigente seria e matura deve avere il garbo di votare con le altre regioni chiamate al voto».
Fausto Orsomarso (Misto) spiega che il voto di astensione espresso in commissione Bilancio scaturisce «non da un’avversione nel merito, ma sulle modalità e dalla necessità di conoscere la data certa di indizione delle elezioni».
Giuseppe Giordano, consigliere pd da poche ore, si dice contrario alle primarie e parla di «clima surreale» e giudica strano il fatto che i fondi per le elezioni non siano stati stanziati al momento della stesura del bilancio. «Oliverio – incalza – ha la possibilità di indicare la data del voto oggi. Mi auguro che indichi il 24 novembre e che si voti prima possibile. C’è una situazione politica balcanizzata».
Orlandino Greco (“Oliverio presidente”) chiede che vengano messi da parte «tatticismi e strategie e che si voti prima possibile».
Contrario anche l’esponente di Articolo uno Arturo Bova: «Non si comprende perchè si sia arrivati alla copertura solo ora»
Per Gianluca Gallo (Cdl) la seduta del Consiglio è un «redde rationem». Il provvedimento «è un atto dovuto ma non si può andare oltre il 24 novembre. Perché non è più possibile procrastinare la data».
Contrari anche i Moderati di Antonio Scalzo, mentre il capogruppo di Fi Claudio Parente annuncia voto favorevole, ma sottolinea la necessità che le primarie «non vengano pagate dai cittadini». «La bocciatura dei provvedimenti presentati dal presidente della giunta – chiosa Baldo Esposito –, è un chiaro segnale politico. Dimostra il fallimento del centrosinistra e i limiti di Oliverio».
LA REPLICA DI OLIVERIO Il presidente, nella sua replica, entra nel merito delle primarie e ricorda «che esiste una legge del 2009 che le istituisce. C’è qualcuno che può impedirle? È strano che forze politiche democratiche identifichino le primarie, e finanche le elezioni, come sprechi».
IL CASO CORAP Anche il caso Corap infiamma il dibattito. Il testo della giunta prevedeva la liquidazione amministrativa coatta. «Uno strumento – chiarisce Oliverio – cui far ricorso per tutelare patrimonio e lavoratori del Corap».
Il governatore ribadisce che «non c’è un minuto da perdere» e fa appello al «senso di responsabilità» dell’Aula.
«C’è il rischio che il Corap vada in default – aggiunge ancora – non per la gestione degli ultimi quattro anni, ma perché c’è stata la ricognizione dei fallimenti accumulati nel corso di una allegra e spregiudicata gestione delle Asi. Ora il rischio è di non avere tutele. Con questa legge si governa il processo di liquidazione e non lo si subisce».
Contrari, ancora una volta, Guccione e Giordano, con quest’ultimo che sottolinea il «fallimento politico» del Corap: «La liquidazione è un salto nel vuoto». Realista Gallo: «Chiediamo un approfondimento e che ci siano misure di salvaguardia per i lavoratori, perché, in caso di liquidazione, il rischio è alto».
Giuseppe Pedà (Cdl) si dichiara «favorevole alla salvaguardia del Corap e delle maestranze e disponibile a tutte le modifiche utili anche alla salvaguardia delle competenze interne».
Anche Michele Mirabello (Pd) prova a spiegare la natura del provvedimento: «Non è in discussione l’istituto del Corap, ma uno stato di crisi che è oggettivo, con la possibilità di poter estendere anche al Corap le norme fallimentari, dando la possibilità alla giunta di utilizzare una forma di gestione semplificata».
Niente da fare: la legge non passa. E ora anche in Calabria si apre la crisi di governo. (p.bellantoni@corrierecal.it)

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