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CRISALIDE 3 | Il ragazzino che piazzava le bombe

Spacciava, costruiva gli ordigni esplosivi (che poi aiutava a piazzare) e spacciava per conto della cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri. Come “cresce” un minore all’interno di un clan

Pubblicato il: 13/09/2019 – 19:16
CRISALIDE 3 | Il ragazzino che piazzava le bombe

di Alessia Truzzolillo
LAMEZIA TERME Un primo ordigno lo avevano usato per commettere un’intimidazione al locale “Bar del vino”, la notte tra il 29 e il 30 marzo 2017. Lo scopo era quello di intimidire il gestore, Giuseppe Costanzo (indagato, detenuto per altra causa, ma non attinto da misura cautelare in Crisalide3, ndr) col quale vi erano screzi per questioni di droga. Il secondo lo avevano fatto deflagrare in un terreno isolato per verificarne l’efficacia. Il terzo era esploso danneggiando fortemente il panificio “il Fornaio”. L’attività “il Fornaio” è riuscita a risorgere – è il caso di dirlo – dalle proprie ceneri. Per i bombaroli si sono invece aperte (nelle diverse fasi dell’indagine Crisalide) le porte del carcere. E pensare che non avevano tentennato a farsi aiutare da un minorenne per costruire gli esplosivi artigianali. La polvere da sparo era stata ricavata da alcuni giochi pirotecnici acquistati a Zumpano, in provincia di Cosenza, da Antonio Miceli, Antonio Saladino, Francesco Gigliotti. Insieme a loro c’era anche un ragazzino che era ben consapevole della destinazione di quei giochi pirotecnici. Anche perché è lui che a marzo 2017 si reca con D’Agostino al “Bar del vino” a piazzare l’ordigno. I carabinieri – come risulta dall’ordinanza firmata dal gip Francesca Pizii – hanno infatti annotato che il minore aveva fornito, insieme a Salvatore D’Agostino, alcune micce per completare l’opera. Il ragazzo appare molto legato alla compagnia di Miceli e D’Agostino. Non forniva solo micce e piazzava bombe ma immetteva anche marijuana e cocaina sul mercato dello spaccio al dettaglio. I singoli episodi che i militari registrano sono numerosi. Con la terza operazione Crisalide si fa ulteriore luce su quegli aspetti che nelle precedenti indagini erano ancora da appurare. La cosca Cerra-Torcasio-Gualtieri, come ha sottolineato il maggiore Pontassuglia, comandante del Nucleo investigativo del Gruppo carabinieri di Lamezia Terme, è stato spogliato dell’ultima fascia di accoliti. Non sono stati sequestrati beni. Anche perché già a ottobre 2018, la Guardia di Finanza di Lamezia Terme, con l’operazione Alesia, coordinata dalla Dda di Catanzaro, aveva aggredito il patrimonio di 13 affiliati alla consorteria “Cerra-Torcasio-Gualtieri” (Nino Cerra, Teresina Cerra, Angelina Torcasio, Pasquale Torcasio, Antonia Gualtieri, Giovanni Torcasio, Vincenzo Torcasio, Pasquale Carnovale, Antonio Gualtieri, Antonio Miceli, Teresa Torcasio, Pasquale Cerra, Luca Cerra), capeggiata dal boss storico Nino Cerra, 70 anni (detenuto in regime di 41 bis), e da sua sorella Teresina, 79 anni.
 
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