Aprile 2006, l’allora Asl n. 9 di Locri. Aprile 2008, la già Asl di Reggio Calabria. dicembre 2010, tocca a quella di Vibo Valentia. Nel 2019, sciolte per infiltrazione mafiosa l’Asp di Reggio Calabria (marzo) e, successivamente, quella di Catanzaro (settembre).
Dunque, il 40% del sistema sanitario territoriale calabrese è occupato dalla ‘ndrangheta.
Relativamente alle ultime due, è quanto sancito dagli altrettanti governi, giallo-verde e giallo-rosso, in termini di conclamata infiltrazione delinquenziale nelle aziende salutari della Calabria. Insomma, è scontato che la ‘ndrangheta influisce sensibilmente da tempo sul Servizio sanitario regionale, sino ad arrivare a dire la sua su appalti e assunzioni.
Questo è il dato.
A questo punto sarebbe interessante capire cosa accade nelle altre Asp e nelle Ao/Aou, atteso che il sistema salute calabrese è ingombrato dai debiti – tanto da pagare ancora un rateo di mutuo trentennale di € 30.740.425 solo per quelli risalenti al 2008 – e verosimilmente condizionato dalla corruzione.
Questa è la preoccupazione.
I PERCHÉ
Altra cosa è l’individuazione delle cause che portano la Calabria ad essere detentrice del peggio. Dei record del dissesto e del predissesto. Del primato dei Comuni commissariati per mafia. Del migliore risultato nazionale di aziende della salute infiltrate dalla ‘ndrangheta e, pertanto, doverosamente sciolte.
Il primo rilievo da fare in proposito è riferito alla reiterazione degli eventi negativi che la vedono da decenni protagonista. Ci sono, infatti, Comuni che hanno subito fino a tre scioglimenti per infiltrazioni «mafiose» e Aziende sanitarie ritenute al soldo della ‘ndrangheta che hanno subito la stessa sorte, cinque in dodici anni, due in quello corrente.
IL PROBLEMA È POLITICO-ISTITUZIONALE
Al di là delle responsabilità che ricadono sui singoli, nei confronti dei quali andrebbero indirizzate le relative azioni di colpa per non avere vigilato, per avere malgestito e per non avere controllato, il problema è di carattere politico.
Ciò nel senso che è dal 2001 che le diverse composizioni del Parlamento e dei Governi che si sono succeduti non sono stati capaci di individuare una legislazione che fosse realmente efficiente ed efficace nell’ipotesi di indispensabile commissariamento degli enti “malati”. Sia di quelli sciolti per infiltrazione per mafia che per incapacità ad esercitare i loro compiti istituzionali, così come avviene nelle Regioni con la Sanità commissariata, in alcune da oltre un decennio.
A fin della «licenza» non si risana nulla, si lasciano gli enti in condizioni di inefficienza assoluta, spesso peggio di prima!
L’INADEGUATEZZA DELLE ATTUALI MISURE
La domanda che si pone il cittadino comune, soprattutto quello calabrese (ma anche campano e non solo), è quella di capire cosa abbiano prodotto ivi i Governi, attraverso i suoi commissari fiduciari. Cosa hanno fatto i medesimi per far sì che ciò che si rileva oggi non accadesse ovvero quantomeno che il tutto fosse rilevato tempestivamente.
Al riguardo, viene spontanea la domanda su cosa abbiano fatto i numerosi commissari ad acta per evidenziare e debellare la malformazioni gestionali, avendone tutti, quantomeno sulla carta, titoli – anche militari – così importanti da determinarne la nomina.
Un risultato, questo, che dimostra di quanto poco servano «i generali» nella lotta contro la corruzione e la delinquenza organizzata e quanto invece sia importante il ruolo della politica, di quella autenticamente buona.
E ancora.
Cosa hanno fatto di utile gli organismi preposti alla verifica e all’assistenza alle politiche regionali salutari, molti dei quali dovrebbero essere estinti per mancanza assoluta di utilità, se non quella di consentire l’esistenza di ricche poltrone.
Cosa hanno fatto gli advisor e i revisori preposti ai controlli, i primi super pagati con milioni di euro annui per non fare nulla e per non accorgersi di alcunché.
E, infine ma prioritariamente, cosa abbia fatto la politica regionale, impoverita in termini di efficienza da delegati senza titolo, che ha forse girato la testa dall’altra parte, impegnata com’era a nominare le relative governance
La risposta è semplice: il quasi nulla. A costi plurimilionari, funzionali a impoverire sempre di più le tasche dei calabresi.
DUNQUE, MENO GENERALI, NUOVE REGOLE E UNA POLITICA CHE SAPPIA ESSERE TALE
Una siffatta considerazione impone al Governo una seria riflessione e, soprattutto, comporta l’impegno a rivedere le norme, ove mai intervenendo finalmente a tutela di ciò che la Costituzione impone.
Il nuovo ministro, si spera, ci riuscirà magari ricorrendo ad un commissariamento di protezione civile perché, allorquando la PA è imprigionata dalla ‘ndrangheta, trattasi di calamità.
*docente Unical
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