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«Urgente ripensare la sanità pubblica»

di Francesco Esposito*

Pubblicato il: 14/09/2019 – 18:59
«Urgente ripensare la sanità pubblica»

A quarant’anni dall’istituzione del Ssn è urgente, “ripensare” la sanità pubblica e rifondare il sindacalismo medico all’insegna dell’unità, ma anche dell’autonomia politica dai partiti.
La “mission”.
La mutata domanda di salute impone un nuovo progetto in grado di ripensare l’ospedalità, le Cure Primarie (e pediatriche), la specialistica ambulatoriale, il sistema di emergenza-urgenza e la continuità dell’assistenza. Rimodulare l’offerta di prestazione per gli assistiti e l’organizzazione per i professionisti, mettendo al centro dell’Agenda politica del Governo, i cittadini e i medici.
Lo strumento di questa radicale trasformazione è normativamente la definizione del contratto unico dei medici del SSN, categoria ora scissa tra dirigenza e convenzionata, tra garantiti, sempre più impoveriti, e precari, tra giovani e meno giovani.
Sono urgenti interventi per porre uno stop alla giungla causata dal regionalismo, che mette in discussione non solo i diritti dei cittadini, non garantiti adeguatamente ed equamente in tutto il Paese, ma anche le condizioni di lavoro dei camici bianchi.
È strategico il potenziamento del territorio: ruolo e accesso unico, tempo pieno, h24. Ripensare l’ospedalità e mettere in rete le Cure Primarie (e pediatriche), la specialistica ambulatoriale, il sistema di emergenza-urgenza (con passaggio a dipendenza) e la continuità dell’assistenza. Quindi, stabilizzare il precariato e avviare una riforma radicale dell’accesso e della formazione con una adeguata programmazione del fabbisogno. Inoltre, prevedere risorse adeguate, partendo da assunzioni e dal finanziamento del territorio, perché la sanità non è una voce di spesa, ma un investimento per il futuro del Paese.
Infine, una legge urgente per la messa in sicurezza effettiva dei medici.
Gli scenari
Esaurimento della spinta propulsiva della riforma sanitaria e analisi di contesto
La legge 833 ha ereditato da un lato la rete ospedaliera figlia della L. Mariotti (132/1968), già organizzata per enti ospedalieri zonali, provinciali e regionali; dall’altro ha ‘esternalizzato’ la gestione del territorio affidandola a medici convenzionati, per troppo tempo considerati estranei al sistema. Il contesto al tempo della riforma in qualche misura richiedeva nel territorio un approccio di medicina cosiddetta d’’attesa’, stante il dato epidemiologico e demografico. Oggi la presa in carico del paziente cronico, che assorbe la maggior parte delle risorse sanitarie, richiede un  approccio multiprofessionale (mmg, specialista/i, infermiere, figure sociosanitarie, ecc.) e un impegno quotidiano che avvicinano sempre di più il medico di famiglia e l’area convenzionata a un rapporto più organico con il SSN (medicina di prossimità), di governo dei processi assistenziali in un contesto tecnologico profondamente mutato, che modifica anche gli aspetti professionali e relazionali.
Contratto unico e  quarta riforma, la grande riforma
Il contratto unico consente di riparametrare il lavoro professionale all’interno di una unica cornice normativa, all’interno della quale si possono declinare le diverse professionalità in rapporto all’impegno specifico.
La soluzione non  è necessariamente il contratto della dirigenza/dipendenza. Può essere un contratto ad hoc per i medici che sia un mix di impegno orario, di presa in carico dei pazienti, di risultati assistenziali.
Precariato
Il precariato cronico (stabilizzazione e inserimento di tutti i precari nei corsi formativi): malattia che attraverso da sempre il pubblico impiego e che è devastante in sanità. Le manovre di bilancio bloccano i concorsi per anni, in gran parte delle regioni i piani di rientro hanno esasperato ancor più il problema delle assunzioni, ci sono medici assunti dopo ben 15 anni di precariato in forza di normative speciali. Il precariato nell’area convenzionata, con i ritardi anche pluriennali nella pubblicazione delle zone carenti e gli incarichi tempo determinato nella guardia medica e nell’emergenza territoriale (118), dove non si fanno neanche i corsi di formazione, senza limiti e senza sanzioni per gli amministratori.
L’imbuto formativo frutto di una programmazione sbagliata ha creato oltre diecimila “precari” senza titolo specialistico, non perché non siano ‘bravi’(!), ma perché i posti di specialità non sono sufficienti. L’accesso alla facoltà seleziona in rapporto uno a dieci, quindi quelli più bravi, sono gli stessi che superano 40 esami per laurearsi e dopo laureati un esame di abilitazione per poi trovarsi con…un pugno di mosche. Costretti a un eterno precariato. Allora, meglio cambiare rotta e, da subito, i medici laureati in ospedale a formarsi nel territorio con percorsi paralleli ma efficaci. Il corso di formazione in medicina generale deve diventare specializzazione con pari dignità e deve uscire dalla gestione sindacale ordinistica.
Pervasività della politica
Il Ssn rimane un serbatoio di consenso elettorale ed è occupato manu militari dalla “malapolitica”: dalle assunzioni agli acquisti, ai lavori edili, all’esternazionalizzazione dei servizi.
E allora? Rigenerazione e trasparenza. Proponiamo una autorità nazionale per gli incarichi di direttore generale, selezione nazionale dei manager e estrazione a sorteggio degli incarichi con assunzione di responsabilità gestionali e nomina dei direttori sanitari e amministrativi, con compensi adeguati alle responsabilità.
Unità, autonomia, pluralità, protagonismo medico
La ripresa dell’unità dei medici e dei sindacati medici è un obiettivo irrinunciabile e propedeutico  a qualsiasi processo riformatore: la voce dei medici appare sempre più afona e subalterna rispetto ai ritardi della politica e ai profondi mutamenti sopra citati. Serve uno scatto d’orgoglio, la rivalutazione di un ruolo imprescindibile nei processi decisionali, sempre più burocratizzati, spesso distanti dalla valutazione dell’efficacia dei risultati clinici e dei processi assistenziali. Il SSN cura i cittadini: la cura, che giunge a conclusione di un percorso clinico diagnostico, è di pertinenza esclusiva dei medici. Altra cosa sono i percorsi assistenziali nei quali va oltre modo valorizzato l’apporto delle altre figure sanitarie. I medici e gli altri professionisti della sanità hanno funzioni diverse all’interno di un rapporto disciplinato dal potere della clinica, primum movens del prendersi cura.
Il futuro
In conclusione: “Liberi e forti”, consapevoli dell’urgenza di rilanciare il protagonismo medico, abbiamo intrapreso questa nuova avventura per essere come il “lievito” di un nuovo, unitario, e moderno modo di fare sindacato, per mettere in rete conoscenze e professionisti, per un dialogo a tutto campo e per un new Deal della sanità pubblica.
*Segretario generale Fismu

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