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«Le crocefissioni del nostro tempo»

di Maurizio Alfano*

Pubblicato il: 16/09/2019 – 12:41
«Le crocefissioni del nostro tempo»

È un viaggio nell’animo umano quello che ci attende. Andremo con esso indietro nel tempo, in questa ennesima ma necessaria migrazione fino a raggiungere Eraclio nell’atto di piegarsi in proscinesi mentre riconsegna la Croce alla Chiesa del Santo Sepolcro.
Questa volta navigheremo come migranti alla ricerca di un approdo inedito attraversando il significato spesso rimesso in discussione di alcune lettere e vocali come la C o la A che danno progenie a parole importanti. C come croce e cuore, A come amore ed afasia. C come la croce che ha visto un profugo, un migrante chiamato Cristo crocefisso appunto, e C come cuore immacolato di Maria. Non siamo più abituati, o peggio non troviamo più il tempo necessario per riflettere su alcune questioni che dovrebbero al contrario scuotere, sferzare le nostre coscienze e indurci a prendere parte. Può il cuore immacolato di Maria ricevere baci, orazioni, preghiere, suppliche da parte di chi, tutta quella progenie che nonostante i secoli trascorsi reclama ed invoca nelle piazze ancora altre crocifissioni, altri sacrifici, altri tributi di figli morenti in nome del potere? Può, mi chiedo, il cuore immacolato di Maria prostrato ai piedi di quella croce che rappresenta nella sua proiezione verticale l’ascesa al cielo, protendersi alla ricerca della comprensione e svelamento di quel corto circuito che ha crocefisso un uomo, suo figlio, nel nome della superiorità del potere e della diversità delle razze dimenticare? Può assolvere chi ha stigmatizzato quel suo unico figlio come sobillatore, pericoloso, proprio come nel nostro tempo vengono ridefiniti i migranti, i Rom, gli ultimi e per questo crocefissi? Non era quel suo unico figlio forse un migrante, un nomade, uno zingaro? La rappresentazione della crocefissione con le braccia aperte di quel profugo morente sono l’apertura verso l’altro, sono la forza mai morente di accogliere in un abbraccio seppur sofferente ogni uomo e donna, ogni fratello e sorella. Sono quella braccia aperte un’invocazione lasciata a futura memoria di tenere i cuori ed anche i porti aperti. Non ci si può vantare del contrario, e in questa direzione invocare consensi che purtroppo dentro una gigantesca dissonanza cognitiva arrivano, proliferano addirittura invocando respingimenti e disconoscimenti. È, quell’uomo crocefisso con il suo soffio gonfio di agonia morente mai domo, la spinta necessaria ad andare oltre ogni nostro dolore.
Può, il cuore immacolato di Maria, di quella donna, di quella madre perdonare, dimenticare? Non lo so, poiché penso alla donna, non alla sua santità. In questa direzione il quadro che più amo nel rappresentare la crocefissione del Cristo, non poteva che essere impresso su tela da un visionario, un surrealista come Dalì. Del resto, la stessa concezione del Creato, non è forse l’opera, la più maestosa eseguita da un visionario che ne affida poi la custodia nella sua magnificenza al genere umano? Tutto quello che siamo, conosciamo, le più grandi scoperte, le più straordinarie costruzioni non sono forse il frutto dell’amore di visionari spesso scherniti, vittime di pregiudizi proprio come i migranti, o come chi ama oltre le convenzioni dei recinti che hanno avuto invece il coraggio di credere oltre a ciò che semplicemente agli altri appariva? Sì È il loro mondo che abitiamo, e non dei falsi profeti o dell’amore apparente. L’amore è anch’esso visionario.
Ecco irrompere allora la sua importanza. L’importanza dell’amore che deve sconfiggere l’afasia del nostro tempo, dei nostri atteggiamenti, del nostro essere diventati prigionieri altrui mentre reclamiamo reclusioni per tutta quella parte di umanità che ha trovato la forza invece di spezzare le catene dell’oppressione e migrare per resistere ed esistere. Ecco irrompere la necessità ulteriore che ognuno di noi riconosca e fino in fondo l’amore di cui è portatore, della bellezza di cui è possessore e di poterne godere fino in fondo esso stesso e di contaminarne chiunque altro con esso o essa venga a contatto. Ecco cosa sono le migrazioni, opportunità di contaminazioni reciproche che possono restituirci quel noi ora diventato nel significato classico e non medico afasico. L’amore per se stessi, per gli altri, la sua esplosione e gli effetti dirompenti ci occorrono e soccorrono per non affogare nell’asfissiante razionalizzazione di ogni cosa. L’amore sfugge, l’amore resiste e ci inchioda alla richiesta di esistere e vivere senza se e se ma. È facile? No, quasi impossibile, si, ma grazie a quei visionari sappiamo che non è impossibile del tutto, anzi tutt’altro. L’amore spesso viaggia su scialuppe che attraversano mille traversie nei mari agitati delle nostre coscienze, ma combatte ogni battaglia, non si nasconde, e come Ettore verso Achille pare dire no, non nella schiena d’uno che fugge pianterai l’asta, ma dritto in petto, mentre infurio hai da spingerla. L’amore affronta ogni scoglio, si rialza dopo essersi perso nella rotta che seguono i migranti o come ognuno di noi che è alla ricerca dell’altra parte di se, poiché ognuno di noi ha necessità di approdare in un porto o nell’amore altrui. Saremmo altrimenti anime perse.
Per questo un gommone pieno di bambini è una benedizione di Dio, il volere di Allah, il piacere di Buddha e la gioia di Brahma. È un segno contro l’aridità del nostro tempo e delle nostre coscienze sempre più caduche che spesso si rassegano. Ecco, l’amore va oltre la croce. L’amore per un sorriso del cuore, per un lampo di luce seppur istantaneo di occhi verdi che ci fanno perdere in essi, val bene la pena di essere vissuto senza timore alcuno capace com’è di scatenare la voglia di compiere qualsiasi viaggio, qualsiasi migrazione ad esso necessaria. L’amore per un angolo di un sorriso è capace di farti svoltare oltre quell’angolo e indicarti la direzione della tua vita fino in capo al mondo proprio come un migrante. Ecco perché sì, professo e confesso la mia fede. Sono un visionario, imprigionato in una conoscenza che ti rende libero di amare oltre ogni apparente ragione ad essa contraria.
*Ricercatore e studioso dei fenomeni migratori

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