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Maltrattamenti e violenza sessuale sulla moglie, avvocato lametino condannato a 4 anni

Secondo i giudici la donna sarebbe stata vittima di «brutali e immotivate aggressioni fisiche, gravi minacce e vessazioni di ogni genere»

Pubblicato il: 18/09/2019 – 18:16
Maltrattamenti e violenza sessuale sulla moglie, avvocato lametino condannato a 4 anni

di Alessia Truzzolillo
LAMEZIA TERME Picchiava e offendeva la moglie anche davanti al figlioletto piccolo, la costringeva ad avere rapporti sessuali contro la sua volontà (rapporti ai quali lei si sottoponeva per paura di ricevere altre percosse) e ha continuato a perseguitarla anche dopo la separazione, pedinandola, chiamandola al cellulare e minacciandola con frasi quali: «Stai attenta se ti pesco fino alla data dell’udienza di separazione tu sei ancora mia moglie». E, in una occasione, a farne le spese è stato anche un amico della donna che, a gennaio scorso, dopo averla riaccompagnata a casa, ha ricevuto un pugno in faccia dall’imputato che gli ha fratturato il naso.
Il gup del Tribunale di Lamezia Terme ha condannato a quattro anni di reclusione un 46enne, avvocato (sospeso) del foro di Lamezia Terme. I reati per quali è stato condannato sono maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, lesioni personali.
Il gup ha inoltre dichiarato nei confronti dell’imputato l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno; la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione alla successione della persona offesa (ovvero l’ex moglie); l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni; la sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte.
«VESSAZIONI DI OGNI GENERE» Al momento della sentenza il legale si trovava sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora. Ma le cronache raccontano che il 23 febbraio scorso era stato arrestato dalla Polizia su richiesta della Procura di Lamezia Terme, attraverso un’ordinanza emessa dal gip Emma Sonni la quale descrive una condotta dell’uomo «connotata da brutali e immotivate aggressioni fisiche, gravi minacce e, come detto, vessazioni di ogni genere, nonché da una continua ed insistente interferenza nella sfera di libertà della persona offesa».
I FATTI Stando alle indagini condotte dagli agenti commissariato di Lamezia Terme – e coordinate dalla Procura guidata da Salvatore Curcio –, i fatti risalgono al 2003, all’epoca del fidanzamento e si sarebbero acuiti dopo la nascita del figlio. Strattonata, presa per i capelli, con lesioni visibili e, infine, costretta a non uscire di casa o esporsi in pubblico per evitare che altri notassero i segni delle aggressioni.
Bastava un niente: una domenica del 2004/2005 una zia della moglie aveva rimproverato il legale di lasciare la consorte sola per dedicarsi alle escursioni in moto. Rimasti soli in macchina l’uomo – come risulta dal capo di imputazione – ha colpito la donna con un pugno facendole sanguinare copiosamente il naso, rifiutandosi di accompagnarla in ospedale «e costringendola a rientrare in casa, colpendola con diversi calci».
IL “GIOCO” DELLE RIVISTE SPARSE Un giorno – emerge dalle indagini – l’imputato avrebbe sparso in giro per casa delle riviste di moto, nascondendole ovunque, anche sotto i mobili. A questo punto ha intimato alla moglie di raccoglierle entro tre minuti. Scaduto il tempo senza che la donna fosse riuscita a portare a compimento l’ordine l’avvocato l’avrebbe colpita più volte con calci sui fianchi, sulle gambe e su altre parti del corpo.
LA VIOLENZA SESSUALE Dopo la nascita del bambino, nel 2006, in occasione del rifiuto della moglie ad avere rapporti sessuali, la picchiava e la costringeva ad avere rapporti sessuali. Le botte arrivavano anche ogni volta che la donna tentava di allontanarsi dall’abitazione, intenzione che lei ha manifestato a partire dal 2011. E proprio a luglio 2011 c’è il primo tentativo di allontanarsi da quell’uomo da parte della moglie che dopo una lite telefonica lascia la casa. Ma viene rintracciata per strada e costretta a rientrare a suon di botte. La violenza è poi continuata all’interno delle mura domestiche.
La violenza poteva essere anche verbale. In diverse occasioni – registra la pubblica accusa, rappresentata in aula dal pm Emanuela Costa –, ill egale, davanti a terze persone o al figlio piccolo aggredisce la moglie dicendole «sei una puttana».
IL PRIMO ALLONTANAMENTO Un primo allontanamento avviene a settembre 2011 dopo una lite in casa dei suoceri durante la quale l’avvocato picchia la moglie mentre si trovano in un’altra stanza. I suoceri lo allontanano e la donna per due anni riesce ad interrompere la convivenza col marito. Ma non sarà un allontanamento sereno perché una domenica pomeriggio, tra il 2012 e il 2014, mentre la moglie si trovava sola nell’appartamento dei genitori, il legale scavalca la recinzione e cerca di aprire la porta. Sarà l’intervento della Polizia a interrompere la sua azione.
La relazione riprende nel 2013 ma non è serena. A gennaio 2018, al rifiuto della moglie di avere un rapporto sessuale l’avvocato la colpisce per circa tre ore, inseguendola per casa e cagionandole «evidenti lesioni consistite in una ecchimosi all’arcata sopraccigliare destra».
LA SEPARAZIONE La separazione definitiva avviene a partire da giugno 2018. Il legale va a prendere la moglie in chiesa. In macchina allunga una mano per accarezzare il capo della donna la quale si ritrae istintivamente. Questo scatena i nervi dell’uomo che la minaccia «dicendole che a casa l’avrebbe picchiata perché gli stava sulle palle». Giunti a casa la strattona e questa volta lei si divincola allontanandosi senza più fare ritorno.
La via verso la separazione non sarà facile ma costellata – come si legge nel capo di imputazione – di pedinamenti fuori dai locali che la donna frequentava o dallo studio, di passaggi con l’auto sotto casa, di accuse di stare sempre affacciata al balcone per vedere qualcuno, di minacce al cellulare: «Stai attenta se ti pesco fino alla data dell’udienza di separazione tu sei ancora mia moglie». E infine l’aggressione all’amico, che ha “collezionato” 30 giorni di prognosi e un naso rotto, cosa che l’uomo ha denunciato.
Il gup ha condannato l’imputato a 4 anni, per i reati a lui ascritti, avvinti nel vincolo della continuazione, applicata la riduzione della pena (vista la scelta del rito abbreviato) e concesse le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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