di Sergio Pelaia
CATANZARO Con la cultura si mangia eccome ed è anche giusto che sia così. Bisogna essere bravi, e in Calabria ci sono compagnie teatrali il cui livello qualitativo è indiscusso, riconosciuto forse più oltre i confini regionali che tra il Pollino e lo Stretto. Ma bisogna essere anche fortunati, perché spesso in questo settore il sostegno degli enti pubblici è decisivo per poter mettere in piedi una proposta culturale che non sia confinabile nel limbo della mediocrità. Capita però che chi gestisce la cosa pubblica finisca per premiare i più fortunati, o quelli che hanno le amicizie giuste. Se ci sia un rapporto causa-effetto, cioè se chi è entrato in tutti e tre i progetti beneficiari del bando per i circuiti teatrali del 2016 lo abbia fatto per merito o per vicinanza ai piani alti della Regione, spetta alla magistratura stabilirlo. È però un fatto che due operatori del settore, secondo la Guardia di finanza in rapporti «confidenziali» con Adriana Toman – autrice e regista teatrale e compagna del governatore Mario Oliverio – in quel bando hanno fatto la parte del leone: vincendo in una delle tre aree a cui erano destinati i finanziamenti (660mila euro la dotazione complessiva) ed entrando nella direzione artistica delle altre due compagnie beneficiarie. La vicenda, rivelata a settembre del 2016 dal Corriere della Calabria, è finita sui tavoli dei pm di Catanzaro che, una volta chiuse le indagini, hanno chiesto il processo per nove persone, tra cui la stessa Toman, l’attore teatrale a lei vicino Marco Silani e alcuni dirigenti della Regione (qui e qui gli altri articoli del Corriere sull’inchiesta). Mentre per l’altro componente del triangolo magico del teatro calabrese, Dante De Rose, la Procura ha chiesto l’archiviazione.
LE «INGERENZE» E I «DESIDERATA» DEL TRIANGOLO MAGICO Parallela e analoga alla storia del bando del 2016 è la vicenda della legge sul teatro per la quale, va detto, alla fine tutti gli altri operatori del settore sono riusciti a far prevalere l’impostazione concordata collettivamente. Concludendo una delle informative che sono finite agli atti dell’inchiesta, però, la Guardia di finanza sostiene che dalle intercettazioni «è emersa, con evidenza, l’ingerenza degli indagati in tutto l’iter» della legge. La compagna del governatore come «soggetto proponente e mediatore» nei confronti di politici e dirigenti della Regione «che appaiono recepirne i desiderata». Quindi Silani e «in particolare» De Rose, nella «veste di tecnici, “a disposizione” per apportare “in clandestinità”, le convenienti modifiche al testo di legge originariamente elaborato da una rappresentanza più ampia del mondo del teatro calabrese».
OLIVERIO NON SA QUALI SIANO LE CARTE “GIUSTE” Secondo le fiamme gialle è «evidente» che la legge sul teatro sia «al centro di molteplici interessi economici, del Silani così come degli altri teatranti» perché le richieste, i modi e i tempi con cui vengono erogati i finanziamenti dipendono dalle disposizioni della legge stessa. Sui contenuti, però, Oliverio, che all’epoca dei fatti detiene per sé la delega alla Cultura, non sembra avere le idee chiarissime. In un dicembre (quello del 2016) che si rivela molto caldo per i protagonisti di questa vicenda, Oliverio chiama De Rose per chiedergli se le carte che gli ha mandato siano quelle giuste da portare in giunta e dalla conversazione «si evince che il presidente non abbia contezza di quale sia la versione della proposta di legge che deve essere approvata». Un mese dopo, a gennaio, però viene fuori che la proposta pervenuta in consiglio regionale non corrisponde «a quella modificata dagli indagati». È presumibile, secondo la Gdf, che la versione su cui De Rose «aveva messo mano prevedesse una dotazione più ricca e “spartita” diversamente». Fanno sapere la cosa ad Adriana Toman e lei non la prende bene. Chiama la segretaria di Oliverio e attribuisce a Salvatore Bullotta (componente della struttura dell’allora vicepresidente Antonio Viscomi) la responsabilità di «una porcheria del genere». Poi chiama il governatore e gli dice: «Devi fare in maniera immediatamente che venga cambiato il testo, perché Bullotta è stato avvicinato e ha fatto quello che voleva venisse fatto la vecchia guardia»
TOMAN «INTRODUCE» DE ROSE NELLE STANZE DELLA REGIONE Nonostante la richiesta di archiviazione, il ruolo di De Rose appare determinante nella vicenda ricostruita dagli inquirenti. A un certo punto alcune delle compagnie escluse dal bando fanno ricorso al Tar e, mentre si è in attesa della decisione dei giudici amministrativi, De Rose, che è parte in causa perché di quel bando è tra i vincitori, venendo «introdotto dalla Toman» riesce addirittura a «discutere di tali ricorsi direttamente col coordinatore reggente dell’avvocatura regionale, Gianclaudio Festa», che è tra i nove per cui è stato chiesto il processo. La conversazione tra i due appare agli occhi della Gdf «perlomeno inopportuna, dovendo Festa rappresentare gli interessi della Regione Calabria e non quelli delle parti private coinvolte nel ricorso». In una successiva conversazione intercettata De Rose dice anche che, se per effetto della decisione del Tar venisse sospesa la graduatoria, si «potrebbero utilizzare i fondi per fare altro, sempre nel settore della cultura».
«A FIRMA SUPRA I DECRETI NUN C’HA MINTI TU!» Gli inquirenti poi ascoltano un altro dialogo tra Toman e Oliverio e ipotizzano che «tramite De Rose (che il giorno precedente aveva incontrato Pasquale Anastasi, dirigente pro-tempore del dipartimento Turismo), la Toman sia venuta a conoscenza dell’escussione», da parte della magistratura, di tre dirigenti, un fatto di cui lei «è molto preoccupata e che non vorrebbe discutere al telefono» con il presidente. Oliverio minimizza. Tuttavia la forte preoccupazione di lei e «alcuni ragionamenti» del governatore «avvalorano la tesi – scrivono gli inquirenti – che la Toman abbia partecipato, in qualche modo, alla stesura del bando oggetto di indagini». I dirigenti sentiti, in verità, non hanno raccontato ciò ai pm, ma secondo la Gdf «potrebbero aver omesso» di riferirlo «perché, in fin dei conti, sono stati loro ad apporre la loro firma sui decreti di indizione del bando». E in effetti, nel dialogo tra il governatore e la sua compagna, Oliverio dice: «Quelli gliel’avranno drammatizzata…», aggiungendo che «a responsabilità è d’a loro… perché a firma supra i decreti nun’è ca c’ha minti tu!».
IL DIETRO LE QUINTE E LA BENEVOLENZA DI ADRIANA Emblematico, per capire l’aria che si respira in quel periodo alla Cittadella, è un dialogo in cui la dirigente succeduta ad Anastasi alla guida del dipartimento, Sonia Tallarico (anche lei coinvolta nell’inchiesta) «ringrazia Adriana e aggiunge che poi avrà modo di parlare con altre persone (non dice a chi si riferisce) per ringraziarle personalmente». La dirigente motiva questi ringraziamenti col fatto che «tante persone le hanno riferito che la Toman si è espressa sempre nei suoi confronti in maniera “benevola”». Toman ricambia rispondendole «che lei è brava e trova “anche il come si devono fare le cose”», cioè il modo di far incontrare la volontà politica con le necessità burocratiche. La dirigente conclude: «Ci sarai tu, che ci dai…». E Toman «sorridendo» risponde: «Io sempre dietro, di nascosto, dietro le quinte ci sono… sì, sì…».
SEBI ROMEO «APRE LA STRADA» PER REGGIO C’è infine nelle carte dell’inchiesta una vicenda che racconta molto del modo di fare (e di pensare) dei protagonisti. E non è una questione di soldi, evidentemente, ma di potere. C’è uno spettacolo di cui Adriana Toman è regista e Marco Silani l’attore protagonista. Lo spettacolo va messo in scena a Reggio e all’epoca Sebi Romeo (oggi ai domiciliari con l’accusa di tentata corruzione nell’ambito dell’inchiesta “Libro Nero”) è uno dei big del Pd di quel territorio, oltre ad essere capogruppo in consiglio regionale e vicinissimo ad Oliverio. Da alcune conversazioni intercettate sul telefono di Toman è emerso, scrive la Gdf, che Romeo «abbia aiutato l’indagata, intercedendo personalmente col sindaco Giuseppe Falcomatà, ad ottenere dal Comune di Reggio Calabria la disponibilità gratuita del teatro Cilea» per lo spettacolo messo in scena dalla compagnia di Silani. Si tratta solo di un «piccolo vantaggio economico (tra 600 e 1900 euro)» per la Fondazione che organizza l’evento, ma l’episodio fa notare agli inquirenti «la funzione del Romeo», che avrebbe avuto il ruolo di «aprire la strada» al cerchio magico del teatro calabrese «grazie alle sue conoscenze politiche nel Reggino». (s.pelaia@corrierecal.it)
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