Si legge che a rovinare i due Matteo sia stata la megalomania e conseguente perdita di contatto con la realtà, entrambi dopo la schiacciante vittoria alle europee.
Renzi aveva ottenuto il 41% alla consultazione continentale del 2014 e aveva lanciato il grido di guerra «O passa il referendum costituzionale o mi dimetto». Sappiamo come è andata. Salvini dopo il suo 34% alle europee di quest’anno, non ha aspettato di essere costretto a dimettersi, si è dimesso da solo, convinto di meritare il potere assoluto, che neppure il più folle leghista gli avrebbe assegnato. Se l’eccesso di auto considerazione in entrambi aveva comunque una motivazione, seppur non condivisibile, appare incomprensibile la faccia tosta con la quale Gerardo Mario Oliverio, forte dei suoi insuccessi del recente quinquennio, pretende di essere l’alfiere del Pd alle prossime elezioni regionali. Passi per la smentita delle sue affermazioni di inizio legislatura regionali («Non intendo presentarmi per un secondo mandato, questo è l’ultimo mio regalo ai calabresi»). Nell’arte di cambiare idea è in folta compagnia. Appartiene al decadimento della cultura politica, più veloce del decadimento radioattivo del muone in elettrone. È invero difficile capire per che cosa si sia potuto montare la testa il Presidente Oliverio spingendolo a ricandidarsi. La cosa va ricercata, a mio giudizio, nell’assenza di un serio approfondimento sui motivi che hanno causato le ripetute sconfitte del PD calabrese in tutte le elezioni, dal 2014 ad oggi, prima comunali, poi referendarie, politiche ed europee, ben peggiori, queste ultime tre, del dato medio nazionale. Di fatto il dibattito post elettorale del partito calabrese si è sempre dipanato in un riposizionarsi in questa o quella banda PD, quando non anche in veri e propri traslochi in altre formazioni politiche con motivazioni le più fantasiose. Infine tutte le bande si sono riunite in due gruppi, pro e contro Oliverio.
Capovolgendo il problema, in un dibattito serio post elettorale, mi sarei domandato: chi avrebbe dovuto votare per il Pd di Oliverio e affini?
Le donne? I giovani? Gli anziani?
Le donne no. La legge a favore della doppia preferenza di genere per consentire maggiori opportunità alle donne di partecipare alla vita politica calabrese è stata vergognosamente bocciata in Consiglio Regionale. Non ci ricordiamo di una battaglia del governatore a favore di questa legge regionale. Le poche donne che hanno un peso politico in Calabria sono, con rare eccezioni, mogli di, figlie di, nipoti di. Una sola donna siede in consiglio regionale. Non si sono realizzati nuovi asili per favorire il lavoro femminile; i posti pubblici di maggior peso sono nella quasi totalità appannaggio di uomini; di nove direzioni generali in sanità, prima del caos causato dal decreto Calabria e dello scioglimento delle Asp di Reggio e Catanzaro per infiltrazioni mafiose, una sola apparteneva al sesso erroneamente detto debole.
I giovani no. Gli unici giovani che hanno trovato lavoro sono una parte di quelli da me autorizzati in sanità. Anzi, il governatore ha chiesto ed ottenuto che i suoi amici, e non solo del Pd, votassero in consiglio regionale un ordine del giorno che lo autorizzasse a revocare un mio decreto che autorizzava 571 assunzioni, perché…. le voleva autorizzare lui. Di politiche giovanili neppure l’ombra.
Gli anziani, infine, neppure. Mentre tutte le regioni assicurano per la parte sociale il 50% della retta socio-sanitaria per gli anziani non autosufficienti, la Calabria, per risparmiare sul suo bilancio contribuisce solo per il 30%.
Parlando di singoli comparti e cominciando dal più importante. Cosa ha fatto Oliverio per la sanità? Gli consiglio di leggersi il capitolo che gli ho dedicato nel mio libro “Calabria malata. Sanità, l’altra ‘Ndrangheta”.
L’unico suo obiettivo era diventare commissario. Ha ottenuto come risultato il decreto Calabria e con esso lo sfascio di quanto costruito in quattro anni da me, da alcuni direttori generali e da pochi dirigenti del dipartimento, da lui scientemente distrutto, non difendendo neppure il valore dei Lea raggiunti, per non aver inviato I flussi a Roma. Martedì 24 settembre infine, si è recato dal neo ministro alla salute Roberto Speranza e dopo un istituzionale saluto …«Com’è?» Ha chiesto quello che un anno prima avevo chiesto per iscritto alla ministra Grillo, ossia una legge Madia bis che consentisse la stabilizzazione dei precari. Ma un anno fa non eravamo sotto elezioni e la cosa non poteva interessare Oliverio.
Nel settore trasporti? Le strade calabresi sono post belliche, piene di buche da far concorrenza a Roma. In agricoltura, nell’edilizia scolastica e sanitaria, nel turismo?
Infine più in generale. Quale contributo ha dato per superare i record negativi calabresi? Il reddito pro capite è sempre il più basso d’Italia. La Pubblica amministrazione regionale è la più assenteista. Per efficienza nel 2017 la regione Calabria è 191esima su 193 regioni in Europa, le province calabresi occupano gli ultimi posti come qualità della vita. In compenso siamo abbondantemente primi per comuni e aziende sanitarie sciolte per infiltrazioni mafiose. La qualcosa sembra essere un problema delle prefetture e delle procure e non, invece, un’urgenza etica, culturale e poi politica di tutta la Calabria.
Dalla promessa di incatenarsi a Palazzo Chigi, formulata a Praia a Mare, quello di Oliverio è stato soltanto un crescendo di chiacchiere.
Insomma, per quali meriti Oliverio dovrebbe riproporsi candidato Pd e come penserebbe di raccogliere voti dai calabresi? Bene fa il partito nazionale a bloccarlo in questa corsa al suicidio.
Il Pd calabrese e la Calabria hanno bisogno di persone oneste, competenti e coraggiose, non di intramontabili oratori del nulla, che non possono vantare un solo risultato degno di attenzione.
*già commissario governativo alla sanità
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