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«La democrazia? Passa dai conti in ordine»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 27/09/2019 – 8:17
«La democrazia? Passa dai conti in ordine»

La democrazia passa per i conti in ordine. È quanto affermato dal presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema, nel corso della iniziativa svoltasi lo scorso 13 settembre a Cosenza, dedicata al «Parlamento delle imprese» cosentine. Quasi che i conti pubblici fossero, da una parte, la prova dell’esaudito mandato da compiere per una corretta rappresentatività politica e, dall’altra, il prodotto da rendere alla collettività perché la stessa ne confuti la corrispondenza con i suoi interessi generali.
Un’affermazione forte ma vera, che proviene da una voce autorevole «urlata» dal profondo Sud. Un monito che ci voleva, specie da parte di chi rappresenta il Magistrato guardiano dei conti delle componenti della Repubblica.
Un ammonimento, quello del presidente Buscema, valido per ovunque, che ha registrato l’esordio in un territorio che, come quello calabrese, è noto nel Paese per: a) la peggiore tenuta dei conti del sistema delle autonomie, con il record dei comuni dissestati e in predissesto; b) l’assenza di cultura dei bilanci pubblici; c) la diffusa sottovalutazione della legalità nell’esercizio della spesa corrente; d) la ricorrente elusione della sottoposizione delle forniture al codice degli appalti attraverso il ricorso allo spacchettamento c.d. sottosoglia e alle proroghe senza limiti.
Un richiamo all’etica pubblica e al rispetto delle regole
Una bella lectio magistralis dedicata alla moralizzazione dei bilanci, alla loro indispensabile corrispondenza con le verità degli accadimenti che la contabilità pubblica esige. Di conseguenza, l’azione della PA deve essere ineludibilmente imperniata sulla correttezza dei conti, intendendo per tale il principale strumento di democrazia. Il veicolo attraverso il quale si realizza una rappresentazione trasparente dell’andamento delle istituzioni pubbliche, perfezionata nel rispetto dei principi dettati dall’ordinamento in relazione alle regole e agli obiettivi sanciti, sia a livello interno che unionale. Il tutto, nell’assoluto rispetto della Costituzione che assegna il concorso obbligatorio delle Regioni ed enti locali (e loro partecipate) all’equilibrio del bilancio consolidato dello Stato e l’ineludibile osservanza dei vincoli economici e finanziari dettati dall’UE.
Dal Sud una lezione per tutti
È stata la prima volta che una siffatta raccomandazione sia pervenuta da un sito così lontano dai luoghi che contano, ove la politica legislativa farebbe bene a recuperare i ritardi finalizzati al perfezionamento delle riforme necessarie per rivoluzionare il sistema autonomistico, ovunque in affanno. Sarebbe il modo per assicurare, tra l’altro, l’osservanza dei doveri fissati nel Patto di stabilità e crescita, con particolare riferimento al disavanzo annuo ma soprattutto al limite del debito pubblico, determinato nella misura massima del 60% del Pil (oggi oltre il 132%), non ripianabile senza il contributo delle autonomie, territoriali e funzionali, sinergicamente orientate anche esse in tal senso.
Un dovere assoluto per i decisori calabresi
Fatte queste premesse, è da tenerne conto nella formazione dei bilanci del sistema autonomistico locale, compromessi da una maladministration che, specie nel sud, dura da decenni a causa delle vecchie brutte abitudini di spendere (troppo) liberamente sperando nei trasferimenti statali funzionali a riparare ex post i danni prodotti. Essa è oggi disciplinata da quella normativa sistematicamente trasformata a seguito delle revisioni costituzionali del 2001 e del 2012. Una modifica provvidenziale intervenuta, tuttavia, in via meramente teorica quanto ad attuazione del federalismo fiscale, per la parte che afferisce alla metodologia del finanziamento dei servizi e prestazioni essenziali per colpa di una politica che ne ha ritardato da dieci anni l’applicazione. Un decreto attuativo della legge 42/09 (d.lgs. 119/2011) e un altro della riforma c.d. Madia (d.lgs. 175/2016) che hanno peraltro registrato non poche difficoltà applicative, determinando ritardi produttivi di quelle verità indispensabili per fare ripartire la PA territoriale con le nuove regole.
Ben vengano, quindi, gli ammonimenti del Giudice contabile. Quelle sollecitazioni funzionali a favorire il processo di democrazia reale ampiamente provato dalla correttezza dei conti pubblici, strumentale ad assicurare l’esigibilità delle funzioni fondamentali degli enti locali, altrimenti compromessi dall’attuale stato dei bilanci che condiziona negativamente tutto il Mezzogiorno, a secco per l’appunto di democrazia vissuta.
I conti e la democrazia che distinguono (male) la Calabria
Se il Mezzogiorno è, sulla base delle anzidette considerazioni, a secco di democrazia vissuta in Calabria non ve n’è neppure traccia.
La maggioranza dei Comuni è in dissesto oppure nel vano tentativo di risolvere i loro default con molto improbabili procedure di riequilibrio che peggioreranno le condizioni di vita dei rispettivi cittadini e delle imprese creditrici. Un numero che di qui a poco si incrementerà verosimilmente anche a cura di due importanti città (Reggio Calabria e Cosenza), da tempo compromesse nei conti e mantenute in piedi grazie ad un ingiustificato accanimento terapeutico.
Un’Asp (quella di Reggio Calabria) dichiarata dissestata in forza di una impropria legge voluta da una altrettanto impropria ministra che determinerà danni inimmaginabili ai cittadini – che rimarranno sguarniti di farmaci, anche salva-vita, e di prestazioni accreditate – e agli erogatori privati con le loro retribuzioni mensili in forse. A questa Asp se ne aggiungerà tra non poco quella di Cosenza, oberata dai debiti e ossessionata da procedure di affidamento non propriamente consone al dettato legislativo che impegneranno non poco il Giudice contabile. Ciò a dimostrazione di una sanità che, fatta eccezione del debito censito dal Commissario di protezione civile a tutto il 2008, non ha saputo far di conto, tanto da non conoscere il suo stato nonostante dieci anni di commissariamento, la consulenza dell’Agenas, il controllo affidato agli advisor a fior di milioni annui e ad uno stuolo di revisori.
Una Regione, infine, con un bilancio pieno zeppo di marachelle, tra le quali centinaia di milioni di crediti inesigibili verso Comuni per smaltimento dei rifiuti e conferimento in discarica che rischia una più che verosimile mancata parificazione da parte della Corte dei conti di Catanzaro, che lo scorso 16 settembre ha messo nero su bianco gravi contestazioni al riguardo. Un evento – che più di uno sospetta che sia la vera causa di anticipazione delle elezioni che imporrà l’esercizio provvisorio al nuovo governatore – che rischia probabilmente di mettere in forse il pagamento degli stipendi di fine anno ai dipendenti regionali.
Se queste sono le condizioni dei conti è facile immaginare la qualità della democrazia usufruibile in terra di Calabria!
*Docente Unical

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