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«La leggenda di Orval e lo spirito di Calabria»

di Salvatore Scalzo

Pubblicato il: 27/09/2019 – 11:29
«La leggenda di Orval e lo spirito di Calabria»


La Calabria e il Belgio hanno molti fili intrecciati. Il pensiero corre immediatamente a tutta la grande emigrazione del secondo dopoguerra con tante piccole grandi storie individuali, tanti piccoli grandi successi e soprattutto una grande grandissima tragedia collettiva. Quella di Marcinelle, nel sud del Belgio, dove nel 1956 un grave incidente in miniera spezzò la vita di 136 italiani (tra i quali molti calabresi). Di Marcinelle parleremo senz’altro in un’altra occasione.
Oggi invece voglio raccontare di un’altra storia che trovo di assoluto interesse, anche se meno conosciuta, tuttavia profondamente evocativa. Il filo, immerso tra storia e leggenda, porta diritto a Orval, nel sud-est del Belgio, a quattro passi dal confine con la Francia e non troppo distante dallo stato del Lussemburgo. Un posto situato proprio nel centro dell’Europa, insomma. Orval è oggi conosciutissima perché sede della produzione di una delle cosiddette “birre trappiste”, cioè le birre “rare” che, poco più di dieci in tutto, sono prodotte da “monaci trappisti” (o sotto loro diretto controllo) all’interno dei loro monasteri.
La storia del monastero di Orval ha circa mille anni perché il primo insediamento risale al 1070. Ad erigerlo in quella che verrà definita valle dell’oro (Orval sta proprio per “val d’or”, valle dell’oro) furono sei monaci provenienti dal nord della Calabria, i quali tra l’altro (ma questa è una questione che meriterebbe molti articoli a parte) avrebbero avuto più tardi un ruolo importantissimo nella nascita del Priorato di Sion e quindi conseguentemente dei Templari. I sei monaci provenivano dal nord della Calabria, probabilmente dalla zona di Castrovillari ed erano quasi certamente fuggiti da un assedio.
I sei monaci sono anche al centro, sei anni dopo la fondazione del monastero, di quella che è la leggenda che più di ogni altra segnerà la storia di Orval, tanto da dare vita al famoso simbolo oggi marchiato nel vetro delle bottiglie di birra esportate in tutto il mondo: un pesce con un anello d’oro in bocca. E’ il 1076 appunto. L’acqua gioca qui un ruolo di mistero e poesia. Il monastero era ancora modesto, una cappella e alcune celle, quando una nobile signora in lutto venne a visitare i nostri monaci. Si trattava della sovrana della contea di Chiny e quindi di Orval, la contessa Mathilde, duchessa di Toscana, vedova di Goffredo il Gobbo, duca di Lorena, brutalmente ucciso ad Anversa all’inizio di quell’anno. E a complicare il dramma di Mathilde era anche intervenuta, sempre nello stesso anno, la tragica scomparsa del figlioletto di otto anni.
Durante la triste meditazione ai margini della sorgente, vicino alla cappella, la contessa immerse la mano nell’acqua fredda. L’unico ricordo di suo marito, l’anello nuziale, le scivolò dal dito e fu spazzato via dalla corrente. Secondo la leggenda Mathilde non ebbe neanche il tempo di iniziare un supplichevole pianto o un’invocazione alla Vergine che una trota risalì in superficie con l’anello in bocca. Tale fu la gioia davanti al prodigio che decise di chiamare il luogo sacro, segnato dall’opera dei monaci calabresi, “valle d’oro”. “Aurea vallis”. Da cui “Orval” appunto. Per Mathilde si era trattato di un vero e proprio ritorno alla vita.

Quando molti anni fa, nel visitare il monastero, ebbi a conoscere quasi casualmente questi fatti, mi innamorai subito di quell’intreccio così suggestivo tra Calabria e un pezzo molto peculiare del continente. Un intreccio fatto di intima spiritualità, di viaggio, di acqua, di fedeltà, di emersione e restituzione alla vita di grandi sentimenti che giacevano sepolti, sconosciuti. Mi è sembrato idealmente un patrimonio simbolico prezioso, associato alla storia e all’opera delle genti di Calabria.
La Calabria è una terra di profonda spiritualità, di arguta e diffusa intelligenza e sensibilità. E’ bella, bellissima soprattutto nelle sue parti più nascoste, inabissate. Nelle parti che portano più rispetto a quello che è stato o che è stato poco toccato o addirittura sfiorato da mani e opere, spesso vere e proprie violenze da parte di una minoranza dei suoi uomini. Chiunque viaggi in Calabria ne scopre qualcosa di magico nei suoi anfratti meno visitati, nella sua natura inaspettata, nelle sue genti meno raccontate, meno esposte ma così intelligenti, patrimonio vivo e operoso di comunità, scuole, associazioni. La Calabria incanta nei suoi intrecci architettonici e umani lasciati al caso e alla coincidenza, strappati a un piano “organizzato” o più semplicemente alla predazione. La Calabria produce spesso gesti e idee che uniscono passati saldi a futuri visionari. C’è uno spirito forte, autentico, futuristico in Calabria, fatto di anime, natura e cose che giace latente, ma mai domo.
E’ molto diffusa, secondo me a torto, la convinzione che porta a considerare sempre sovrani e popolo necessariamente somiglianti. E’ un’immagine semplicistica in cui non ho mai creduto, che cela una visione molto distorta e superficiale della democrazia e delle dinamiche collettive in generale. La nostra è una terra con un popolo che in larga parte non ha mai avuto autentica rappresentanza. Occorre spezzare la dinamica che genera sovrani che governano contro lo spirito autentico delle loro genti e la natura dei loro luoghi, e che spinge tutto un patrimonio di intuizioni, opere, generose passioni umane e civili sullo sfondo, in profondità.
Come nella storia di Orval, serve riportare in superficie quello spirito, quelle intuizioni, quelle opere, quelle passioni; serve restituirle ad una dimensione protagonista, in molti casi alla vita stessa. E’ questa la missione più grande ma anche più naturale che spetterebbe alla buona politica: naturale proprio come la spinta di Archimede o come l’atto primitivo di un pesce che afferra un anello che luccica prima che vada perduto. E, come ad Orval, anche in Calabria, quell’anello riflette l’immagine di tanti madri e padri strappati al corso naturale della storia e di tante generazioni uccise.
Arrivederci alla settimana del 21 ottobre per il prossimo appuntamento

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