Lettera aperta ai responsabili dei partiti che sostengono il governo Conte bis.
Sarebbe un guaio continuare così come cominciato e concludere così come si profila nell’affrontare i vari step che precedono la prossima campagna elettorale per le regionali.
La Calabria non è l’Umbria, né tampoco l’Emilia-Romagna o la Toscana. La nostra Regione ha bisogno di cure e attenzioni politiche particolari. Non può essere trattata come una Regione normale, da consegnare come mera preda di un progetto comunemente spartitorio, così come pare stia avvenendo.
È quanto emerge au contraire dai comportamenti che stanno tenendo i partiti in relazione ad una corretta analisi dei problemi che affliggono le istituzioni territoriali deputate a fornire risposte alla collettività, che obbligano i giovani a partire, che generano paura sociale per una ‘ndrangheta dominante e invasiva, che sfiduciano tutti per una corruzione che è divenuta patologia cronica.
Scegliere l’uno piuttosto che un altro da designare alla carica di Governatore serve a poco senza l’impegno della politica dominante a fare proprio il problema e a riconoscere la sua specialità, tale da giustificare l’azione occorrente per far divenire la Calabria una regione normale, ove tutto funziona come ovunque.
Necessita l’elaborazione di un prodotto politico da rendere disponibile ai calabresi, intesi come consumatori di diritti fondamentali. Alle nostre latitudini il solito programma non basta, dal momento che è divenuto l’elenco delle promesse non mantenute. È sul prodotto che va lanciata la sfida, chi non lo fornisce secondo «catalogo» va a casa, anche prima del termine della legislatura chiedendo scusa ai consumatori vilipesi.
Questo è quanto deliberato dalla Fondazione TrasParenza allo scopo di sensibilizzare il decisore politico, quello che ha l’onere di governare il Paese e che ha quindi il dovere di proporsi come attore della rinascita calabrese, suo vero banco di prova.
La Calabria è afflitta da mali incurabili. Ha la peggiore tenuta dei conti pubblici, dovuta all’assenza di cultura dei relativi bilanci, tanto da possedere il record dei comuni in default e delle aziende sanitarie in fallimento. Ha una sanità che offende i corpi e le anime piuttosto che fornire loro le risposte che la Costituzione esige. Sottovaluta la legalità ad ogni livello, mancando di rispetto al codice degli appalti con innumerevoli forniture spacchettate sotto soglia ovvero con proroghe senza limiti di tempo. Usufruisce di un ente regionale che si limita a gestire, amministrando di male in peggio, piuttosto che programmare, legiferare e ben operare nei previsti controlli.
A fronte di tutto questo si fa la conta, in prossimità delle scadenze elettorali, su chi e su come dovranno ricadere le responsabilità del cambiamento, dell’espulsione della ‘ndrangheta e della corruzione dai siti istituzionali più che inquinati, della bonifica dei conti, a cominciare da quelli della Regione. La stessa presenta, infatti, un bilancio pieno zeppo di marachelle, tra le quali centinaia di milioni di crediti inesigibili verso Comuni per smaltimento dei rifiuti e conferimento in discarica lasciati lì a vegetare come se non fossero deteriorati. Di conseguenza, ha un rendiconto 2018 che è il risultato di un pericoloso trascinamento pluriennale delle menzogne. Esso rischia una mancata parificazione da parte della Sezione Controllo della Corte dei conti di Catanzaro, che lo scorso 16 settembre ha messo nero su bianco l’elencazione delle gravità rilevate. Un evento – che più di uno sospetta che sia la vera causa di anticipazione delle elezioni che imporrà l’esercizio provvisorio al nuovo governatore – che rischia probabilmente di mettere in forse il pagamento degli stipendi di fine anno ai dipendenti regionali.
Ebbene, fatte queste premesse – alle quali vanno aggiunte l’insipienza regionale sulle politiche ambientali e sullo sfruttamento delle risorse comunitarie – si pensa di ragionare in Calabria così come nel resto del Paese impegnato nelle scadenze elettorali ma che va a trazione normale. Così facendo si perpetua nell’errore di sempre, aggravato dalla esigenza che la Regione dovrà misurarsi di qui a breve con il regionalismo differenziato, di supporre di individuare un Governatore sulla base delle vecchie e solite regole della politica che si divide i possibili traguardi.
Qui, in Calabria necessita ben altro. Occorre una governance ricercata, che esprima il massimo della capacità istituzionale senza la quale non si potrà uscire dal guado e ridare ai calabresi i loro diritti, compromessi dal malgoverno delle risorse e dalla opacità delle decisioni.
Tutto questo ha comportato e comporta un deficit di democrazia – quella cui ha fatto riferimento il presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema, nel corso di una interessante iniziativa voltasi in Calabria – subordinandone il suo godimento sociale ai conti in ordine. Aggiungiamo noi, al rispetto assoluto della legalità sino ad oggi ampiamente trascurata nella gestione della res pubblica calabrese.
Ben venga, quindi, quella ineludibile e salutare discriminazione nei metodi e nella tipologia delle scelte che consentirebbe alla Calabria di godere di quelle maggiori cure che la politica le deve tutte.
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