di Pablo Petrasso
Inizia in Canada, con l’arresto di nove presunti esponenti dei clan di Toronto. È così che il Fentanyl entra nell’orizzonte degli eventi legati all’economia della ‘ndrangheta. Il traffico include Carfentanil, eroina, cocaina e metamfetamine insieme con armi, tabacco e scommesse illegali. È un agente sotto copertura a incastrare due membri della famiglia Violi: sei distinte transazioni per acquistare sei chili della “nuova droga”, parente (più efficace e letale) dell’eroina. «Finché ci saranno soldi da fare salteranno fuori nuovi mercati da esplorare per le organizzazioni criminali», riassume uno degli investigatori nordamericani. Due degli arrestati sono nipoti di Giacomo Luppino, di Hamilton, considerato uno dei fondatori del Crimine, struttura di controllo della ‘ndrangheta trapiantata in Canada. Domenico Paolo Violi e Giuseppe Violi avevano, sempre secondo gli investigatori, contatti internazionali per mantenere in piedi il traffico.
Primo giugno 2018. L’accusa diventa una condanna. Joe Violi bacia sua figlia un attimo prima di essere portato via e condotto in carcere: ne avrà per 16 anni. Quell’operazione ha svelato che non era il proprietario di una lavanderia ma un narcotrafficante. Il primo legato alla ‘ndrangheta (seppure in Canada) e attivo nel commercio del fentanyl. Che, secondo esperti e investigatori potrebbe essere il prossimo grande business per i clan calabresi. A Domenico Violi è andata un po’ meglio: il 3 dicembre 2018 è stato condannato a 8 anni. Neppure la sua copertura – ufficialmente era un imprenditore nel campo alimentare – ha retto alle accuse. La terza generazione della ‘ndrangheta canadese è la prima a puntare sulle nuove droghe.
GUADAGNI FINO AL 1.700% Per uno studioso di fenomeni criminali come Antonio Nicaso è inevitabile. Bastano i numeri per capirlo e capire come si possa trasformare un’emergenza sociale (negli Usa le morti per l’abuso di Fentanyl sono in aumento) in un business. «Un chilo di polvere di Fentanyl costa 10.500 euro – il docente ha spiegato a La Stampa –. Lavorato con le attrezzature e le sostanze del caso può generare un milione di pillole. Ognuna di queste viene rivenduta sul mercato a 20 dollari (18,16 euro)». Fanno oltre 18 milioni di euro per chilogrammo, il 1.730% di guadagno rispetto al costo iniziale. «Al di là dei profitti – precisa il docente – vi sono ragioni di opportunità» che spiegano perché la ‘Ndrangheta stia puntando sul Fentanyl. «La produzione delle droghe sintetiche – spiega – non è soggetta a travagli incidentali di natura geopolitica». I talebani per l’eroina dall’Afganistan e le Farc per la coca dalla Colombia sono problemi che i clan, potendo produrre la droga per conto loro, non dovranno più porsi.
I CARTELLI MESSICANI Se le ragioni economiche sono prioritarie (e i numeri sono chiarissimi), c’è anche un altro aspetto che il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha sottolineato, sempre parlando con la Stampa. «La ‘ndrangheta non può permettersi di immaginare che chi chiede il Fentanyl si rivolga altrove». E i grossisti sono vecchie conoscenze: «i più forti nel settore – scrive Panorama – sono i cartelli messicani di Sinaloa e Jalisco Nueva Generacíon che forniscono anche l’eroina per mescolarla al Fentanyl».
IL «MERCATO DARK» In Calabria di nuove droghe si parla dopo le operazioni messe a segno negli ultimi anni dalla Procura di Cosenza. Nei brogliacci ci sono le storie di tossici disposti a rubare ricettari per arrivare ai farmaci che costituiscono un mercato parallelo delle droghe. Gli inquirenti bruzi hanno tracciato centinaia di transazioni in quello che il procuratore Mario Spagnuolo definisce il «mercato dark della droga». Quello che la ‘ndrangheta canadese ha individuato come nuova frontiera per business milionari. Di solito, in certi campi, non ci si muove senza il permesso della “casa madre”. Con il Fentanyl si guadagno milioni di dollari. E i clan calabresi non possono permettersi di stare a guardare. (p.petrasso@corrierecal.it)
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