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Sequestrarono un imprenditore a Reggio per estorcere 500 euro, condannati

Ai sei imputati del processo “Take away” il gup ha inflitto pene dai 3 ai 5 anni e 4 mesi. Avrebbero costretto il titolare di una pizzeria a pagare un “debito” ad un suo ex dipendente

Pubblicato il: 30/09/2019 – 19:40
Sequestrarono un imprenditore a Reggio per estorcere 500 euro, condannati

di Alessia Candito
REGGIO CALABRIA Hanno sequestrato e terrorizzato un imprenditore per estorcergli 500 euro, ma hanno solo rimediato condanne dai 3 ai 5 anni e 4 mesi. Sono stati tutti condannati i sei imputati del processo “Take away”, scaturito dall’inchiesta che ha raccontato come a Reggio ci sia chi preferisce rivolgersi alla ‘ndrangheta piuttosto che a sindacati o avvocati per risolvere vertenze di lavoro. O almeno, così ha pensato bene di fare Giuseppe Surace, ex dipendente di una pizzeria del centro città. Ma per tutti gli uomini a cui si è rivolto, nel pomeriggio sono arrivate le condanne.
All’esito del processo con rito abbreviato, accogliendo le richieste del pm Roberto Di Palma, il gup Pasquale Laganà ha condannato a 5 anni e 4 mesi Francesco Belfione, a 5 anni Massimiliano Polimeni, a 4 anni e 6 mesi Carmelo Bruno Scaramuzzino. Tre anni e sei mesi sono andati invece a Giuseppe e Pietro Surace, mentre è di 3 anni la pena disposta per Bruno Surace. Tutti quanti – hanno ricostruito gli agenti della Mobile, dopo la denuncia dell’imprenditore – hanno avuto un ruolo in quel rapimento lampo.
Un sequestro ricostruito in dettaglio dall’imprenditore e confermato pedissequamente dall’attività investigativa. Attorno alle 20, incuranti della presenza di due bambini, dipendenti e avventori, tre uomini Francesco Belfiore, Massimiliano Polimeni e Bruno Scaramuzzino, lo hanno trascinato via e caricato in auto. Nonostante l’uomo li supplicasse di permettergli di allontanare i bambini perché non assistessero alla scena, lo hanno strattonato e portato via.
Terrorizzato durante il tragitto con minacce gravi e strattoni, l’uomo è stato portato “al cospetto” del suo ex dipendente Giuseppe Surace, che per l’occasione aveva chiesto anche al fratello, al padre e allo zio di essere presenti. Un modo – spiegano gli investigatori – per dimostrare “l’efficienza” del clan, in grado di obbligare l’uomo a pagare, con le buone o le cattive.
Sebbene il debito fosse di soli 50 euro, dall’uomo i Surace ne pretendevano 500. E subito. Per questo, con minacce e intimidazioni, è stato riaccompagnato in pizzeria, dove aveva dimenticato il portafoglio. Quando l’imprenditore, scortato da Belfiore e i suoi sgherri è tornato ed ha trovato in pizzeria gli agenti delle Volanti e della Mobile, avvertiti dalla compagna, non ha proferito parola. Anzi, ha cercato in ogni modo di nascondere di essere stato costretto a salire sull’auto e portato via. Solo diversi giorni dopo si è presentato in Questura per «raccontare come sono andate davvero le cose», ha detto sotto interrogatorio. Una denuncia che nel giro di pochi mesi ha fatto finire in manette i responsabili. (a.candito@corrierecal.it)

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