CASTROVILLARI «Lo Stato deve fare di più contro le mafie. La sola magistratura o le sole forze dell’ordine non bastano. Ci vuole altro. E ciò che bisogna risolvere, in primo luogo, è il problema del lavoro anche per non perdere le nostre migliori intelligenze. Non c’è un calabrese o un siciliano che va via dalla propria terra e non riesce. Sono talenti che vanno via. Quello che perdiamo è il meglio». Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale calabrese, mons. Vincenzo Bertolone, incontrando i giornalisti a Cstrovillari per presentare il corso organizzato dalla Cec per la formazione del futuro clero sul tema “La Chiesa di fronte alla ‘ndrangheta”.
«Se vogliamo che la Calabria, in particolare, volti pagina – ha aggiunto mons. Bertolone – il giovane che vive qui deve sentirsi sereno e non deve andare incontro ai gangli della ‘ndrangheta, che ti avvinghiano e non ti lasciano più. Sin dal 1916 la Conferenza episcopale calabrese si è occupata di questa malapianta, per estirpare la quale serve un’azione convergente di tutta la società, Stato, Chiesa, scuola e famiglie. E questo non vale solo nella nostra Calabria. Queste “strutture di peccato”, come furono denominate da Giovanni Paolo II, richiedono un’azione seria da parte di tutti. Il grido lanciato nel 2014 contro la ‘ndrangheta da Papa Francesco a Sibari, unito a quello del 1993 in Sicilia di Giovanni Paolo, insieme all’omicidio di padre Puglisi, rappresentano tre momenti che fanno da spartiacque tra un ‘prima’ ed un ‘dopo’ e che hanno portato i vescovi calabresi a dire: “Dobbiamo impegnarci noi, in prima persona, per formare sacerdoti con la schiena dritta e che si rendano conto della gravità di questo fenomeno, evitando qualsiasi forma di collusione”».
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