Mi fa piacere constatare che oggi tutti si accorgano che la Calabria è l’unica regione d’Italia a non aver avviato, dopo quasi vent’anni, il processo di riforma dei servizi sociali. La prima cosa che feci da assessore regionale al Lavoro e welfare nel gennaio del 2015 fu quella di avviare l’iter attraverso un atto deliberativo e di costituire un tavolo tecnico con tutti gli attori sociali e istituzionali interessati per concordare le modalità della Riforma.
Diciamolo subito: il problema non è il regolamento proposto dalla Giunta e ora in discussione in Commissione Sanità. Infatti, piccoli aggiustamenti si possono trovare, ma rimane in piedi un problema politico fondamentale: le riforme si fanno solo se ci sono le risorse necessarie a garantire i servizi.
Non dimentichiamo che la Calabria parte da un forte handicap: si attesta all’ultimo posto, con la spesa sociale pro capite più bassa d’Italia (22 euro). Dunque, come si fa a varare una Riforma con una spesa storica già insufficiente in questo settore, prevedendo poi – come è giusto che sia – l’aumento delle rette, ferme al palo ormai da diversi anni, e l’autorizzazione e l’accreditamento di nuove strutture entro il 31 ottobre e 31 dicembre 2019?
Se non si trovano ulteriori risorse la Riforma rischia di implodere e di creare una situazione di grave instabilità nel sistema dei servizi sociali. Servirebbero almeno 20 milioni di euro, come ho più volte ribadito in Consiglio regionale, da sommare ai 43 milioni previsti fino ad oggi.
Mi sarei aspettato, da parte di una giunta regionale che si dice di centrosinistra, una scelta politica netta. Quella di destinare importanti risorse in un settore fondamentale per dare una risposta a tante persone in difficoltà che vivono nel disagio e rischiano ulteriori processi di marginalizzazione.
Una vera Riforma non può non prescindere da uno studio sui fabbisogni e da una mappatura dei servizi. Cosa che, fino ad oggi, non è stata fatta. Così come ineludibile deve essere un Piano di integrazione tra servizi sociali e sanitari. Il rischio è quello di avviare un processo a metà e alla prima curva si esce fuori strada.
La coperta finanziaria era già troppo corta ed era capace a malapena a coprire le strutture storicizzate. Oggi, con il giusto aumento delle rette e l’ampliamento delle strutture socioassistenziali, il rischio è che si possa scatenare una guerra tra poveri.
La Riforma deve essere accompagnata da un impegno concreto da parte della Giunta e del presidente della Regione, prevedendo, nel prossimo bilancio, che le somme stanziate per i servizi sociali passino da 43 milioni ad almeno 63 milioni. Solo così si potrà avviare un reale processo di riforma del Welfare che possa incidere concretamente, sia per quantità che per qualità, nell’erogazione dei servizi socio assistenziali.
*consigliere regionale del Pd
x
x