LAMEZIA TERME Prove di unità, nel nome e sull’esperienza di Mimmo Lucano. Le tante anime della sinistra calabrese si riuniscono a Lamezia Terme su input del Comitato 11 giugno con l’obiettivo di riallacciare una storia comune e di mettersi alle spalle le tristi stagioni della “divisione dell’atomo”, agganciandosi alla testimonianza dell’ex sindaco di Riace, che ha risposto all’appello anche se, parlando con i giornalisti, ha subito precisato di non avere l’intenzione di candidarsi alle prossime Regionali. Del resto, anche nelle intenzioni del Comitato 11 giugno l’orizzonte di questa iniziativa va oltre l’appuntamento del voto per la Regione. Intanto, all’assemblea partecipano volti storici della sinistra calabrese, simboli viventi di lotte sociali e politiche come l’ex parlamentare Pci ed ex sindaco nella trincea di Rosarno Peppino Lavorato, dirigenti di Sinistra Italiana, Rifondazione Comunista, Cgil, associazioni e movimenti. C’è sicuramente tanta voglia di riprendere una strada, ma anche la consapevolezza che il percorso è comunque duro e difficile. «Non ho mai pensato a candidarmi, sinceramente. Un conto – ha detto Lucano – è fare il sindaco in una piccola realtà, nella quale ogni giorno diventi partecipe di un’esperienza collettiva, che risponde agli ideali per i quali ci siamo spesi per tutta la vita, un conto è fare le cose più in grande. Io conosco i miei limiti, e non credo di essere nemmeno all’altezza». «Non so cosa parte oggi da questa assemblea – ha aggiunto –. Non ho nessuna premeditazione, nel confronto capiremo meglio. Siamo un po’ nell’indeterminazione, com’è nell’anima della sinistra che una volta si chiamava extraparlamentare. Non è facile immaginare uno sbocco politico a questa iniziativa: nella politica si possono cercare poltrone o cercare ideali, io vorrei cercare sempre gli ideali». Ciò non significa, spiega però l’ex sindaco di Riace, che ci sia «una chiusura a priori», perché «gli ideali devono anche diventare fatti concreti, processi sociali, la costruzione di società migliori e fondate sull’uguaglianza asociale». Ma c’è la consapevolezza che «non è una cosa facile riunire le anime della sinistra». «Un conto – prosegue Lucano – è quando si ritrovano persone che non hanno idealità, per le quali è facile trovare accordi per arrivare al potere, invece nella sinistra c’è un’analisi molto più complessa, c’è grande voglia di approfondire e capire. Questo è un po’ anche un limite». I motivi di riflessione per l’ex sindaco non sono certo mancate negli ultimi tempi, e lui stesso riconosce che «c’è un equivoco del quale forse anche io sono responsabile». «Un conto – spiega – è una piccola realtà come Riace, dove c’è un rapporto così diretto con i cittadini e quindi c’è la percezione di una democrazia partecipata, un conto è che questi movimenti diventino globali, anche se ovviamente quello che accade a livello locale non è distaccato da processi globali. Io ho vissuto questa esperienza: ho dato il mio contributo alla politica in questo modo, e con un piccolo governo locale è stato possibile lanciare un messaggio. Siamo consapevoli di un’enorme difficoltà a livello generale, ma questo non vuole essere un alibi per giustificare disimpegni o rassegnazione».
RIMOSSO ANCHE IL RICORDO DI IMPASTATO Lucano ha poi commentato l’episodio, rivelato dal Fatto Quotidiano, della rimozione di un cartello che si trovava proprio sotto l’insegna “Riace, paese dell’accoglienza”, fatta sostituire di recente dal nuovo sindaco Antonio Trifoli, e che richiamava i «cento passi» di Peppino Impastato. «Non è sicuramente un fatto positivo, mi è dispiaciuto molto, perché un artista mio amico, di Libera, aveva fatto a mano un’insegna che raccontava la storia di Radio Out e di Impastato che è un’esperienza unica nell’opposizione sociale e culturale alla mafia, era il segno distintivo di una comunità che comunque fa parte di un’area invasa dalla criminalità organizzata e anche per i ragazzi che passavano da Cinisi e quindi si chiedevano cos’era avvenuto in questo piccolo paese siciliano. Anche così – ha aggiunto Lucano – si costruiscono le basi per immaginare un futuro lontano da questo condizionamento mafioso. Questo mi fa ricordare quello che era avvenuto in luoghi molti lontani dalla Calabria: mi riferisco alle dittature militari in America Latina, al Cile, dove la rivoluzione popolare è stata oltraggiata anche dopo la fine di Allende e una delle prime azioni dei colonnelli è stata quella di rimuovere anche tutta la letteratura e le immagini sulle pareti che raccontavano la storia della rivoluzione popolare». (acant)
https://youtu.be/H-xo_trxTys
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