Dopo avere letto con attenzione il contributo, a firma dell’assessore Angela Robbe, avente ad oggetto la riforma del welfare, siamo rimasti alquanto perplessi e disorientati dal contenuto dello stesso, sia nella forma (giacché l’assessore evoca «fantasmi» conservatori, che starebbero bloccando tutto, senza però dire chi siano!), che nella sostanza, laddove al termine di una premessa “scolastica”, in cui spiega che si tratta di un atto bello, utile e dovuto e che, per colpa di alcuni «Soloni che si ergono a difensori del meglio» (…in Calabria è sempre colpa di qualcun altro!), la nostra è l’unica regione a non essersi adeguata alla normativa nazionale (perciò rischiando il commissariamento), conclude che sarebbe meglio (anziché continuare a «rimandare il cambiamento», nella ricerca della “migliore delle riforme”) procedere comunque ad approvare un regolamento, magari viziato ed incompleto, perché tanto poi ci sarà sempre tempo per “correggere e migliorare”(!)
Stupisce che l’attuale assessore “tecnico” non sappia (o abbia dimenticato, o faccia finta di aver dimenticato!) che una precedente riforma della materia, fortemente voluta dalla Giunta regionale, sia stata ripetutamente e sonoramente bocciata in sede giudiziaria, dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, il grado di approssimazione e di superficialità con cui la maggioranza di centrosinistra, a guida Oliverio, ha (dis)amministrato, per cinque lunghi anni, la Regione Calabria. In quel caso, nello specifico, la Giunta (senza alcuna condivisione con gli operatori del settore e con i Comuni) aveva predisposto una riforma con cui, ex abrupto, si trasferivano ai Comuni tutte le funzioni, le risorse e le competenze in materia, caricandoli di incombenze e responsabilità che gli stessi non potevano essere in grado di accollarsi, senza una corrispondente dotazione di strutture idonee e di personale (peraltro da formare adeguatamente, trattandosi di materie e competenze del tutto nuove per i Comuni).
Inoltre, in maniera ancora più incredibile, dopo lo stop imposto dal Tribunale amministrativo, accadeva il contrario di quanto sarebbe stato normale e dovuto, allorché la Regione, oltre ad impugnare la pronunzia del Tar insisteva testardamente nella sua “riforma”, trasferendo d’imperio le risorse finanziarie ai Comuni (così pretendendo di obbligarli ad espletare quelle funzioni che, secondo il Tar, non dovevano e non potevano svolgere) ed imponendo delle vere e proprie convenzioni “capestro” alle strutture convenzionate ed accreditate (che, già da mesi, continuavano ad erogare regolarmente le prestazioni sul territorio, pur in mancanza di rinnovo). Tale comportamento veniva espressamente biasimato e censurato dal Consiglio di Stato, nei seguenti termini: «la condotta tenuta dall’Amministrazione regionale immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza appellata, allorquando, anziché assumere provvedimenti esecutivi della stessa, ha posto in essere provvedimenti di fatto elusivi dell’anzidetta pronuncia giurisdizionale esecutiva e volti inammissibilmente a dare, viceversa, ulteriore impulso e completamento al medesimo, nuovo disegno organizzativo», per cui gli assessori “tecnici” Fragomeni e Robbe, diffondevano un comunicato istituzionale in cui richiedevano ai Comuni la restituzione, entro 5 giorni, di quanto forzatamente trasferito dalla regione «augurandosi che i comuni siano celeri nella restituzione delle somme».
Queste, dunque, le reali ragioni dell’attuale situazione di stallo, causato dalla grossolanità ed imperizia con cui si è gestita la delicatissima situazione, anche volutamente ignorando la decisione del Tar e consumando solo formalmente alcuni (neanche tutti!) dei passaggi tecnici necessari, che prima erano stati completamente omessi, continuando a non concertare, in modo serio e concreto, una riforma organica, reale e costruttiva, che vada a riprogrammare l’intero settore e garantire livelli sempre maggiori ed ancor più elevati di erogazione dei servizi socio-assistenziali, in sinergia e continuità con i servizi socio-sanitari.
Pur senza poter conoscere i soggetti ai quali fa riferimento l’assessore nel suo comunicato, tuttavia siamo sicuramente certi che nessuna responsabilità per i ritardi (in questa materia ed in tutte le altre, come, ad esempio, riguardo alla mancata “storicizzazione” dei precari regionali, pure di competenza dell’assessore Robbe ed anch’essa impantanata negli uffici della cittadella regionale!) potrà essere attribuita al Consiglio regionale e, tanto meno, alla competente Commissione, che è stata (e sarà) sempre pronta a recepire tutte le istanze provenienti dagli uffici regionali e dagli operatori delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali del “Terzo Settore”, rimanendo disponibile alle audizioni ed ai confronti, non certo per ritardare l’iter della pratica (cui prodest?!), ma proprio per evitare un’ulteriore ennesima riforma monca (…se proprio non riusciamo ad approvare la “migliore riforma”, almeno evitiamo che sia la peggiore!), per ricercare, nel frattempo, in maniera seria e coesa, un risultato utile e definitivo, che non venga nuovamente sconfessato dai giudici amministrativi.
Noi siamo fermamente convinti che la riforma del welfare sia necessaria, urgente ed improcrastinabile, ma riteniamo che, prescindendo dalla scansione temporale e dagli altri aspetti prettamente tecnici e burocratici sicuramente rilevanti per l’approvazione definitiva, comunque, da un punto di vista politico, al momento dell’approvazione del regolamento, dovranno essere certi e documentati tutti i dati (fabbisogno, rette, eventuali oneri a carico dei Comuni ed ogni altro utile e necessario).
Ove, invece, si pretendesse ancora di poter sottoporre all’approvazione del Consiglio regionale questa ed altre pratiche già confezionate dagli uffici, per una mera “ratifica”, non saremo disponibili ad adeguarci a tale iter metodologico e l’assessore dovrà eventualmente ricercare il consenso necessario all’interno della sua maggioranza, che però, da molti mesi, non assicura neanche il numero legale per la validità delle sedute.
*consiglieri regionali
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