Basso allarme sociale, alto numero di investimenti. Meno conflitti a fuoco, più operazioni bancarie e bonifici. La metamorfosi mafiosa trova conferma anche nelle parole di Giuseppe Governale, capo della Direzione investigativa antimafia. Un investigatore di grande esperienza che, per raccontare l’evoluzione dei clan al Nord, si sofferma su un dato apparentemente incomprensibile. «Il procuratore della Repubblica di Milano – spiega intervenendo alla cerimonia per la firma di un protocollo contro le infiltrazioni mafiose a Firenze – mi dice che nel 2018 rispetto al 2017 i ristoranti sono aperti con il +38%. Sono pieni? Sono vuoti, ma se la ‘ndrangheta oggi ha 100 milioni di euro da mettere sul piatto, mette in preventivo anche di perderne 50, perché trasforma 100 milioni di euro in nero in 50 milioni di euro che può riuscire a giustificare».
È il crimine mafioso che si accomoda a tavola. Nella capitale economica del Paese nascono due nuovi locali ogni tre giorni. E questo tasso di crescita, secondo gli investigatori, è inquinato dalla presenza mafiosa. Si tratta di “lavanderie” per il denaro sporco, ma c’è di più, come raccontava il capo della Dda di Milano Alessandra Dolci al Corriere della Sera nel febbraio 2019. «I ristoranti alla moda servono per creare quella rete relazionale che arricchisce il patrimonio di un’associazione criminale con personaggi famosi, sportivi, nomi da spendere». Questo anche grazie all’interazione con ristoratori che, spesso, non sanno di affidarsi al potere mafioso.
I CLAN A FIRENZE E sempre a proposito di infiltrazione delle associazioni criminali al Nord, Governale ha definito «un rischio che si misura in termini di probabilità», l’arrivo delle mafie in Toscana. «Brescello – è il Fatto Quotidiano a riportare le sue parole – è distante da Firenze 194 chilometri, Palermo è distante da Catania 210 chilometri: e a Brescello sappiamo cos’è successo, un’infiltrazione rilevante della ‘ndrangheta che è riuscita perfino a disarticolare gli equilibri di compagini di amministrazione locale, approfittando della disattenzione».
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