di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME «Da un giorno all’altro mi è stata annullata un’importante visita cardiologica e, ora, non so dove andare. Mi hanno detto di arrangiarmi in un altro modo». La storia di Francesco Platania è paradossale ma, purtroppo, comune a tante altre decine di pazienti del reparto di Cardiologia dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme. L’ambulatorio, infatti, è stato chiuso solo qualche giorno fa (qui la notizia) per mancanza – fanno sapere – di medici e personale. Perciò liste d’attesa chiuse da un giorno all’altro e il personale – quel poco che è rimasto – costretto a contattare, numeri alla mano, tutti i pazienti prenotati per comunicare l’annullamento della visita.
Così tra l’imbarazzo degli infermieri – costretti ad interfacciarsi telefonicamente con pazienti evidentemente contrariati – e del primario Ceravolo, quella dell’ospedale lametino è una situazione paradossale ma che ha finito, come spesso accade in questi casi, per creare non pochi problemi alle centinaia di persone che da mesi attendono una visita cardiologica e che adesso non sanno dove potersi recare.
C’è chi non può spostarsi e non può permettersi viaggi in auto nel comprensorio catanzarese, chi non può pagare visite cardiologiche a pagamento. «Mi hanno gentilmente chiamato – racconta ancora Francesco Platania – e avvisato in merito all’annullamento della visita. Sono rimasto stupito, ma soprattutto non capisco come farà un paziente, in condizioni peggiori delle mie, a spostarsi per effettuare la visita da un’altra parte». «Abbiamo un grandissimo ospedale qui a Lamezia ma poi si perde nelle piccole cose, non capisco e non capiamo perché».
Continua dunque lo svuotamento – lento ma irreversibile – dell’ospedale di Lamezia Terme e tra reparti e ambulatori che chiudono, problemi legati alla tutela ambientale e alla gestione del nosocomio, per il “Giovanni Paolo II” quello attuale è probabilmente uno dei momenti peggiori della sua storia.
Intanto dai cittadini e dalle associazioni sale l’ennesimo grido di protesta: «Se un paziente che non ha possibilità economiche – dice Giuseppe Gigliotti, di Italia Nostra Calabria – arriva all’ambulatorio e gli si dice che la visita non può essere fatta per mancanza di personale, si è costretti ad andare dal privato o presso altre strutture e quindi a pagare circa 150 euro. Quindi allora abbiamo una medicina che cura i ricchi e che costringe a morire il povero che non ha possibilità». (redazione@corrierecal.it)
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