Perché sarebbe auspicabile ridiscutere il “vincolo di mandato” previsto dalla Costituzione per deputati e senatori? L’art. 67 della Carta fondamentale prevede per i parlamentari la libertà di opinione senza vincoli. Il che significa, come peraltro avviene, che possono anche abbandonare il partito nel quale sono stati eletti e migrare in altra formazione politica. È un privilegio definito “libertà di opinione” e fa parte di una norma chiara e se venisse utilizzata secondo gli scopi voluti dai Padri costituenti, persino giusta. Purtroppo in molti se ne servono per scopi che hanno poco a che vedere con la politica intesa nel senso più nobile, e più frequentemente per interessi personali.
Cosa avviene di fatto? Un certo numero di elettori esprime il voto a favore di un partito che ritiene più di altri affine alla propria formazione politica e in quella lista viene scelto il nome del candidato cui dare la preferenza. Questi riporta un numero di voti tali da fargli raggiunge il quorum e viene eletto. La domanda è: sarebbe andato in Parlamento se fosse stato candidato con un partito diverso?
È pensabile che i Costituenti abbiano voluto concedere ai parlamentari la facoltà di poter abbandonare il gruppo di riferimento e accasarsi con un altro schieramento? Quella disponibilità oggi fa discutere, perché mal si coniuga con la funzione stessa dei partiti che rischiano di perdere il valore ideologico e diventare una “occasione” per raggiungere un obiettivo anche a costo di esautorare i valori e la valenza della fede politica.
Grazie a quella norma, infatti, il parlamentare non solo può abiurare la fede prescelta per farsi la campagna elettorale, quanto decidere di completare il suo mandato con un altro partito persino opposto a quello nel quale è stato eletto. È un modo come buttare alle ortiche non solo i programmi, strumento insostituibili di condivisione ideologica, il credo politico, ma soprattutto la fiducia di quanti lo hanno sostenuto e fatto eleggere.
In tali casi non è più la volontà popolare che primeggia, ma la discrezionalità del singolo deputato il quale, grazie alla norma vigente, è libero non avendo alcun vincolo, né morale né civile, con i suoi elettori. Un tema che si dibatte dal 17 marzo 1861 quando nacque dal punto di vista istituzionale, lo Stato italiano.
Se le identificazioni politiche (i partiti) sono considerati alla stregua di funzioni rilevanti perché guidano e selezionano le scelte del voto popolare, sarebbe conseguenziale che fossero essi stessi a consentire al candidato (prima) e all’eletto (dopo) di definirsi nel giudizio della società. Dire sono di destra o di sinistra equivale a descrivere la propria personalità politica. E i partiti, attraverso la liste elettorali, dovrebbero strutturare il voto come espressione di persone accomunate dalla medesima idea e dalle stesse finalità, in esse contemplata anche l’elezione dei rappresentanti in Parlamento. Ma come si rispetta la volontà popolare o anche, meno fastosamente, la rappresentanza in Parlamento se l’eletto può avvalersi, in nome appunto della mancanza del vincolo di mandato, di transitare da un partito all’altro, da uno schieramento all’altro?
Un’indagine condotta dal “Fatto Quotidiano” fissava in poco meno di mille unità i deputati che negli ultimi dieci anni hanno deciso di indossare una nuova “casacca” con la speranza di diventare protagonisti di una nuova avventura politica. Una occasione che, volendo, può essere replicata ammesso che le “previsioni del vento” fossero favorevoli. E quel che è peggio è che in tanti, se non tutti, si atteggiano a grandi uomini politici, ma se così fosse perché non lasciare Roma, lo scranno e i benefici che l’incarico comporta, piuttosto che avvalersi del vincolo di mandato? Se questo non è un obbligo di legge, quanto meno sarebbe etico o, se si vuole, d’onore e non può essere sottaciuto.
Il recente taglio dei parlamentari tutto sommato si presenta come una riforma che si spera possa determinare un freno per i transfughi, sia che decidono il “trasferimento” da soli, sia che si tratti di una emigrazione di gruppo; per intenderci alla maniera di Renzi che con i suoi fedelissimi, ha fondato un nuovo partito: “Italia Viva”, continuando stranamente ad assicurare sostegno al Pd. Può essere credibile un comportamento del genere? Dalle parti del Nazareno trasuda infatti molta perplessità. In tanti considerano Matteo (ma non sarà proprio il nome?) un soggetto che per adesso si sforza di fare l’anima critica, ma quando sarà riuscito a completare il suo progetto e stendere la sua rete di potere in modo che le maglie riescano a coprire il Centro che Lui considera in agonia, specie quello di Forza Italia, non si esclude che tenti di fare un boccone. E anche se quel Centro non è Sinistra e neanche un lontano parente, lui se ne frega. C’è sempre tempo per spostare l’obiettivo a sinistra.
Comunque sia il ridimensionato del numero dei parlamentari fa sì che i partiti si facciano carico, sin dalle prossime consultazioni, anche della serietà nel selezionare una nuova classe politica. Dipende proprio dalla qualità dei futuri rappresentanti del popolo la speranza della crescita dell’Italia. Ecco perché sarebbe coerente che le forze politiche si determinassero a rivedere compiti e ruoli di Camera e Senato. Ed ecco che sovviene una massima di Sandro Pertini. Il grande Presidente della Repubblica sottolineava che «La moralità dell’uomo politico consiste nell’esercitare il potere che gli è stato affidato al fine di perseguire il bene comune». Una massima che, se rapportata ai giorni nostri, farebbe tremare i polsi a tante persone.
Comunque, nell’attesa di auspicate modifiche al “vincolo di mandato”, sarebbe benemerito fermare l’orda modaiola dei politici predatori e provare, con l’applicazione di nuove regole ai regolamenti di Camera e Senato, di disincentivare finanziariamente i nuovi gruppi. Insomma una qualche iniziativa che possa evitare passaggi dal sapore puramente di convenienza.
È comprensibile tuttavia che cancellare o modificare questa norma può rappresentare un pio desiderio, una illusione. Sarebbe come pretendere dai topi di non mangiare più formaggio.
*giornalista
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