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«Una speranza per i giovani "neet" calabresi»

di Agazio Loiero

Pubblicato il: 16/10/2019 – 11:32
«Una speranza per i giovani "neet" calabresi»

L’ultima ricerca di Unicef Italia sul Neet (Not in education, employment, or training) giovani che non studiano, non lavorano e non seguono nessun percorso di formazione, problema che affligge in forma esponenziale il Sud, rappresenta una delle ingiustizie più feroci del nostro Paese. Si tratta di un disagio estremo che mi offre l’occasione per allargare il discorso sulla reale situazione in cui oggi versa il Meridione d’Italia. Alla sensibilità di Francesco Samengo, l’attuale Presidente nazionale dell’Unicef, non sfugge infatti un elemento di base. Quella che lui definisce «una condizione di disagio ed esclusione sociale che priva i giovani di una possibilità di futuro» non rappresenta un problema isolato nel catino ribollente del nostro Mezzogiorno. Il misfatto che nell’indifferenza generale si è consumato negli ultimi 30 anni in questa parte difficile di territorio rappresenta un unicum rispetto a tutti gli altri paesi europei. Vi si faccia caso. Nel citato periodo – per fare solo un esempio – mentre in Germania, dopo la caduta del Muro, il cattolico Kohl poneva mano ad un ingente sforzo unitario di ricomposizione sociale ed economica, che non ha uguali nella storia europea, in Italia una certa opinione pubblica di peso e una grande parte dei media operavano una denigrazione costante dell’intero Sud. Nei fatti sotto i colpi di maglio di un partito del Nord, che s’insinuavano nella coscienza della maggioranza degli italiani veniva disintegrata un’idea unitaria di Paese che, ancorché fragile, aveva tenuto nei primi decenni del dopoguerra. La criminalità che dal Sud saliva prepotente alla conquista dei ricchi territori del Nord offriva il pretesto di un’ingiusta demonizzazione di massa dell’intero territorio meridionale. L’operazione è avvenuta attraverso l’utilizzazione di alcuni stereotipi che resistevano da decenni e che quando si consolidano neanche una persona colta riesce a frantumare. Anzi, come afferma con sapienza Walter Lippmann, tutto quello che – cito a memoria – si muove in direzione opposta allo stereotipo la mente lo respinge.
Faccio qui un breve cenno ad alcuni numeri dell’ecatombe in atto, non fosse altro che per rendere merito all’iniziativa dell’Unicef. Nel Sud la dispersione scolastica è altissima. La popolazione diminuisce, invecchia e s’impoverisce. I recenti test Invalsi hanno stabilito che in Calabria, una delle regioni maggiormente colpita dal citato report, un bambino su due fa fatica a comprendere un testo scritto. Nel settore della sanità i livelli essenziali di assistenza si sono considerevolmente abbassati. Appaiono diversi da regione a regione, ma sempre in Calabria, per esempio, sono bassissimi. Di fatto, almeno in questa regione, negli ultimi tempi non ci si può curare. Nell’articolo 32 della nostra Costituzione si legge che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo». Si tratta però di una frase solenne ma priva di senso per certi territori meridionali. L’aggettivo “fondamentale”, che i padri costituenti hanno usato solamente in questo articolo della Carta, a dimostrazione di quanto il problema della salute dei cittadini, che in quegli anni lontani appariva assai precario nel Mezzogiorno, stesse loro a cuore, appare oggi nei fatti filologicamente svuotato. Il livello di mortalità infantile, che rappresenta un parametro assai illuminante per conoscere le condizioni di salute di un territorio supera nel Mezzogiorno il 40 per cento. Tutti questi dati l’Unicef di Samengo le conosce a menadito. Ciò non di meno la graduatoria che nella sua ricerca sui Neet esibisce resta terrificante. Al primo posto si classifica la Sicilia con un’incidenza del 38,6 della popolazione, segue la Calabria col 36,2 e la Campania col 35,9. L’elemento che desta maggiore impressione è il fatto che con il 23,4 per cento del totale dei Neet è l’Italia a piazzarsi al primo posto in questa graduatoria tra le più dolenti d’Europa , seguita da Grecia(19,5) Bulgaria (18,10) Romania (17) e Croazia 15,6). Che dire? Di solito in passato in queste classifiche nazionali del malessere, noi italiani,malgrado fossimo oberati dalla pesante zavorra del Sud, riuscivamo attraverso i dati del Nord a costruire una sorta di equilibrio e in definitiva a salvarci come media-paese. In tali casi nella psicologia dei meridionali s’instillava una sensazione vagamente consolatoria. Oggi purtroppo la realtà è quella che è. L’Italia si va sciogliendo in mille pezzi. Come ha scritto qualche anno fa Aldo Schiavone, «Questo nostro paese si spacca secondo il destino sociale dei luoghi e delle classi d’età: da un lato donne e uomini maturi o addirittura anziani, abitanti del centro Nord, dove sono riusciti a coltivare ancora speranze, prospettive, lavoro e vivono in un contesto sociale che nell’insieme tiene; dall’altro tutto il resto, e soprattutto giovani e Sud che si sentono abbandonati». Ben venga dunque il progetto Unicef teso a offrire a individui senza speranza un’ ultima speranza di inserimento in un ciclo produttivo. Un’operazione che ha bisogno di tempi lunghi. Lo ricordiamo per non suscitare nel Sud, come è avvenuto tante volte, il solito pesante carico di illusioni.

*già governatore Regione Calabria

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