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A Gizzeria il capannone dei veleni che spaventa i cittadini – VIDEO

Nella comunità del Lametino è allarme per il sito finito al centro dell’inchiesta della Dda di Milano sullo smaltimento illecito di 600 tonnellate di rifiuti. Il primario di Oncologia spiega cosa s…

Pubblicato il: 19/10/2019 – 8:33
A Gizzeria il capannone dei veleni che spaventa i cittadini – VIDEO

di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Da una parte la maxi inchiesta della Dda di Milano culminata con l’operazione “Feudo” che, lo scorso 7 ottobre, ha portato all’arresto di 11 persone tra Campania, Lombardia e Calabria. Dall’altra i meccanismi politici, la burocrazia e gli scontri istituzionali. Nel mezzo i cittadini e l’allarmismo che da giorni ha prepotentemente preso il sopravvento tra le vie e i vicoli di una piccola comunità del Catanzarese, quella di Gizzeria, e in particolare di località Mortilla.
È proprio qui che gli investigatori hanno individuato uno dei siti coinvolti nello stoccaggio di tonnellate di rifiuti provenienti dalla Campania. Si tratta di un vecchio capannone in cui aveva sede l’azienda “Eco.Lo.Da”, gestita formalmente da Domenico Antonio Sacco ma che secondo gli inquirenti sarebbe stata di fatti nella disponibilità dei due calabresi al centro dell’inchiesta, Angelo Romanello, 35enne di Siderno, e Maurizio Bova, 41enne di Locri.
All’Ufficio tecnico del comune di Gizzeria risulta che l’azienda utilizzasse il sito attraverso un regolare contratto di affitto, ma senza alcuna autorizzazione per le attività svolte (trattamento di rifiuti speciali) e solo attraverso una vecchia autorizzazione unica regionale (del 2016) revocata all’inizio del 2018, qualche settimana prima del sequestro eseguito dai carabinieri nel giugno dello stesso anno.
Resta comunque da capire come sia stato possibile concedere qualunque tipo di autorizzazione per un capannone evidentemente in condizioni fatiscenti: ampi tetti in eternit in pessime condizioni, buchi sul soffitto, porte e finestre distrutte e il rischio elevato che eventuali materiali di scarto inquinanti possano essere finiti nelle falde acquifere o, peggio, nei canali che lì, in quella zona, portano direttamente a mare.
L’azienda, dunque, secondo la Procura milanese era gestita di fatto da Romanello e Bova, che sarebbero tra i responsabili dello smaltimento di oltre 600 tonnellate di rifiuti in ben 24 viaggi effettuati tra l’8 e il 28 marzo 2018. Ma di che tipo di rifiuti si tratti, però, ancora non è ben chiaro ed è la domanda che si pongono da giorni i cittadini di località Mortilla, preoccupati non poco dagli eventuali fattori di rischio (per l’ambiente e soprattutto per la loro salute) che il sotterramento illecito di rifiuti può creare.
L’ONCOLOGO: «ECCO QUALI SONO I RISCHI» Rischi che rientrano nello spettro delle possibilità reali e concrete, così come ha spiegato a L’altroCorriere Tv il primario del reparto di Oncologia dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, Ettore Greco: «Le sostanze tossiche – dice l’oncologo – generalmente una volta entrate in contatto con l’acqua delle falde acquifere o con il terreno hanno il potere di denaturare alcuni aspetti del patrimonio genetico, l’insieme che mantiene in omeostasi un essere vivente, che sia animale o vegetale»
«Modificando l’ambiente – spiega ancora Greco – intervengono direttamente su quello è il patrimonio genetico di un soggetto, trasformandolo in modo incontrollato, creando dei danni attraverso un processo che potremmo definire “innaturale”. Nascono così dei cloni di cellule abnormi che danno origine poi a molte malattie neoplastiche che riguardano il sangue e il sistema linfatico». Un quadro allarmante quello dipinto dal primario di Oncologia dell’ospedale lametino ma che, evidentemente, necessita di riscontri sul campo in riferimento al caso specifico del Lametino. Occorre cioè capire che tipo di rifiuti, in questi mesi, siano stati interrati o siano entrati a contatto con l’ambiente per cercare di definire eventuali rischi specifici e soluzioni.
IL SINDACO: «ANCORA NON CI HANNO DETTO COSA C’È LÌ» Intanto la comunità di Gizzeria vuole e chiede di saperne di più, così come l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Pietro Raso. Il primo cittadino di Gizzeria avrebbe già mosso i primi passi: «È una situazione incresciosa, tra un allarme sacrosanto e un Comune, il nostro, che ancora non ha ricevuto alcuna informazione precisa dalla magistratura. Se ci fossero stati dei rischi ambientali gravi siamo certi che ci avrebbero messo in allerta. Io, da parte mia e su impulso della comunità, ho fatto una richiesta formale di informazioni sulla presenza e la caratterizzazione dei rifiuti ai carabinieri e alla Procura competente».
«Abbiamo inoltre trasmesso una richiesta – racconta ancora Raso – all’Asp e all’Arpacal per effettuare delle verifiche nell’ambiente circostante. E in attesa di queste informazioni, come amministrazione, non possiamo fare nulla. Appena le avremo le comunicheremo subito ai cittadini di Gizzeria e Mortilla. Intanto voglio rassicurare tutti i cittadini: ci stiamo impegnando per avere tutte le informazioni necessarie».
Uno scenario, quello politico e amministrativo, che trova la sua ultima definizione con le mosse dei consiglieri comunali di minoranza. Tra loro Francesco Argento e Giovanni Saporito, che hanno formalmente richiesto «gli atti amministrativi che riguardano le eventuali autorizzazioni edilizie/urbanistiche emessi dall’Ente relativi al capannone sito in località Mortilla di Gizzeria». I due consiglieri, inoltre, hanno «chiesto di convocare con la massima urgenza un consiglio comunale in adunanza aperta alla partecipazione della cittadinanza».
Ma politica e giustizia a parte, ciò che resta all’orizzonte, tra carte, atti amministrativi e arresti, è un sostanziale quanto enorme punto interrogativo che solo un quadro più chiaro e definito potrà far svanire, almeno in parte. In gioco – è necessario ricordarlo – c’è la salute dei cittadini. (redazione@corrierecal.it)
https://www.youtube.com/watch?v=jyEPcHo8SMs&feature=youtu.be

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